ITALIA – Gallura: percorso al femminile fra mito, storia e devozione

di Laura Candiani (testo e foto)

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FOTO 0. La Gallura

La Gallura (Gaddura in gallurese, Caddura in sardo) è la parte all’estremo nord della Sardegna e costituisce una regione storica e geografica comprendente ventuno comuni, dei quali venti appartenenti alla provincia di Olbia-Tempio, uno (Viddalba) a quella di Sassari. Il nome ha una origine incerta; secondo alcune teorie deriverebbe da una popolazione seminomade preromana, per altre dal gallo sullo stemma pisano dei giudici Visconti, oppure sembra significhi “rocciosa, sassosa” e in effetti -sia nella parte propriamente costiera sia nell’interno ricco di rilievi montuosi- le conformazioni bizzarre delle rocce rendono questa area straordinariamente pittoresca: quelle di Capo Testa, ad esempio, fecero esclamare al celebre scultore Henry Moore: «Ho trovato chi sa scolpire meglio di me!» E poi la roccia dell’Orso, l’incredibile Valle della Luna, i massicci granitici modellati dal vento, dal mare e dalle piogge nel corso di millenni. Affascinante la vegetazione, che unisce oleandri, macchia mediterranea, boschi di querce da sughero, pinete e olivi millenari. Una terra aspra, spesso battuta dal maestrale, come la vicinissima Corsica con cui ha molte somiglianze (anche linguistiche), ma piena di colori e profumi, specie durante la primavera.

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Arzachena

  1. via Eleonora d’Arborea. La figura di Eleonora è talmente immensa da meritare ben più di un cenno, ma è sempre opportuno ricordare colei che – in un mondo totalmente maschile – per quasi vent’anni portò avanti il sogno irredentista del padre Mariano IV che avrebbe voluto unificare la Sardegna in un unico regno. E’ anche colei che in anni lontanissimi (intorno al 1392), con la Carta de Logu (rimasta in vigore in Sardegna fino al 1827) fa segnare una tappa fondamentale del diritto. La Carta – di 198 articoli- presenta straordinarie novità come la distinzione fra dolo e colpa, la centralità del bene comune, la mancanza totale di leggi contro ebrei ed eretici, il rifiuto della vendetta privata, i risarcimenti in denaro a una donna violentata (il matrimonio è previsto solo se LEI è d’accordo), la collegialità della giustizia; emerge inoltre, fra le righe, l’assenza di rapporti feudali, comune a tutta la Sardegna ed eredità del modello bizantino.Secondo Carlo Cattaneo Eleonora «è la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica».
  2. via Regina Elena. Elena del Montenegro (Cettigne 8.01.1873-Montpellier 28.11.1952) fu moglie di Vittorio Emanuele III di Savoia; bella donna, molto alta e robusta, dette nuova linfa al sangue malato di emofilia dei Savoia e fu madre di cinque figli, fra cui Umberto II, il “re di maggio”. Regina dal 1900 al ’46, riservata, amante delle arti, dotata per le lingue, attiva e generosa verso il suo popolo, ricevette la laurea “honoris causa” in Medicina e fu molto apprezzata per la sua dedizione alle opere caritatevoli e assistenziali tanto che Pio XI le conferì la “Rosa d’oro della cristianità” e nel 2001 è stata nominata “Serva di Dio”.

La storia ha lasciato profonde tracce che precedono la civiltà nuragica: questa area fu abitata dall’uomo fin dal neolitico e la sua posizione certamente favorì gli scambi con il continente, passando attraverso l’arcipelago toscano: doveva essere, infatti, il corridoio dell’ossidiana e della ceramica, l’oro nero e l’oro bianco dell’antichità. Qui si trovano nuraghi importanti, tombe, siti in parte ancora da studiare; i Romani -mai del tutto tranquilli in Sardegna e circondati dal pericolo costante di rivolte -trovarono il modo di sfruttarne l’abbondanza di granito: sulla spiaggia delle Colonne sono ancora ben visibili gli abbozzi di quelle abbandonate, là dove ora giocano i bambini in acque calme e piatte come meravigliose piscine naturali. I Pisani lasciarono evidenti impronte nell’architettura religiosa e gli Aragonesi nelle imponenti strutture difensive. I Piemontesi -con i loro ingegneri militari- hanno tracciato l’urbanistica di alcune cittadine (Santa Teresa), costruite a scacchiera con le strade perfettamente rettilinee che si incrociano, mentre le case talvolta mantengono la tipica struttura gallurese a un solo piano.

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Aglientu

  1. piazza Sirenella (villaggio Rena Majore). La piazzetta centrale del villaggio (in cui quasi tutti i nomi di strade sono legati al mare oppure alla vegetazione) è dedicata alla Sirenella, con esplicito riferimento nell’immagine di ceramica dipinta alla Sirenetta di Andersen più che alle sirene che incantarono Ulisse.

