ITALIA – Regioni del Sud al limite sul fronte accoglienza: decessi e proteste
Trecentonovantacinque migranti di diverse nazionalità, tra cui siriani e subsahariani, sono sbarcati a Crotone dal rimorchiatore di altura norvegese “Siem Pilot St Avangar”. Tra loro 150 minori, tanti bambini e alcuni neonati, 24 donne di cui due incinte. Dopo il controllo da parte degli agenti della polizia, gli immigrati sono stati prima accolti dai volontari per il primo soccorso e poi trasferiti al centro d’accoglienza di Sant’Anna.
La Prefettura di Crotone, che ha coordinato le procedure per il primo soccorso e l’accoglienza, informa che sono già stati fermati 10 presunti scafisti.
Temporaneamente ospitati presso il C.D.A./C.A.R.A. di Isola di Capo Rizzuto ai fini della pre-identificazione, saranno nei trasferiti – secondo un piano di riparto del Ministero dell’Interno – in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Campania.
PUGLIA – E’ stata eseguita nell’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari l’autopsia sul corpo del 52enne tunisino morto martedì scorso in un’azienda di Polignano a Mare. Il pm Grazia Errede ha affidato l’incarico al professor Francesco Introna il quale dovrà stabilire le cause del decesso e se siano la conseguenza di un infortunio sul lavoro. Stando alla ricostruzione l’uomo si è sentito male alla fine del turno di lavoro nei campi dove caricava cassette di uva.
Al termine di un turno di otto ore all’aperto, avvertendo un malore l’uomo ha deciso di prendere un caffè al distributore dell’azienda. Giunto davanti alla macchinetta, il 52enne si è accasciato al suolo privo di sensi.
Soccorso da una collega, all’arrivo del 118 per il bracciante non c’era più nulla da fare. Residente a Fasano da diversi anni, dai primi accertamenti l’uomo risultava assunto con regolare contratto dall’azienda, anche se i Carabinieri stanno eseguendo verifiche sul contratto per verificarne la validità. Il gip ha disposto l’autopsia sul corpo del 52enne per verificare l’origine del malore che ha causato la morte e capire se poteva essere evitata.
LECCE – Tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati della Procura di Lecce per la morte di Mohamed, il 47enne sudanese stroncato da un malore mentre lavorava come bracciante irregolare, sotto il caldo torrido – la temperatura sfiorava i 40 gradi – in un campo di pomodori fra Nardò e Avetrana. Gli indagati sono i titolari dell’azienda agricola Mariano, marito e moglie, e il caporale sudanese che avrebbe svolto il ruolo di intermediario fra gli imprenditori e i lavoratori.
Il sostituto procuratore Paola Guglielmi ipotizza per ora il solo reato di omicidio colposo, ma è probabile che altre ipotesi si aggiungeranno presto all’elenco delle imputazioni: i primi controlli effettuati dai carabinieri della compagnia di Campi Salentina – guidati dal maggiore Nicola Fasciano – stanno portando alla luce un quadro di diffusa illegalità. Mohamed, stando alle prime ricostruzioni, era in possesso di permesso per stare in Italia in quanto richiedente asilo, ma non aveva un contratto di lavoro.
Irregolari anche altre due braccianti straniere, che quando l’hanno visto accasciarsi sulla terra hanno cercato di soccorrerlo. In regola con il contratto, ma non con altre norme sulla sicurezza sul lavoro, le altre 28 persone che lavoravano nella stessa porzione di terreno. Per questo gli accertamenti saranno effettuati a 360 gradi, sia sotto il profilo penale sia sotto quello prettamente professionale, tramite una serie di verifiche affidate anche agli ispettori dell’Inps.
L’azienda in cui è avvenuto l’incidente, del resto, già nel 2012 era finita nel mirino della Procura con l’arresto del titolare Giuseppe Mariano, coinvolto nell’operazione ‘Sabr’ sullo sfruttamento dei braccianti nei campi, insieme con tutti i più grossi imprenditori della zona. Da allora, e nonostante gli arresti, nulla è cambiato nelle campagne di Nardò e dell’hinterland.
I migranti continuano a lavorare in condizioni disumane, i caporali a fungere da intermediari e molti imprenditori a non rispettare completamente le regole. La situazione in cui lavoravano Mohamed e i suoi compagni lo dimostrerebbe in pieno: per ore chinati sotto il sole, con temperature che nei giorni scorsi hanno toccato i 40 gradi. Quelli che segnavano appunto i termometri nelle campagne verso Avetrana.
Cordoglio per la scomparsa del 47enne è stato espresso dal governatore Michele Emiliano: “Si tratta dell’ennesimo incidente sul lavoro, questa volta ancora più angosciante per la dinamica, visto che il bracciante, cittadino sudanese, probabilmente è morto a causa del gran caldo che imperversa in questi giorni, ancor di più sensibile nei campi di pomodori del Salento dove stava guadagnando la giornata. Il tragico episodio ci ricorda che a svolgere determinati lavori sono in gran parte immigrati da Paesi lontani”.
