Attentati in Francia, Kuwait e Tunisia, dove c’è stato l’attacco a due resort di Sousse. I morti sarebbero oltre 30

Un’incredibile sequenza di attacchi terroristici di matrice jihadista ha insanguinato il venerdì, giorno sacro dell’Islam. In Tunisia sono finiti nel mirino di almeno un paio di terroristi due resort sulla spiaggia di Sousse. I morti sarebbero oltre 30, in gran parte turisti. In Francia è stato colpito un sito di gas industriale vicino Lione, un morto e due feriti lievi. Sul posto sono stati ritrovati un corpo decapitato e alcuni brandelli di tessuto con iscrizioni in arabo. A Kuwait City, un kamikaze si è fatto saltare in aria in una moschea sciita, durante le preghiere del venerdì: sono morte 13 persone e l’Isis ha rivendicato l’attacco kamikaze.

TUNISIA –  Sousse, sulla costa centro-orientale, sono stati attaccati due alberghi frequentati soprattutto da europei: sono morte oltre 30 persone, tra cui diversi turisti e uno degli attentatori. Secondo le autorità locali, l’assalto è stato condotto da almeno due terroristi, uno dei quali, armato di kalashnikov, è stato ucciso dalle forze di polizia in uno scontro a fuoco. Gli hotel finiti nel mirino del commando sono l’Imperial Marhaba di Port el Kantaoui. “Era un giovane vestito con short da turista. Aveva un kalashnikov “, ha raccontato al quotidiano inglese Guardian uno degli impiegati dell’Imperial Marhaba Hotel.
Nessun gruppo jihadista ha finora rivendicato l’attacco, tuttavia nei giorni scorsi lo Stato islamico aveva lanciato un appello ad aumentare gli attentati nel mese di Ramadan.
FRANCIA – Poco prima delle 10, un uomo, forse accompagnato da un complice, si è presentato all’ingresso di un impianto di gas industriale, l’Air Products a Saint-Quentin-Fallavier: è a bordo di un’auto, forza l’ingresso e, con un drappo islamista in mano, fa saltare in aria alcune bombole di gas. Le forze di sicurezza hanno fermato un uomo vicino al movimento salafita: si chiama Yassine Sali. Ha detto di appartenere all’Isis. Le forze di sicurezza hanno fermato anche una seconda persona. La vittima dell’esplosione era un manager di una società di trasporti. Non è chiaro ancora se il corpo decapitato sia stato trasportato sul posto, ma la testa è stata ritrovata a qualche decina di metri dal cadavere. Il presidente francese Hollande, precipitosamente rientrato a Parigi da Bruxelles, ha convocato il Consiglio di Difesa e ha invitato a “non cedere alla paura”.

KUWAIT –  A metà mattinata, a Kuwait City, un’esplosione ha ucciso 13 persone nella moschea sciita dell’Imam al Sadiq durante la preghiera del venerdì: il kamikaze aveva una cintura esplosiva e si è fatto saltare in aria al grido di “Allah è grande”. L’Isis ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Le autorità kuwaitiane non hanno ancora precisato il numero delle vittime, ma secondo fonti mediche ci sono almeno 13 morti e 25 feriti.




Yemen – Arabia Saudita e Israele condividono lo stesso ruolo di massacratori

Il segretario generale dell’ONU, Bn Ki Moon , ha richiamato i governi dell’Arabia Saudita e dello Yemen, coinvolti nel conflitto in corso, invitando a rispettare una tregua umanitaria per la sacra ricorrenza del Ramadan.
Ban Ki-moon ha fatto questo richiamo nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Ginevra prima dell’inizio del dialogo tra i raprresentanti dell’ ex presidente profugo yemenita, Abdu Rabu Mansur Hadi, e quelli del movimento popolare yemenita di Ansarolah.

Nel corso della conferenza, il segretario generale dell’ONU ha dichiarato che l’invasione dello Yemen da parte dell’Arabia Saudita (ancora in corso) ha lasciato sul terreno più di 2.600 vittime, la metà dei quali civili con donne e bambini incolpevoli. Inoltre Ban Ki Moon ha invitato tutti i partiti politici a ricercare una soluzione pacifica in modo che lo Yemen non si trasformi in un’altra Siria o Iraq.

L’analista internazionale, Manuel Pineda,  ha rilevato che si nutre un notevole pessimismo sulla possibilità che si stabilisca un dialogo e che si trovi una soluzione al conflitto e che la Monarchia Saudita rinunci ai suoi piani di espansione a spese dello Yemen, un paese confinante dove vive  una gran parte di popolazione  sciita, opposta alla confessione wahabita della Casa dei Saud.

La Monarchia Saudita dovrebbe essere obbligata a cessare il massacro che sta attuando della popolazione civile nel paese yemenita, ci sono però poche possibilità che l’Arabia Saudita possa rispettare una eventuale tregua stabilita dall’ONU.

L’Arabia Saudita è, come noto, il patrocinatore dello Stato Islamico ed insieme al regime sionista (Israele) sono forse i maggiori massacratori delle popolazioni arabe e mussulmane da Gaza allo Yemen. Non hanno alcuna sensibilità rispetto alla ricorrenza del Ramadam, come abbiamo visto anche in passato  Israele  ha attuato sulla popolazione di Gaza una strage di palestinesi durante la ricorrenza del Ramadam.

“Non si può credere che il regime saudita faccia alcuna differenza rispetto al comportamento tenuto anche da Israele,il suo classico alleato.
Bisogna considerare che L’Arabia Saudita e Israele condividono lo stesso ruolo di massacratori di popolazioni inermi in tutti i conflitti del Medio Oriente e non arresteranno la loro opera a meno che non siano obbligati dalla comunità internazionale“. Questa l’opinione di Pineda.

Il richiamo di Ban Ki Moon può avere importanza ma molto relativa poichè l’Arabia Saudita ha molto peso nella comunità internazionale e dispone della protezione del suo padrino, gli Stati Uniti, con la cui complicità sta attuando una serie di conflitti contro le popolazioni della Siria e dell’Iraq, dove operano gruppi organizzati di terroristi takfiri, ispirati e finanziati dall’Arabia Saudita che commettono le peggiori efferatezze contro i civili.

La comunità internazionale non ha una reale volontà di fermare i massacri in Medio Oriente e tanto meno nello Yemen, visto che gli USA e le maggiori potenze occidentali sono legate da rapporti di alleanza e di affari con la Monarchia Saudita che è il paese aggressore. Per l’Occidente i rapporti di affari vengono prima di qualsiasi altra questione.