Oggi è la regione con il più alto reddito pro-capite della Sardegna grazie ad una florida economia in parte ancora agro-pastorale e all’importante risorsa del turismo, non solo perché comprende l’arcipelago della Maddalena, la Costa Smeralda e note località come Budoni e San Teodoro, ma anche per la costa in gran parte incontaminata; afferma il giornalista Beppe Severgnini, abituale frequentatore di Rena Majore: «ancora oggi penso che i venti chilometri tra Santa Teresa e Vignola siano il tratto di mare più spettacolare, affascinante – e rispettato- del Mediterraneo».

Venendo alla odonomastica, emergono alcuni elementi interessanti: per primo la presenza quasi ovunque di due nomi ricorrenti in Sardegna, ovvero Grazia Deledda ed Eleonora d’Arborea; il secondo dato si riferisce alle intitolazioni di tipo devozionale; alle Madonne (d’Itria, di Pompei, del Carmelo) si affiancano le sante di epoca e provenienza davvero varia: Caterina, Rita, Lucia, Anna, Chiara, Cecilia, Ilaria, Giusta, Degna, Barbara, Agnese, Margherita fino alla marchigiana Maria Goretti e alla lucchese Gemma Galgani, a testimoniare una fede popolare che si è rinnovata nel tempo. Un terzo elemento riguarda il frequente ricordo delle donne della famiglia Savoia: dalla amata prima regina degli Italiani, Margherita, alla regina Elena, fino alle principesse Iolanda e Mafalda, morta nel lager di Buchenwald nel ’44. Altre presenze sono legate al periodo risorgi-mentale: Anita Garibaldi (alla Maddalena, a Tempio Pausania e a Olbia) e la fervente patriota mazziniana Giuditta Bellerio Sidoli (Olbia); rimandano alla Resistenza e alla storia più recente i nomi di Nilde Iotti (Olbia) e Luigina Comotto, fucilata a settanta anni il 1° novembre del ’44 (Tempio Pausania). Un altro dato riguarda le donne attive in vari ambiti culturali: oltre alla già ricordata Deledda, compare più volte Maria Montessori, cui si affiancano la pittrice Artemisia Gentileschi, l’attrice Eleonora Duse, la cantante folk Maria Carta, la studiosa locale Maria Azara, autrice di un libro sulle tradizioni galluresi edito nel 1943. Nei comuni di Santa Teresa, Palau, Golfo Aranci, Aglientu fanno poi la loro comparsa nomi tratti dal mito e dall’epica: troviamo, infatti, Penelope, la maga Circe, la ninfa Calipso, Clitemnestra, Galatea, le Sabine, Sirenella (forse più fiabesca e disneyana nella raffigurazione che si accompagna al nome, nel villaggio di Rena Majore).

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Santa Teresa di Gallura

  1. via Circe (località Conca Verde). Secondo una credenza popolare presso il vicino Porto Pozzo si troverebbe il mitico paese dei Lestrigoni, giganti antropofagi che nell’”Odis-sea” distrussero la flotta di Ulisse e uccisero tutti gli uomini, eccetto quelli della sua nave, rimasta fuori dal porto. Proseguendo il viaggio Ulisse avrebbe incontrato nell’isola di Eea la maga Circe che li trasformò in animali. La maga fa parte della mitologia greca e, oltre che nel poema omerico, compare anche nel mito degli Argonauti.
  2. via Calipso (località Conca Verde). La ninfa (o dea del mare) vive nell’isola di Ogigia e trattiene Ulisse presso di sé per sette anni, promettandogli inutilmente l’immortalità.
  3. via Nausicaa (località Conca Verde). La fanciulla -figlia del re dei Feaci- soccorre l’eroe omerico e lo aiuta a ripartire fornendogli una nave.
  4. via Penelope (località Conca Verde). Ulisse,  dopo mille peripezie, riesce a ritornare a Itaca e alla amata sposa che lo ha atteso fedelmente per venti lunghissimi anni.
  5. via Maria Teresa. La cittadina di Santa Teresa fu fondata nel 1808 per controllare il contrabbando lungo la costa (Bocche di Bonifacio) e creare un avamposto contro le mire espansionistiche di Napoleone; era l’epoca del re Vittorio Emanuele I di Savoia che la volle dedicare (attraverso la santa omonima) alla moglie, Maria Teresa d’Austria-Este (1773-1832).
  6. biblioteca comunale Grazia Deledda. Grazia Cosima Deledda (Nuoro 27.09.1871-Roma 15.08.1936) è stata l’unica italiana a ricevere il premio Nobel per la letteratura (1926). Nelle sue opere la Sardegna non è altro che uno spaccato del mondo e dell’eterno conflitto fra male e bene: i drammi sono gli stessi ovunque; scrive: «L’uomo è, in fondo, uguale dappertutto». I suoi romanzi della maturità (Canne al vento, Elias Portolu, La madre, L’edera, Marianna Sirca) sono spesso incentrati sul senso di colpa, sulla potenza del peccato, sulla forza implacabile del destino, sul caos morale, ma «i suoi colpevoli e i suoi delinquenti» – scrisse Momigliano – incutono in noi lettori un «interesse intenso», «rispetto», «senso di pietà e di elevazione»: la colpa non viene rappresentata in modo superficiale o semplicistico, ma porta «a meditare sul drammatico destino che a tutti è imposto di peccare per poter sapere veramente che cosa è il bene e che cosa è il male». Sempre Momigliano ebbe a dire: «Nessuno dopo il Manzoni ha arricchito e approfondito come lei, in una vera opera d’arte, il nostro senso della vita».
  7. via e piazza Santa Lucia. In alto rispetto al paese, sul lato est, vicino all’antico mulino a vento, sorge la graziosa chiesetta di Santa Lucia nella piazza omonima. La devozione per la martire siracusana (283-304) -uccisa durante le persecuzioni di Diocleziano- è presente ovunque nei paesi cattolici e ortodossi, ma anche presso i luterani in Svezia; è la patrona di molte città e protettrice degli occhi e degli oculisti. Si festeggia il 13 dicembre, secondo la credenza popolare “il giorno più corto dell’anno”.