“Mohammed aveva i documenti in regola e faceva proprio il bracciante per professione – ha proseguito il governatore – Lo vogliamo ricordare a chi guarda a questi operai come ladri di lavoro, mentre con il loro sacrificio fanno funzionare pezzi di un’economia che vogliamo sempre più sana e sicura”. Emiliano si è detto sicuro “che magistratura e investigatori faranno luce sulle condizioni di lavoro in quella azienda agricola, perché a volte l’intreccio fra manodopera irregolare e poca chiarezza sulle imprese è fatale per gli anelli più deboli della catena”.
Sulla vicenda interviene anche Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil: “Questa morte non può restare un fatto di cronaca estiva, è un atto di accusa verso un mercato del lavoro agricolo colpito in modo forte dalla piaga dello sfruttamento”.
SALENTO – A Torre Chianca due salentini si sono accaniti su un ambulante 17enne in spiaggia: indagati per tentato omicidio, uno è sorvegliato speciale. Cori razzisti dei bagnanti contro la vittima e i poliziotti
Prima gli hanno rubato un paio di occhiali. E quando l’ambulante diciassettenne originario della Nuova Guinea ne ha chiesto la restituzione, lo hanno picchiato selvaggiamente, trascinato in mare e tenuto con la testa sott’acqua per diversi minuti. Il tutto sotto gli occhi dei bagnanti, che non solo non hanno aiutato il ragazzo, ma all’arrivo della polizia hanno circondato le volanti, facilitando la fuga di uno dei due aggressori e inveendo contro gli agenti e la vittima con frasi pesanti dal chiaro contenuto razzista.
Il pomeriggio di ordinaria follia ha avuto come teatro la spiaggia di Torre Chianca (a pochi chilometri da Lecce) e come protagonisti due giovani del capoluogo già noti alle forze dell’ordine, Federico Ferri e Mirko Castelluzzo, rispettivamente di 25 e 37 anni, arrestati per tentato omicidio al termine di un’indagine lampo della squadra volante della polizia di Stato, guidata dalla dirigente Eliana Martella. Entrambi vengono ritenuti vicini a gruppi della criminalità leccese che operano nel capoluogo: Castelluzzo è un sorvegliato speciale con obbligo di dimora, che non aveva remore a scontare sulla spiaggia in compagnia degli amici.
I due uomini, stando alla ricostruzione effettuata, avrebbero mercanteggiato con il venditore ambulante per qualche minuto e poi avrebbero sottratto un paio di occhiali dalla sua cesta. Il ragazzo se ne sarebbe accorto, chiedendone la restituzione e scatenando così la furia dei due leccesi. Alle botte è seguito il trascinamento in mare e poi quel tenerlo sott’acqua, che ha configurato l’ipotesi di tentato omicidio, condita da minacce rivolte ai presenti affinché si facessero “i fatti loro”.
Il migrante sarebbe poi riuscito a liberarsi e a scappare, chiedendo aiuto ai bagnanti, nessuno dei quali gli ha dato un cellulare per poter avvisare le forze dell’ordine. Una telefonata anonima al 113 ha determinato l’intervento delle volanti, ai cui agenti la vittima ha raccontato tutto con dovizia di particolari: “Mi tenevano con la testa sott’acqua, credevo di morire”.
Quando è riuscito a uscire dall’acqua, il diciassettenne era molto dolorante, essendo stato colpito in diverse parti del corpo (faccia, testa, collo, zigomo sinistro), comprese quelle intime, tanto che è stato condotto in ospedale, dove è stato sottoposto alle cure del caso e poi dimesso con una prognosi di dieci giorni. Al termine della brutta avventura il ragazzo è stato riaccompagnato a casa, dove abita con la famiglia, composta da lavoratori, tutti in regola con i permessi di soggiorno.
Le indagini dei poliziotti hanno inoltre consentito di identificare e denunciare per offese a sfondo razziale altre tre persone (una di loro anche per furto), che durante le fasi concitate di intervento della polizia, hanno inveito contro l’immigrato, rubandogli anche altre cinque paia di occhiali e i 40 euro, magro guadagno di un’intera giornata di lavoro sotto il sole.
Nella notte – poche ore dopo l’arresto di Ferri e Castelluzzo – un ordigno è esploso nei pressi dello stabilimento balneare ‘La Cambusa’ davanti al quale è avvenuta la brutale aggressione, danneggiando gravemente alcune cabine e magazzini. Difficile ipotizzare, al momento, se i due episodi siano collegati e se la presenza della bomba sia stata un segnale intimidatorio rivolto ai proprietari del lido in relazione a quanto accaduto il pomeriggio. Gli investigatori della squadra mobile diretti da Sabrina Manzone, però, non escludono alcuna possibilità e hanno già acquisito le immagini delle videocamera di sorveglianza installate nella zona.
