GIORDANIA – Accordi militari con Russia e Tunisia per le operazioni in Siria

Mentre si trova a Vienna per parlare con il segretario di Stato americano Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che Mosca e Amman hanno stretto un accordo per coordinare le operazioni in Siria.

“Gli eserciti di entrambi i Paesi si sono accordati per coordinare le loro azioni in territorio siriano, fra cui quelle delle forze aeree” ha detto Lavrov che ha poi spiegato le basi dell’accordo. La cooperazione avverrà attraverso “un meccanismo di lavoro che avrà base ad Amman” in Giordania e al quale potranno aggiungersi altri paesi della regione.

Il nuovo accordo con la Giordiania fa parte della road map che ha in mente Mosca e cioè di lavorare per portare ad un processo politico che rispetti il comunicato di Ginevra del 2012: “Ciò prevede l’avvio di negoziati inclusivi con i rappresentanti del governo della Siria e con tutto lo spettro dell’opposizione, sia interna sia all’estero, con l’appoggio attivo di attori esterni” ha detto il ministro che ha poi concluso dicendo che la Russia: “partecipa agli sforzi per la creazione delle condizioni necessarie di questo processo”.

Anche Tunisia e Giordania hanno firmato due accordi di cooperazione nei settori militare, della sicurezza e della protezione civile, in occasione della visita ad Amman del presidente tunisino Beji Caid Essebsi. Lo rende noto un comunicato del Palazzo Reale giordano.

Essebsi e Abdallah II, informa il comunicato, hanno convenuto sulla necessità di sviluppare ulteriormente la cooperazione bilaterale anche nel campo delle nuove tecnologie, dell’energia, della sanità, dell’educazione e del turismo. Le relazioni commerciali tra Tunisia e Giordania sono stimate a circa 30 milioni di dollari all’anno.

I due leader hanno anche parlato dell’attuale situazione in Cisgiordania e della Spianata delle Moschee a Gerusalemme, della lotta al terrorismo e della crisi libica.

Essebsi, accompagnato dal ministro degli Esteri Taieb Baccouche, ha incontrato anche il premier giordano Abdullah Ensour. Tra i temi affrontati, la prossima sessione di incontri dell’Alta Commissione tuniso-giordana programmata per il mese di dicembre ad Amman.

COOPERAZIONE – Durante la visita in Giordania per partecipare alla conferenza mediterranea dell’Ocse il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione delle Unità protesiche fissa e mobile, allestite dall’Ong Icu, insieme al Centro “Our Lady of Peace for People with Disabilities” e finanziate dalla Cooperazione Italiana. La struttura fornisce gratuitamente protesi degli arti inferiori e servizi di riabilitazione fisica e psicosociale sia ai rifugiati siriani, sia ai cittadini giordani meni abbienti. All’evento hanno presenziato l’Arcivescovo cattolico di Amman, Maroun Laham, e il Ministro della Sanità, Ali Hyasat. Quest’ultimo ha espresso apprezzamento per l’impegno italiano a favore dei rifugiati siriani e delle comunità ospitanti giordane, e per i servizi che il Centro potrà fornire gratuitamente a numerose vittime di amputazione su tutto il territorio giordano.

Nell’Ambito del programma di emergenza AID 10249 a favore dei rifugiati siriani in Giordania (2014/2015) è stata dedicata una particolare attenzione al tema della disabilità. Il progetto eseguito dalla Ong Icu infatti è stato interamente dedicato alla assistenza ad adulti e bambini amputati presso due centri allestiti ad hoc nei governatorati di Irbid e Amman. Il progetto ha previsto la fornitura, adattamento e montaggio di 100 arti, un programma di riabilitazione fisioterapica e di supporto psicologico per gli amputati assistiti, la creazione e l’equipaggiamento di un centro protesico fisso e di uno mobile nonché corsi intensivi di aggiornamento per tre fisioterapisti e due psicologi dei centri di riabilitazione. Infine sarà organizzato l’inverno prossimo un evento sportivo multidisciplinare non competitivo per disabili ad Amman.

Nella seconda fase del programma AID 10249, in fase di avvio, la Ong Icu continuerà il lavoro di distribuzione protesi e il sostegno fisioterapico e psicologico ai beneficiari, aggiungendo ai servizi offerti la produzione e la distribuzione di protesi, assistenza riabilitativa e il reinserimento scolastico dei bambini che a causa della disabilità sono rimasti esclusi dalle opportunità di educazione per determinati periodi di tempo.




