In Polonia il femminismo parte dai corpi delle donne

A partire dall’ottobre 2016, quando il governo polacco ha cercato di far passare una legge antiaborto poi respinta, il movimento femminista nazionale ha ripreso vigore ed è tornato a lottare per difendere l’autodeterminazione delle donne.

È difficile trovare informazioni attendibili e complete su quello che è oggi il femminismo polacco, che sta rivivendo proprio negli ultimi due anni un’imponente rinascita. Forse qualcuno dirà che è sbagliato parlare di “movimento femminista nazionale”. Ma c’è un dato di fatto: nell’ottobre 2016 tutti i giornali occidentali hanno riportato foto e testimonianze della Czarny Protest (“Proteste Nere”) organizzata dallo “Sciopero delle donne polacche”, raccontando di migliaia di donne che hanno manifestato per il diritto all’aborto, vestendosi di nero e affluendo nelle piazze e nelle strade.

FOTO 1. Czarny Protest

Cos’era successo? Il partito di maggioranza PiS (Diritto e Giustizia) aveva proposto una vera e propria legge antiaborto (che penalizzava ancor di più chi lo pratica e che riduceva le possibilità effettive di abortire), in un paese in cui questo diritto è già di per sé molto limitato.

Il disegno di legge allora proposto dal PiS è stato respinto, ma gli attacchi al corpo delle donne non si sono fermati. Al momento, infatti, un nuovo disegno di legge che limita il diritto di aborto è in discussione in Parlamento. Questa volta si vuole eliminare la clausola che permette alle donne di abortire in caso di malformazioni del feto.

Proprio per questo neanche le donne polacche si sono fermate e le “Proteste Nere”, lungi dall’essere una fiammata momentanea, hanno continuato a farsi sentire. Lo scorso gennaio, infatti, si è avuta una nuova giornata di manifestazioni – questa volta il “Mercoledì Nero” – da Varsavia a Cracovia, seppure più contenuta in termini numerici.

Al disegno di legge in discussione al governo, le donne hanno opposto i propri corpi nei giorni della protesta ma oppongono ogni giorno il loro impegno costante nella società e anche una fitta rete di associazioni che, pur non politicizzata, opera concretamente per aiutare le donne. Proprio due di queste organizzazioni sono state colpite da perquisizioni governative a ridosso del Mercoledì Nero: Women’s Rights Center e Baba, entrambe organizzazioni che aiutano le donne vittime di violenza domestica. Per molte le perquisizioni, fatte per via di un’indagine che coinvolge il precedente Ministro della Giustizia polacco, sono un chiaro segnale.

Cosa reclamano queste femministe dell’Est Europa? Queste donne vogliono prima di tutto qualcosa che non hanno dal 1993: la possibilità di decidere del proprio corpo, scegliendo liberamente l’interruzione di gravidanza.

Dal 1993, infatti, le donne polacche possono abortire solo in tre casi: se la gravidanza nasce da uno stupro, se la vita della donna è in pericolo e se il feto presenta malformazioni. A tutto questo si aggiungono le procedure complicate che portano le donne a poter effettivamente usufruire dei servizi sanitari per l’aborto: permessi, dichiarazioni di medici, burocrazia che spesso rallenta il processo facendo superare quella 24esima settimana oltre cui non si può abortire.

Al di fuori di queste tre motivazioni, la possibilità di abortire non è contemplata dallo Stato. E così le più fortunate – quelle che ne hanno la possibilità economica – vanno ad abortire in qualche altro paese, mentre la fascia economicamente più debole si arrangia diversamente, praticando metodi rischiosi.

Una situazione, quella della Polonia, che è cambiata radicalmente dopo la caduta dell’Unione Sovietica e che però non è andata incontro a quella democrazia liberale tanto sognata. La Polonia post-sovietica si è invece trasformata in una gabbia per le donne, che, per ottenere la democrazia, hanno subito il “compromesso” con la Chiesa direttamente sui propri corpi.

Oggi queste donne vogliono l’aborto garantito dallo Stato, ma anche la fine di una cultura discriminatoria e maschilista: basta discriminazioni di genere, sia che avvengano sul posto di lavoro, in politica ma anche semplicemente in famiglia.

Vogliono una politica che tuteli le donne e il loro corpo. Vogliono una politica fatta da donne. Così aveva tentato di fare anche il “Partito delle Donne” fondato nel 2007 da Manuela Gretkowska, che ambiva a rappresentare le donne in parlamento e a sviluppare alcuni punti importanti: autodeterminazione, educazione sessuale, parità dei salari e fine del divario della retribuzione di genere. Un partito che però non ha fatto della lotta sulle strade la sua missione e che non troviamo nella rete della “Czarny Protest”.