Per concludere, merita una breve riflessione a parte l’odonomastica di Olbia: quarantatré donne ricordate a fronte di 484 uomini, ma che donne! Oltre ai nomi citati e alle undici sante, vanno per forza evidenziate alcune scelte interessanti e poco comuni, iniziando dalla medica Ernestina Paper, prima laureata dopo l’unità (1877); troviamo poi la scienziata Maria Sklodowska Curie (unica ad aver ottenuto il Nobel in due diversi campi: la fisica e la chimica), le scrittrici Joyce Lussu, Maria Bellonci, Jane Austin, Matilde Serao, Sibilla Aleramo, e infine due giovani vittime della violenza di diversa matrice: la poliziotta Emanuela Loi e la giornalista Ilaria Alpi.

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La Maddalena

piazza Santa Maria Maddalena. Qui sorge la chiesa parrocchiale, dedicata alla patrona dell’isola; i lavori per la costruzione iniziarono nel 1780, ma poi nel 1814 l’edificio ebbe una radicale trasformazione in stile neoclassico; in seguito subì ampliamenti e rimaneggiamenti, fino al recente ripristino della vecchia facciata e l’eliminazione di stucchi e affreschi.

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Tempio Pausania

via Madonna di Pompei. Il santuario a Pompei -dedicato alla Beata Vergine del Rosario- è uno dei più visitati del culto mariano con quattro milioni di pellegrini all’anno; i lavori di costruzione iniziarono l’8 maggio 1876 per volere del beato Bartolo Longo e della pia contessa Marianna de Fusco. Per rinvigorire presso i fedeli la pratica del rosario si cercò un dipinto adatto che fu trovato in un convento napoletano, in pessime condizioni; tuttavia, dopo vari restauri, la tela ora mostra l’opera di un valente artista della scuola di Luca Giordano e l’immagine continua a essere venerata come miracolosa




ITALIA – Un quartiere dedicato alle donne a Parma

Di Rita Ambrosino

Ci si aspetterebbe che un itinerario al femminile della toponomastica di Parma prendesse le mosse dalla tanto amata Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza dal 1801 al 1847. Tuttavia è un altro il punto di vista che si è scelto di adottare per analizzare parte delle 99 “elette” che sono riuscite a conquistarsi un posto nella toponomastica parmigiana, sulle oltre 2000 strade cittadine, di cui circa 1200 dedicate ad uomini.

Nella periferia Nord-Est di Parma sorge il quartiere Cortile San Martino, comune autonomo fino al 1943 ed una delle prime zone della città ad essere investita dagli insediamenti industriali.

Negli anni ’80 parte del quartiere è destinataria del PEEP, vale a dire il programma di edilizia economica e popolare; sorge così un’area residenziale, il Peep Paradigna, dove fu scelto di intitolare molte strade e piazze a donne celebri. Troviamo, infatti: Ilaria Alpi, Matilde Serao, Maria Callas, Irma ed Emma Gramatica, Matilde di Canossa, Sibilla Aleramo, Eugenia Picco, Ada Negri, Milena Pavlovic Barilli, Katharine Mansfield, Marie Curie, George Sand ed altre ancora.

La passeggiata all’interno di questi palazzi di periferia ci restituisce un’atmosfera piuttosto cupa, di sicuro lontana dallo spessore storico che aleggia nel centro della cittadina padana, ma a rincuoraci qui, così come ad accompagnarci tra le splendide vie del centro storico, è l’eco rimandata dai nomi e dalle storie di illustri donne.

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Via Maria Callas, cantante lirica (New York 1923 – Parigi 1977)

Dalla direttrice di via San Leonardo, oltre il Centro Torri, ci inoltriamo per via Maria Callas. Soprano di origini greche, con una voce straordinaria e una maestria scenica unica, Maria Callas diede un rinnovato vigore al repertorio classico italiano ottocentesco; indimenticabili le interpretazioni di opere di Bellini, Donizetti, Puccini, Verdi che contribuirono ad alimentare il successo della Divina.

