EUROPA – Mai più piloti soli in cabina: nuove norme di sicurezza per i voli

Otto interminabili minuti di terrore vissuti da Patrick Sonderheimer, comandante dell’Airbus A320 di proprietà della nota compagnia low cost Germanwings, che in tutti i modi ha cercato di aprire la porta blindata che lo separava dalla cabina di comando. Tutto inutile, il copilota Andreas Lubitz aveva deciso di non aprire quella porta e di condannare a morte le 149 persone a bordo. Il volo di linea era decollato il 24 marzo alle 10,00 da Barcellona ed era diretto a Dusseldorf, ma il copilota, approfittando dell’allontanamento del pilota, ha attivato la discesa programmata del velivolo e alle 10,30 si è schiantato sulle Alpi francesi, mancando per una manciata di minuti la“Via Lattea”, nota pista sciistica. Il pilota, nonostante avesse compreso ciò che stava accadendo, non ha comunicato ai passeggeri il dramma che si stava consumando, facendo in modo che se ne accorgessero solo pochi istanti prima dello schianto.
Dell’aereo resta solo un cumulo di macerie e i soccorsi hanno lavorato in condizioni climatiche avverse, al fine di evitare che i lupi mangiassero i cadaveri. Andreas Lubitz era depresso, assumeva psicofarmaci e un medico gli aveva prescritto un periodo di riposo, ma lui non ha rispettato il divieto di lavorare. Resta da capire, come Lubitz, abbia potuto infrangere i seri controlli a cui i piloti sono sottoposti. Dopo lo shock provocato dall’incidente aereo è tempo di riflettere e di apportare delle modifiche inerenti la sicurezza dei voli, infatti anche in Europa sarà attuata la norma in vigore negli Stati Uniti che impedisce ad un pilota di restare solo nella cabina di pilotaggio.




IRAQ – L’Isis uccide anche Muath al Kasasbeh. Nelle loro mani resta l’ultimo ostaggio

Un uomo rinchiuso in una gabbia, un altro con in mano una torcia lo guarda in lontananza. Vi assicuro che nonostante il video sia stato girato da un professionista, il quale con occhio cinico ha ripreso da ogni angolatura la scena, calcolando anche altre variabili, quali luce e profondità, non state assistendo ad una parte del film “Saw”, ma all’esecuzione di un uomo, per la precisione di Muath al Kasasbeh, il pilota ostaggio dei miliziani dell’Isis. Il messaggio fuga ogni dubbio dall’animo di chi ha visionato il filmato, perché l’intento dei jihadisti è proprio quello di mostrare al mondo intero cosa sia il “terrore”. Ricordo d’aver visto in un articolo sul web la foto della moglie del pilota che fu scattata durante l’ultima manifestazione organizzata nel tentativo di convincere i miliziani a rilasciarlo, nei suoi occhi si leggeva il terrore di una donna che sapeva di non avere più la possibilità di riabbracciare suo marito. Quale sarà la loro prossima mossa, nessuno può saperlo, nelle loro mani rimane solo un ostaggio, ossia una cooperante americana rapita in Siria nell’agosto del 2013. Resta la delusione in chi ha creduto che il pilota potesse essere liberato in cambio della scarcerazione della jihadista Sajida al-Rishawi, detenuta nelle carceri giordane , per aver partecipato assieme a suo marito ad un attentato kamikaze nella capitale Amman, costato la vita a 60 persone. Non riuscì ad innescare l’ordigno contenuto nel giubbotto esplosivo che indossava e cercò di scappare, ma fu individuata e catturata dalla polizia. In seguito fu condannata a morte e i miliziani chiesero la sua scarcerazione in cambio della liberazione di Muath al Kasasbeh, ma in realtà si trattava solo di un becero inganno, perché l’esecuzione del pilota era avvenuta il 3 gennaio. Il Governo Giordano, che avrebbe dovuto essere esempio di civiltà, ha risposto all’esecuzione di Muath seguendo le regole della legge del taglione: il giorno dopo la terrorista è stata impiccata. Violenza che genera violenza, l’essere umano sembra essersi spogliato del suo essere “civile” involvendosi in bestia da combattimento. L’Isis non si fermerà, continuerà nella sua guerra continuando a diffondere video pregni di terrore nel web, ma se tutti evitassimo di guardare questi filmati, probabilmente li renderemmo più deboli.

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IRAQ – L’Isis elimina anche il pilota giordano

Muaz Kassasbeh, il pilota giordano catturato nei giorni scorsi dai miliziani dello Stato islamico (Isis) a nord della Siria, è stato ucciso, come annunciato tre giorni fa dagli islamisti. Le forze speciali americane, appoggiate da massicci raid aerei, non sono riuscite a raggiungere la casa, a 20 chilometri da Raqqa, dove era tenuto prigioniero. Per due volte gli elicotteri hanno provato a superare il fuoco di sbarramento delle anti-aeree dei miliziani. Senza successo.

A quel punto, come ha riferito per prima la tv satellitare siro-iraniana Al Mayadin, il pilota, 26 anni, sarebbe stato ucciso. Kassasbeh era stato catturato alla vigilia di Natale dopo che il suo jet F-16 era precipitato nei dintorni di Raqqa, la capitale dello Stato islamico. Martedì la rivista degli Islamisti, «Dabiq», aveva pubblicato una sua foto con la tuta arancione dei prigionieri e una lunga «intervista» . Il pilota confermava di essere stato abbattuto con un missile terra-aria, come sostenuto dagli islamisti. Stati Uniti e Giordania hanno smentito che l’aereo fosse stato colpito.

Subito dopo la cattura gli islamisti avevano dato molto risalto sul Web all’abbattimento, il primo di un cacciabombardiere occidentale, e postato le foto del pilota appena catturato, che con aria spaventata mentre veniva spinto verso la sua prigione da un gruppo di jihadisti. Sempre sul Web gli jihadisti avevano chiesto ai loro seguaci «suggerimenti» su come giustiziarlo.

Secondo fonti israeliane e statunitensi, gli elicotteri che hanno tentato i blitz si sono trovate di fronte a un fuoco di sbarramento «spaventoso» e il rischio di vedere un velivolo abbattuto era troppo alto. Uno scenario che ricordava «Black Hawk Down», il film di Ridley Scott sulle forze speciali americani intrappolate nell’inferno di Mogadiscio. E la conferma che le difese attorno Raqqa sono state rafforzate: in città è probabilmente tornato il califfo Abu Bakr al Baghdadi, dopo un periodo trascorso a Mosul, in Iraq.