SARDEGNA – Mentre prosegue la protesta a Cagliari dei migranti eritrei che vogliono lasciare l’isola, sono sbarcati a Sant’Antioco e Teulada altri 15 nordafricani. Secondo i primi accertamenti si trovavano a bordo di due barchini, uno dei quali è stato già trovato, mentre il secondo sarebbe stato avvistato da una motovedetta. Cinque dei profughi sono stati intercettati dai carabinieri a Sant’Antioco, mente gli altri dieci sono stati rintracciati poco più tardi nella zona delle saline di Teulada. Sono tutti giovani nordafricani e in buone condizioni di salute, una parte dei migranti è stata già trasferito al centro di prima accoglienza di Elmas.
PROFUGHI ERITREI – E’ ripresa poco dopo la protesta dei migranti eritrei davanti agli ingressi dei traghetti al porto di Cagliari. I profughi – 80/100 tra uomini e donne – che si trovavano in piazza Matteotti e nella zona del porto dove hanno trascorso la notte, sono tornati ai cancelli dei traghetti e chiedono di poter lasciare la Sardegna, come fatto dai 56 connazionali. La Polizia sta controllando la situazione. Per molti di loro la partenza non sarebbe possibile a causa della mancanza di documenti e di denaro per acquistare i biglietti della nave Tirrenia. Chi invece è in possesso di documentazione e biglietto, come già accaduto, in giornata potrebbe lasciare l’isola. Alcuni dei profughi avrebbero già detto di essere disponibili a tornare nelle strutture di accoglienza, visto che molti di loro arrivano da altre province dell’isola.
IN 56 HANNO GIA’ LASCIATO LA SARDEGNA – Sono partiti con il traghetto della Tirrenia diretto a Civitavecchia, 56 dei 120 migranti eritrei che ieri mattina si sono presentati davanti ai cancelli degli imbarchi del porto di Cagliari, chiedendo di poter lasciare la Sardegna e raggiungere altre nazioni europee. Tra di loro ci sono 25 donne e un minorenne. Quattordici dei profughi erano arrivati nello sbarco del 18 luglio scorso, mentre gli altri fanno parte dei 435 arrivati a Cagliari dalla nave della Marina tedesca sabato scorso. I 56 migranti, che erano ospiti di strutture ricettive nel Cagliaritano, sono in possesso di biglietto e di documenti validi. Da valutare la posizione degli altri arrivati da altre province dell’isola.
Il QUESTORE DI CAGLIARI – “Bisogna prendere atto che si tratta di un fenomeno storico epocale che non riguarda certo l’Italia, ma tutta l’Europa, soprattutto il nord Europa. L’Italia sta dando prova di essere un paese di grande umanità e accoglienza”. Lo ha detto all’ANSA il questore di Cagliari, Filippo Dispenza, commentando la protesta dei profughi eritrei al porto del capoluogo. “E’ un fenomeno epocale e storico dettato da guerre, carestie e condizioni di vita impossibili – ha evidenziato ancora Dispenza – bisogna puntare sui sistemi di sviluppo economici, sociali e politici nei paesi di origine e puntare sulla pacificazione”. In riferimento ai migranti che chiedono di lasciare la Sardegna ha aggiunto: “Sono persone che sono sottoposte a forme di protezione internazionale, non sono prigionieri ma sono ospitati in strutture di accoglienza della Regione e, una volta identificati, sono liberi di uscire e rientrare. Devono rispettare chiaramente certe regole, come l’assenza prolungata (tre giorni) dalle strutture in cui sono alloggiati, per non perdere il diritto all’ospitalità. Devono poi rispettare le norme del vivere civile, le regole e le leggi vigenti”, ha concluso il questore.
CAMPANIA – La Campania è la quarta regione in Italia, dopo Lombardia, Sicilia e Lazio per il numero di profughi da accogliere. L’epicentro della protesta è Varcaturo dove i residenti hanno protestato davanti all’Hotel di Francia, un albergo di lusso, come ricorda linkiesta, trasformato in centro di accoglienza. Lo scenario si è ripetuto a Licola Mare nei pressi dell’Hotel Panorama. Anche lì dopo le proteste dei residenti davanti all’Hotel Panorama è scoppiata una rissa tra profughi che è stata sedata dalle forze dell’ordine. La situazione appare fuori controllo a Giugliano. Circa 900 su 2300 sono concentrati in 8 centri. Il sindaco ha chiesto al Prefetto di Napoli di bloccare nuovi arrivi.
“Il Prefetto, su mia sollecitazione, – ha dichiarato Poziello – ha escluso il Comune di Giugliano dalle nuove gare in corso per la collocazione in strutture ricettive di migranti richiedenti asilo. Ciò in considerazione dell’elevato numero di richiedenti già presenti sul territorio”. Intanto altri venti immigrati sono stati “dirottati” sabato scorso per motivi di ordine pubblico da Acerra all’Hotel Bella Mbriana, altro centro di accoglienza nel giuglianese, dopo che gli acerrani avevano protestato per l’arrivo del bus carico di profughi. “Siamo stanchi e spaventati, – affermano alcuni cittadini giuglianesi a Linkiesta – è un’invasione. Ormai loro sono diventati più di noi e quindi si sentono forti, non è la prima volta che avvengono episodi del genere come la rissa di martedì”. La rabbia degli italiani e dei campani diventa sempre più pressante.