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Via Irma ed Emma Gramatica, ricorda le famose sorelle, attrici teatrali, Irma (Fiume 1867 – Impruneta 1962) ed Emma (Fidenza 1874 – Roma 1965). Di temperamento differente ma entrambe dotate di un’indubbia carica interpretativa, furono prime attrici nelle più note compagnie teatrali dell’epoca. Negli ultimi anni intrapresero con successo anche la carriera radiofonica, cinematografica e televisiva.

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Piazza Sibilla Aleramo è dedicata alla scrittrice e poetessa, nata ad Alessandria nel 1876 e morta a Roma nel 1960, il cui vero nome era Marta Felicina Faccio. Della sua vita, tormentata ed intensa, la cifra più significativa fu l’amore con il quale visse ogni suo giorno. Diceva di sé: “Non so se sono stata donna, non so se sono stata spirito. Son stata amore”. Di indole anticonformista, si ribellò al gretto provincialismo, abbandonando tutto per dedicarsi con vorace passione alla produzione letteraria. Uguale passione mise, inoltre, nella lotta in favore dei diritti delle donne e contro la prostituzione.

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Stradello Matilde di Canossa (Mantova 1046 – Bondeno di Roncore 1115). Contessa medievale, il cui vasto dominio si estendeva dal Lazio al Lago di Garda, ricordata per le sue doti politico-diplomatiche e dotata di singolare acume, Matilde volle nel suo entourage studiosi di testi sacri ed esperti di diritto. Di fondamentale importanza fu il suo sostegno al papato durante i difficili equilibri della lotta per le investiture tra Chiesa e Impero; fu, infatti, proprio nel suo castello di Canossa che nell’inverno del 1075 avvenne l’incontro tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII. Nominata Regina d’Italia, entrò nella storia ancora in vita, riconosciuta e venerata dai contemporanei in un’epoca, quale quella medievale, in cui quasi nulla era l’attenzione riservata alle donne.

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Via Ilaria Alpi, giornalista (Roma 1961 – Mogadiscio 1994). A 15 anni dalla tragica scomparsa della giornalista romana, assassinata, insieme con Miran Hrovatin, a colpi di kalashnikov a Mogadiscio, durante la guerra civile somala, Parma le ha dedicato questa strada nel 2009. Il coraggio e la passione per il suo lavoro, l’avevano portata a condurre una delicata inchiesta sui traffici di armi e di rifiuti tossici tra Italia e Somalia.

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Piazza Eugenia Picco, beata (Crescenzago 1867 – Parma 1921)

Unica intitolazione non “laica” è quella alla religiosa, ora beata, Eugenia Picco. Per sfuggire all’opposizione della famiglia, che sperava per lei un futuro da artista, e per seguire la sua vocazione manifestatasi, come si racconta, dopo essere stata investita dal fenomeno della transverberazione, si trasferì da Milano a Parma. Qui divenne madre superiora del nuovo ordine religioso delle Chieppine e fu molto attiva con opere assistenziali e caritatevoli durante la prima guerra mondiale.

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Stradello M. Pavlovic Barilli, (Požarevac, Serbia 1909 – New York 1945)

La M. cela il nome di Milena, figlia di Bruno Barilli, musicista e scrittore, discendente da una grande famiglia di artisti parmigiani, e di Danitsa Pavlovic, un’apprezzata pianista imparentata con la famiglia reale serba. Questo incontro di culture caratterizzò tutta la vita e l’arte di Milena, arte che si arricchì delle tendenze europee dei primi decenni del ‘900 fino ad approdare negli Stati Uniti, a New York, dove il suo stile diventerà maturo. Fu pittrice, illustratrice, collaborò a riviste di moda e di decorazioni di interni. Una tragica caduta da cavallo interruppe improvvisamente la sua vita.

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Piazza Grazia Deledda, scrittrice (Nuoro 1871- Roma 1936). Motivi autobiografici e realismo documentario sono le principali caratteristiche della ricca produzione di questa scrittrice autodidatta, dal carattere schivo e riservato, la cui lucida capacità descrittiva dei drammi della sua Sardegna e, in generale, della solitudine e dell’incomunicabilità dell’uomo moderno le valsero il Premio Nobel per la letteratura nel 1926, seconda donna ad essere insignita di questo riconoscimento, dopo la svedese Selma Lagerlöf nel 1909.

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Piazza Marie Curie, chimica e fisica polacca (Varsavia 1867 – Passy 1934). Dalla Polonia si trasferì a Parigi per proseguire i suoi studi e qui si laureò in matematica e fisica. Scienziata, due volte Premio Nobel, nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica, alle sue ricerche, unitamente a quelli del marito Pierre, si devono le ricerche sulla radioattività e la scoperta del radio e del polonio.

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Via Katherine Mansfield, (Wellington 1888 – Fontainebleau 1923).

Piacevole scoperta è la via dedicata a questa sfortunata scrittrice neozelandese, morta a soli 34 anni perché gravemente malata di tubercolosi, dopo un estremo tentativo di cura mistico-ascetica nella speranza di diventare una figlia del sole, nell’istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo di Georges Gurdjieff a Fontainebleau, in Francia. Lettrice instancabile, fu un’autrice vibrante, appassionata, incisiva, tanto ammirata da Virginia Woolf, sua contemporanea, la quale non fece mistero anche di una certa dose di invidia per la scrittura perfetta delle sue short stories, alcune rimaste incompiute e venute alla luce solo alcuni anni fa.