KIEV – Petro Poroshenko sotto attacco. Si aggrava il bilancio: 1 morto e 141 feriti

Si aggrava il bilancio degli scontri  fra le forze dell’ordine e militanti di estrema destra, di fronte al Parlamento dopo l’adozione di una riforma che conferisce maggiore autonomia alle regioni separatiste dell’est del paese. Oggi, riferisce il ministro dell’Interno Arsen Avakov su Twitter, un poliziotto è morto in ospedale: il soldato Dmitri Slastikov. Olga Bogomolets, deputata e consigliera del presidente Petro Poroshenko, scrive poi su Facebook che anche un ragazzo del 1995 è deceduto a causa delle ferite. Sono quindi tre le vittime delle proteste dopo che ieri aveva perso la vita un membro 25enne della guardia nazionale ucraina.

Intanto la polizia ha informato che “in totale 141 feriti sono ancora ricoverati nei diversi ospedali di Kiev fra cui 131 poliziotti di cui 9 in gravi condizioni”. Ieri il sindaco di Kiev Vitali Klitschko aveva parlato di tre agenti uccisi, ma fino ad oggi non c’erano state conferme ufficiali. La situazione di fronte al Parlamento era degenerata dopo il lancio verso le forze di sicurezza  una granata. Il Partito Radicale di Oleh Ljasko è pronto a lasciarla. Lo ha detto il leader, Lyashko, ai giornalisti spiegando che la formazione sarà all’opposizione di governo e presidente. “Non vediamo la possibilità di rimanere nella coalizione”, ha detto Lyashko. Poco dopo sono intervenute le dimissioni del vice primo ministro e membro del Partito, Valeriy Voschevsky. “Abbandonare la coalizione è una decisione comune del Partito radicale, presa all’unanimità. Tutti abbiamo condiviso questa decisione e di conseguenza il Parito radicale non può essere rappresentato nel governo. Personalmente – ha detto Voschevsky – questo significa che mi dimetto”.
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha avvertito dei pericoli di “flirtare” con gli estremisti. “Stavo guardando ieri quello che accadendo a Kiev. Responsabili degli scontri, secondo il ministro degli Interni dell’Ucraina, sono gli estremisti di Svoboda. Di conseguenza, non si può flirtare con gli estremisti” ha aggiunto il capo della diplomazia russa. I violenti scontri fuori dal Parlamento dell’Ucraina sono stati condannati dalla Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Petro Poroshenko è sotto attacco da due direttrici. Da un lato, la destra parlamentare, a cavallo tra il Partito radicale del nazionalista Oleg Lyashko, che dalle posizioni governative si è progressivamente distanziato sino ad opporsi alla legge sul decentramento e i vari gruppi minori raccolti intorno a figure di spicco come Dmitri Yarosh, deputato, consigliere speciale del Ministero della Difesa, ma soprattutto leader dei paramilitari di Pravi Sektor. Dall’altro, la destra extraparlamentare, riunita intorno ai movimenti estremisti, dallo stesso Settore di destra a Sbovoda, partito alla cui testa c’è sempre Oleg Tiahnybok, salito alla ribalta al tempo di Euromaidan per i toni antirussi che trascinarono la piazza più degli altri due esponenti dell’allora troika d’opposizione, Arseni Yatseniuk e Vitaly Klitschko.

Dentro e fuori il parlamento, Poroshenko è accusato di aver chinato la testa sia davanti alla Russia che all’Occidente. Per la destra nazionalista gli accordi di Minsk e la legge sul decentramento, che prevede maggiore autonomia per le regioni e una regolamentazione speciale per il Donbass, sono concessioni inaccettabili. Se i morti di questa settimana di fronte alla Rada hanno segnato il fondo della spaccatura tra presidente e gli scomodi alleati che sono stati il motore della rivoluzione e di fatto gli hanno aperto la strada per l’arrivo al palazzo della Bankova, negli ultimi mesi sono stati diversi gli episodi che hanno evidenziato come la destra radicale, benché numericamente poco significante e frammentata, sia fuori controllo. L’omicidio del giornalista Oles Busina a Kiev e gli scontri tra i miliziani di Pravi Sektor e la polizia in Transcarpazia sono solo due esempi di come la questione non sia solo legata a precisi punti politici come il decentramento regionale o le prossime elezioni amministrative che si terranno a ottobre.