Le donne polacche in sciopero sono anche profondamente antifasciste e fanno dell’antifascismo una, anzi, la linea guida. Contro tutti i rigurgiti fascisti che il paese sta sperimentando, partendo dalla marcia nazionalista dell’11 novembre al grido di “Polonia bianca” fino ai tentativi (falliti) del potere di portare tribunali e giudici sotto l’ala del governo.

FOTO 2. Marta Lempart

E allora, un movimento femminista nazionale polacco esiste. Ed è fatto dagli scioperi delle donne, da Marta Lempart, promotrice di questa coalizione, dalle quattro donne ferite a Varsavia e Cracovia in occasione delle proteste, dalle altre 12 aggredite e dalle quarantacinque fermate preventivamente dalla polizia in occasione delle ultime manifestazioni. È fatto dai centri antiviolenza che stentano a sopravvivere, dalle intellettuali, dai picchetti di fronte al Parlamento. È fatto da tutte le adolescenti che hanno deciso di indossare una maglietta nera quando era richiesto. E che magari, in futuro, saranno pronte a fare altro, perché hanno capito che la società non è libera quando anche una sola donna è oppressa.




POLONIA – Poznań, tutto il mondo è paese

Di Justyna B. Walkowiak

Traduzione di Claudia Antolini

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FOTO 1. CARTA POLONIA

Gli odonimi contemporanei in Polonia sono sostanzialmente di due tipi: quelli motivati da un vero significato semantico (ulica Rzeźnicka ‘Via dei Macellai’, antico luogo di residenza dei macellai; ulica Kościelna ‘Via della Chiesa’, porta o è adiacente a una chiesa), e quelli arbitrari. La classe dei nomi commemorativi costituisce, in alcune tra le maggiori città polacche,  tra un quarto e due quinti del totale.

Tanto gli uni, quanto gli altri, hanno lunga vita.

Strade dedicate a figure illustri erano già presenti nell’Antica Roma (Via Flaminia celebra Gaio Flaminio, che ne ordinò la costruzione; la genesi di Via Aurelia è analoga), ma è stato a partire dal XIX secolo che si sono diffuse prepotentemente in tutta Europa.

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Maria Skłodowska-Curie nelle strade di Lublino foto di Giulia Guarnieri Calò Carducci

I nomi commemorativi in Polonia evocano non solo figure storiche ma anche personaggi di leggende, miti o favole (come Czerwony Kapturek ‘Cappuccetto Rosso’). Alcune strade sono dedicate alla letteratura polacca classica; gli odonimi allora non sono soltanto titoli di opere ma anche personaggi (o gruppi di personaggi) tratti dai libri. Esempi includono Calineczki (‘Pollicina’), Krasnali (‘Nani’).

Le prossime foto si riferiscono alla città di Poznań e ne ritraggono alcune strade femminili.

Gertruda Konatkowska (1895-1966) è stata una pianista polacca e co-fondatrice della Scuola Musicale Superiore di Poznań

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FOTO 3. VIA GERTRUDA KONATKOWSKA

Poznań si classifica quinta tra le più grandi città in Polonia, ed è anche una delle più antiche. Secondo ricerche recenti, c’è un’alta probabilità che fu qui che il primo storico governante polacco fu battezzato, nel 966. Poznań ottenne i diritti di comune nel 1253. Alla fine del XVIII secolo divenne parte della Prussia e rimase sotto il comando prussiano – che un secolo dopo sarebbe stato sostituito dalla Germania unificata – fino alla prima guerra mondiale.

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FOTO 4. Città di POZNAN

Oggi è un importante centro industriale, commerciale e soprattutto universitario, in termini di numero di studenti secondo solo a Varsavia.

Il numero dei suoi odonimi è 2.422. Come individuato da Justyna B. Walkowiak nel suo studio in uscita sugli Atti del 3° Convegno di Toponomastica Femminile.

Probabilmente l’unico incrocio di due strade con odonimi femminili è formato dalle vie Janina Omańkowska (1859-1927), giornalista politica, e Maria Wicherkiewicz (1875-1962), scrittrice, giornalista e storica amatoriale della città.

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FOTO 5: Vie Janina Omańkowska e Maria Wicherkiewicz

A Poznań, i nomi commemorativi individuali costituiscono il 28.7% di tutti gli odonimi: 613 uomini e 83 donne.

Non sono stati conteggiate le intitolazioni plurali, perché danno adito a interpretazioni troppo spesso soggettive: ad esempio odonimi quali Traktorzystów ‘i trattoristi’, Okulistów ‘gli oculisti’,registrati rispettivamente a Warsaw e a Cracow, sono nomi esclusivamente maschili? E del resto, anche dove il genere maschile è certamente predominante, come nel caso delle unità militari, non è mai da escludere che qualche donna ne abbia fatto parte.

La percentuale di strade femminili in città si aggira attorno al 3,4%: un indice che non si discosta molto dai valori registrati nelle grandi città italiane.