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Stradello Ada Negri, (Lodi 1870 – Milano 1945). Poetessa e scrittrice, molto varia è la sua produzione: poesie, novelle, racconti. Apprezzata e stimata per l’umanitarismo dei suoi scritti che con delicatezza affrontavano le sofferenze delle classi sociali più umili e il loro desiderio di redenzione sociale, Ada Negri ottenne numerosi riconoscimenti e fu gradita al regime fascista tanto da essere la prima donna ammessa all’Accademia d’Italia.

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Piazza George Sand, (Parigi 1804 – Nohant, Indre 1876)

Straordinaria e prolifera scrittrice e drammaturga francese, il cui vero nome era Aurore Dupin, espresse nelle sue opere tutte le sue passioni e le contraddizioni della sua epoca. Anticonformista, amava vestirsi da uomo e non esitò ad adottare uno pseudonimo maschile, scelta del resto comune in un’epoca in cui le capacità artistiche femminili erano considerate di minor valore rispetto a quelle maschili. Condusse una vita intensa, ricca di amori e fuori dagli schemi, di cui non si curò affatto. Partecipò con interesse alla vita politico-sociale, esprimendo il proprio appoggio per l’emancipazione femminile e le idee socialiste, arrivando ad appoggiare la rivoluzione parigina del 1848.




ITALIA – Terni, il mondo delle donne e le memorie operaie femminili

Di Manila Cruciani

Ticchetettà

Semo de Cinturini lasciatece passa’

semo belle e simbatiche ce famo rispetta’

matina e sera, ticchetettà,

infinu a sabadu ce tocca d’abbozza’

 

(Cinturini, canzone delle operaie tessitrici della fabbrica di iuta impiantata a Terni, alla fine del 1800, dall’ingegnere Centurini)

 

Nel Villaggio Matteotti della città di Terni, può accadere che i passi rimbalzino nel ritornello di una canzone sociale: l’insediamento semirurale (realizzato dalla Società Terni fra il 1938 e il 1946) e le cellule abitative avanguardiste del nuovo agglomerato (progettato nel 1970) restituiscono nomi di donna alla memoria democratica e alla classe cultrice e lavoratrice della storia locale.

In questi nomi c’è l’intuizione del nesso, (ri)generativo e variabile, di tante piccole comunità di destino all’interno della grande comunità di destino planetaria, e l’allusione ad una madre terra e ad una lingua madre, che le riconosce e le comprende tutte.

 

Oggi le finestre della città operaia si spalancano sulle storie delle persone nuove che la abitano, la cambiano e, perciò, la rinnovano, in una metaprospettiva, foriera di metaidentità.

 Qui, nel 2012, è nato il circolo Il mondo delle donne, frutto di una progettualità condivisa tra la biblioteca comunale e il sistema museale di Terni, che raccoglie il sapere narrativo delle donne, italiane e migranti. Un sapere che è anche resistenza – alla omologazione, alla assimilazione, alla dispersione di una oralità diffusa – e costruzione di una quotidiana interculturalità.

Da qualche mese, il circolo ha iniziato i lavori per redigere una guida di Terni al femminile attraverso un percorso di partecipazione: la pubblicazione prevede itinerari storico-culturali di genere, indicazioni sui servizi, schede di approfondimento della lingua italiana. Una proposta non convenzionale, a volte sorprendente, dedicata a chi arriva, a chi resta e alle “turiste” e ai “turisti” che giocano in casa!


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Foto 1 (Manila Cruciani)

Terni _ Lungonera Savoia, particolare di figura femminile

Quando si è con le sorelle, non c’è posto per la disperazione.

Un detto in Nu Shu, il linguaggio segreto delle donne nell’antica Cina.

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Foto 2 (Massimo D’Antonio)

Carlotta Clerici (1850 – Roma 1924), educatrice, femminista, sindacalista e socialista. Insegnante e direttrice scolastica si impegna per l’educazione, la formazione professionale dei giovani e per l’assistenza agli orfani. Nel 1912, insieme a Argentina Altobelli, entra a far parte del Consiglio del Lavoro presso il Ministero.

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Foto 3 (Massimo D’Antonio)

Gisa Giani (Collestatte [Terni] 1924 – Terni 1986), Adalgisa Cervelli, nota come Gisa Giani (il cognome è del marito), impiegata e ricercatrice presso la Biblioteca civica di Terni, è stata particolarmente attenta alla storia della città e delle donne, cui ha contributo, tra l’altro, con le pubblicazioni: Raccolta di voci bibliografiche su Terni e Territorio; Un enigma storico-archeologico: le tombe dei Tacito a Terni; Qualcosa che non sapevamo sulla Cascata delle Marmore; Terni. Cento anni di acciaio. Bibliografia dell’industrializzazione; e Donne e vita di fabbrica a Terni, che descrive il lavoro femminile nelle fabbriche tessili ternane.

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Foto 4 (Massimo D’Antonio)

Linda Malnati (Milano 1855 – Blevio [Como] 1921), socialista, nel 1906 promosse la costituzione del Comitato Nazionale per il suffragio femminile.

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Foto 5 (Massimo D’Antonio)

Virginia Visetti (1919 – 1944), partigiana, la denominazione è stata attribuita con la seguente motivazione: “Eroina della Resistenza, con il grado di sottotenente della formazione Gran Dubbiere di Pinerolo; aiuta il padre, rappresentante della Democrazia Cristiana nel Comitato di Liberazione Nazionale di Torino, nello svolgimento di azioni di collegamento e nell’occultamento di armi e munizioni. Catturata in seguito a un rastrellamento, viene fucilata dai fascisti”.

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Foto 6 (Maria Pia Ercolini)

Maddalena Patrizi (1866 – 1945), scrittrice, fondatrice dell’Opera Nazionale di Patronato e Mutuo Soccorso per giovani operaie e presidente dell’Unione Donne Cattoliche.

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Foto 7 (Massimo D’Antonio)

Sara Tabarrini (Montefranco 1880 – Terni 1961), operaia dello Jutificio Centurini, è stata una capolega, licenziata per aver promosso uno sciopero nel 1901. Scongiurò le sue compagne di rinunciare a qualsiasi forma di solidarietà nei suoi confronti e, lasciata Terni, si trasferì a Montefalco, dove si adoperò per l’alfabetizzazione dei ragazzi di campagna.

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Foto 8 (Massimo D’Antonio)

Anna Maria Mozzoni (Rescaldina [Mi] 1837 – Roma 1920), femminista, fonda la Lega promotrice degli interessi femminili, si batte per il voto alle donne, per la parità tra i sessi e per il diritto allo studio.

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Foto 9 (Massimo D’Antonio)

Irma Bandiera (Bologna 1915 – Bologna 1944), partigiana, eroina della Resistenza, insignita della medaglia d’oro al Valor Militare. Catturata durante uno scontro armato, è sottoposta a feroci torture e trucidata dalle SS naziste.

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Foto 10 (Massimo D’Antonio)

Argentina Altobelli (Imola 1866 – Roma 1942), il suo impegno è rivolto alla promozione sociale delle donne. Alcuni suoi scritti sono stati pubblicati sulla testata socialista ternana “La Turbina”: in questi articoli rivendica la parità tra uomini e donne sui temi del salario, dell’orario di lavoro e del diritto di voto. Nel 1912, insieme alla sindacalista Carlotta Clerici, entra a far parte del Consiglio del Lavoro, istituito presso il Ministero.

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Foto 11 (Maria Pia Ercolini)

Clara Zetkin (Wiederau [Germania] 1857 – Archangel’skoe [Russia], 1933), rivoluzionaria tedesca, comunista e teorica dell’emancipazione femminile.

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Foto 12 (Maria Pia Ercolini)

Anna Kuliscioff (Moskaja, Cherson [Russia] 1857 – Milano 1925), si laurea in medicina per curare gratuitamente i poveri, compagna di Filippo Turati, nel 1891 fondano insieme “Critica sociale”, la prima rivista critica del socialismo marxista italiano.

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Foto 13 (Maria Pia Ercolini)

Sibilla Aleramo (Alessandria 1876 – Roma 1960), pseudonimo di Marta Felicino Faccio detta Rina, femminista e scrittrice.

 

 




ITALIA – Due passi per Modena e per le strade femminili che non ci sono (Parte seconda)

Di Roberta Pinelli

A partire dagli anni Sessanta qualcosa cambia a Modena nei criteri adottati per le scelte odonomastiche e sarà forse per la nomina di una donna nella Commissione Toponomastica che nel 1961 furono dedicati a donne ben cinque toponimi: due letterate (Grazia Deledda e Ada Negri), una musicista (Cecilia Paini), una partigiana (Gabriella Degli Esposti), una donna di potere (Matilde di Canossa).

1.Modena-Via Ada Negri-foto di Roberta Pinelli

2. Modena-Via Grazia Deledda-foto di Roberta Pinelli

Figlia di Giovanni, suonatore di corno da caccia, Cecilia Paini ancora in tenera età seguì il padre che per lavoro si era trasferito a Parigi. Qui studiò al Conservatorio di musica dove, precocissima, conseguì il I premio in arpa e solfeggio. A 11 anni dette alcuni concerti in Francia e venne considerata una bambina prodigio. Con un decreto del 23 marzo 1843 la duchessa di Parma la nominò arpista della Ducale Orchestra. Fu al servizio del Ducato di Parma fino al 1859, poi rimase al Teatro Regio di Parma fino al 1875. Nel 1876 si trasferì a Modena, dove aveva sposato un certo Eugenio Zoboli, da cui ebbe due figli. Dedicatasi all’insegnamento, fu sempre attorniata da grande ammirazione. Morì a Modena nel 1922.