Tra le figure storiche, che sono la maggioranza delle intitolazioni femminili, soltanto quattro rappresentano sante, mentre cinquanta si riferiscono a laiche.

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FOTO 6.  VIA DZIEWANNA

Due strade richiamano donne mitologiche e leggendarie: per contro sono 11 gli uomini della stessa categoria.

La via Dziewanna è attribuita a una divinità di cui è incerta l’appartenenza al Pantheon slavo.

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FOTO 7. Bratumiła

Un particolare esempio di denominazioni tematica a Poznań, è dato dai gruppi di nomi propri accomunati da una lettera iniziale. È il caso di “Ulica Bratumiły” (via di Bratumiła). La via è l’unica testimone femminile dell’insieme di dodici intitolazioni in B. È il caso di Bratumiła. La via è l’unica testimone femminile dell’insieme di dodici intitolazioni in B.

Curioso anche il significato del nome: “piacevole per suo fratello”.

Delle 27 restanti intitolazioni femminili fanno parte anche le letterate.

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FOTO 8. VIA SAFONY (SAFFO)

Per avere un quadro generale della toponomastica polacca si può consultare il database TERYT – disponibile dal sito governativo http://www.stat.gov.pl – che offre una lista completa di tutti gli toponimi in uso correntemente in Polonia: nomi di strade, viali, passaggi, piazze, ponti, rotonde, piazze del mercato, parchi e giardini cittadini, stazioni ferroviarie e della metropolitana.

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FOTO 9.  VIA BIBIANNA MORACZEWSKA

Una strada a Poznań che ricorda Bibianna Moraczewska (1811-1877), scrittrice locale, attivista nel sociale ed una delle prime femministe polacche.

Tentarne una classificazione per categorie non sempre è semplice. Ad esempio, Marzanna può essere sia il nome di una divinità femminile slava e baltica – associata con la morte e gli incubi – sia un nome proprio; come del resto Wanda, oltre a nome proprio femminile, ricorda anche l’eroina di una leggenda polacca molto famosa e, in quanto tale, anche figura letteraria.

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FOTO 10. MARZANNA




RUSSIA – Quaranta nuovi missili nucleari. Putin da Renzi: “Via le sanzioni, l’Italia perde un miliardo”.

L’Alleanza Atlantica aveva deciso di rafforzare la sua presenza nella zona in seguito all’annessione della Crimea da parte di Mosca e alla crescente attività militare russa nella zona. “Un tintinnio di sciabole ingiustificato, destabilizzante e pericoloso” il commento del segretario generale della Nato, Stoltenberg. Il presidente russo: “Puntiamo le armi solo contro chi ci minaccia” Tweet44 Putin: “Svilupperemo il nostro potenziale offensivo per autodifesa, non abbiate paura della Russia”

Il 16 giugno 2015 La Nato ha  rafforzato  la sua presenza militare nel Baltico e la Russia ha risposto aumentando il suo arsenale nucleare. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il rafforzamento delle capacità militari con 40 nuovi missili balistici intercontinentali, dotati di testate nucleari, “in grado di sfuggire anche ai più sofisticati sistemi di difesa antimissilistica”. Le parole di Putin arrivano pochi giorni dopo l’annuncio statunitense del piano che prevede di schierare mezzi pesanti e aerei da combattimento nel Baltico, per garantire la sicurezza dei Paesi membri della Nato confinanti di fronte al rischio di un’eventuale invasione russa, accresciuto dopo l’annessione da parte di Mosca della Crimea, lo scorso anno. La replica di Mosca è stata affidata al viceministro della Difesa, Anatoly Antonov, che ha accusato la Nato di trascinare la Russia in una nuova corsa agli armamenti e ieri il Cremlino ha fatto sapere che risponderà a qualsiasi iniziativa di rafforzamento della presenza militare ai suoi confini.

La Russia “sta sviluppando nuove capacità nucleari”, “usa di più la retorica atomica nel comunicare la strategia di difesa” e le dichiarazioni di Putin “confermano uno schema aggressivo” e sono “un tintinnio di sciabole ingiustificato, destabilizzante e pericoloso”, il commento del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Mosca sta investendo più in spese per la difesa in generale, e in capacità nucleare in particolare”, ha aggiunto. “E’ una delle ragioni per le quali aumentiamo la rapidita’ e la preparazione delle nostre forze”.

Putin: “E’ la Nato che si avvicina a nostri confini, non il contrario” “Se qualcuno mette in pericolo il territorio della Russia, essa deve puntare i propri armamenti verso i Paesi da dove proviene questa minaccia”. Lo ha detto  in un incontro con il presidente finlandese Sauli Niinisto. “E’ la Nato – ha insistito il presidente russo – che si sta avvicinando alle nostre frontiere, non noi”.