3.Modena-Via Cecilia Paini-foto di Roberta Pinelli

Gabriella Degli Esposti con il nome di battaglia di Balella partecipò fin dall’inizio alle attività della Resistenza nel modenese, prodigandosi anche per la formazione dei primi Gruppi di Difesa della Donna, nonostante fosse madre di due bambine e incinta del terzo figlio. Coordinatrice della IV Zona partigiana, fu arrestata dalle SS il 13 dicembre 1944 durante un rastrellamento, rifiutò di parlare e fu giustiziata insieme ad altri 9 compagni di prigionia. Prima della fucilazione fu brutalmente torturata. In suo onore fu chiamato “Gabriella Degli Esposti” l’unico distaccamento partigiano formato esclusivamente da donne. Le è stata assegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

4.Modena-Via Gabriella Degli Esposti-foto di Roberta Pinelli

Passarono altri 10 anni prima che comparissero nuove targhe dedicate alle donne; nel 1971 furono intitolate due strade a Gaetana Agnesi e Marie Curie, precedute nel 1966 da una partigiana (Irma Marchiani) e da due dee dell’antichità, Cerere e Igea, e nel 1969 da una straordinaria figura di benefattrice, Marianna Saltini.

5.Modena-Via Gaetana Agnesi-foto di Roberta Pinelli

6.Modena-Via Marie Curie-foto di Roberta Pinelli

7.Modena-Via Irma Marchiani-foto di Roberta Pinelli

8.Modena-Via Marianna Saltini-foto di Roberta Pinelli

Nata a Carpi nel 1889, a 21 anni Marianna Saltini sposò il sarto Arturo Testi, ma rimase vedova a 39 anni con 6 figli. Decise di affidare alcuni dei figli ai parenti e di mandare i più grandi in collegio, per potersi dedicare ad allevare le figlie dei poveri. Da quel momento fu per tutti “Mamma Nina”, da qualcuno definita anche “la matta che aveva abbandonato i figli suoi per quelli degli altri”. Solo nel marzo del 1936 il vescovo approvò, e solo provvisoriamente, la sua opera e il Comune di Carpi le concesse in uso il Palazzo Benassi. Sorella di don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia, Mamma Nina allevò e continuò ad occuparsi di migliaia di bambine povere, insegnando loro un mestiere e togliendole dalla miseria e dai rischi della strada. Fondata a Carpi, ma con sedi in molti comuni della provincia di Modena, ancora oggi l’istituzione benefica da lei creata è attiva e ha mantenuto il nome di “Casa della Divina Provvidenza”.

Nel 1985 fu aperto il processo di beatificazione che nel 1988 dichiarò Mamma Nina “serva di Dio”.

Nel 1982 una parte dell’anello della tangenziale che circonda Modena è stato intitolato al Premio Nobel per la Letteratura Gabriela Mistral, mentre nel 1986 una stradina periferica viene dedicata a una vittima di femminicidio, novella Maria Goretti modenese: Maria Regina Pedena.

 9.Modena-Tangenziale Gabriela Mistral-foto di Roberta Pinelli

10.Modena-Via M.Regina Pedena-foto di Roberta Pinelli

Il 19 luglio 1827, attirata con l’inganno in casa di Eleuterio Malagoli, liutaio, invaghitosi di lei, resistette ai suoi approcci. Infuriato per la resistenza della ragazzina (Regina aveva solo 14 anni), Eleuterio Malagoli l’accoltellò più volte. All’arrivo della polizia Maria Regina Pedena era già morta e il Malagoli tentò il suicidio.

Il 24 luglio 1827 si tennero i solenni funerali della ragazza, cui fece seguito una sorta di devozione, che però svanì ben presto, consentendo che i suoi resti fossero inumati in una fossa comune. Nel 1973, a cura di un comitato promotore del processo di beatificazione, i resti di M.Regina Pèdena furono traslati nel Santuario della Madonna del Murazzo di Modena, dove sono tuttora conservati.

Nel 1990 ecco la targa e la scuola media intitolate a Luisa Guidotti Mistrali.

11.Modena-Via Luisa Guidotti Mistrali-foto di Roberta Pinelli

Luisa Guidotti Mistrali nacque a Parma nel 1932 e nel 1947 si trasferì definitivamente a Modena. Dopo la maturità scientifica, si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Modena, dove si laureò nel 1960, acquisendo poi nel 1962 la specializzazione in Radiologia.

Entrata nell’Associazione Femminile Medico-Missionaria da laica, dopo un periodo di tirocinio religioso fra Modena e Roma, nel 1966 venne destinata alle missioni nella Rhodesia (l’attuale Zimbabwe). Nel 1969 fu assegnata definitivamente all’ospedale “All Souls” di Mutoko nella provincia del Mashonaland Orientale.

A Mutoko in realtà l’ospedale consisteva in alcune capanne di paglia e fango che in pochi anni, sollecitando la generosità degli amici italiani, Luisa riuscì a trasformare in edifici in muratura, aprendo anche una scuola per infermiere e un orfanatrofio. Già nel 1971 l’ospedale era in grado di accogliere annualmente oltre 5.000 ammalati e contava più di 400 nascite all’anno.

Oltre al lavoro nell’ospedale, si recava periodicamente al lebbrosario di Mutema, dove i pazienti erano pressoché abbandonati, e nei villaggi vicini per assisterne i malati.

Nel 1976 venne arrestata dalla polizia con l’accusa di aver curato un ragazzo, presunto guerrigliero, rischiando la condanna a morte per impiccagione. Rilasciata dopo quattro giorni, fu tenuta per due mesi in libertà provvisoria vicino a Salisbury. Venne poi assolta per le forti pressioni esercitate dalla Santa Sede e dal governo italiano. La situazione a seguito della guerra divenne sempre più pericolosa e molti missionari furono costretti ad andarsene dalla Rhodesia. Luisa Guidotti subì delle minacce, ma non volle abbandonare l’ospedale e vi rimase, unica occidentale, insieme alle infermiere africane. Il 6 luglio 1979 con l’ambulanza dovette accompagnare una partoriente a rischio all’ospedale di Nyadiri. Sulla via del ritorno venne fermata ad un posto di blocco dall’esercito governativo. All’improvviso, partirono due raffiche di mitra da entrambi i lati della strada e un proiettile colpì la dottoressa, recidendole l’arteria femorale e provocandone la morte per dissanguamento. Aveva da poco compiuto 47 anni.

Nel 1983 le fu intitolato l’ospedale “All Souls” di Mutoko. Nel 1988 il vescovo di Modena fece traslare i suoi resti nel Duomo e dal 2006 è aperta la causa di canonizzazione.

Nel 1996 ecco un’altra musicista, la soprano modenese Teresina Burchi, e nel 1998 Madre Teresa di Calcutta ed Elsa Morante.

Nel 2011 quattro furono le targhe modenesi dedicate alle donne: Natalia Ginzburg, Sibilla Aleramo, Gina Borellini e Fausta Massolo.

12.Modena-Via Natalia Ginzburg-foto di Roberta Pinelli

13.Modena-Via Sibilla Aleramo-foto di Roberta Pinelli

14.Modena-Via Gina Borellini-foto di Roberta Pinelli

Gina Borellini nacque a San Possidonio, da una famiglia di agricoltori, nel 1924. Si sposò a soli 16 anni con Antichiano Martini, di professione falegname. Insieme al marito, dopo l’8 settembre 1943, partecipò attivamente alla Resistenza come staffetta partigiana e soccorrendo militari sbandati. Nel 1944 furono entrambi catturati, arrestati e torturati. Dopo la fucilazione del marito entrò nella Brigata “Remo”. Il 12 aprile 1945, a seguito di uno scontro a fuoco con i fascisti, venne ferita e perse una gamba.

Nel 1946 fu eletta al consiglio comunale di Concordia e due anni dopo entrò in Parlamento nelle file del Partito Comunista Italiano. Fu Deputata della Repubblica nella I, II e III legislatura e fece parte della Commissione Difesa della Camera.

Fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, presidente dell’UDI di Modena per molti anni e presidente della sezione di Modena dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra dal 1960 al 1990.

È stata insignita del titolo di Commendatore della Repubblica e della medaglia d’Oro al Valor Militare. È morta a Modena nel 2007.

15.Modena-Via Fausta Massolo- foto di Roberta Pinelli

Fausta Massolo nacque ad Arquata Scrivia (AL) nel 1935. Dopo gli studi in Medicina, nel 1966 si trasferì a Modena, dove sarebbe rimasta poi per tutta la vita. Diventata Primaria di Pediatria, nel 1984 fu nominata Direttrice della nuova Divisione di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Modena, da lei fortemente voluta e che avrebbe diretto fino al 1999.

Pioniera non solo nelle cure mediche (fu uno dei primo oncologi pediatrici a sperimentare cure allora pionieristiche), Fausta Massolo sostenne e incoraggiò anche la presenza in ospedale di diverse figure professionali: maestre, insegnanti, psicologi/ghe, che fornissero al bambino ricoverato una accoglienza completa.

Scomparve prematuramente il 7 settembre 1999, amata e rimpianta dai collaboratori, dai pazienti e dalle loro famiglie. Nel maggio 2014, un accordo fra Comune e Provincia di Modena, Associazione Famiglie Malati di Oncoematologia Pediatrica, Policlinico e Azienda Casa Emilia Romagna ha dato il via alla costruzione di una “casa lontano da casa”, una palazzina di 15 appartamenti da destinare ai bambini che necessitano di lunghi periodi di cura e alle loro famiglie: “La casa di Fausta”.

Nel 2013 sono state quattro le targhe femminili aggiunte: Santa Liberata, le tabacchine, dette alla modenese Paltadori, Gaspara Stampa e la partigiana Caterina Zambelli.

16.Modena - Via Caterina Zambelli - foto di Roberta Pinelli

La famiglia Zambelli di Bomporto (MO) partecipò attivamente alla lotta partigiana, nel rifiuto delle requisizioni, nella raccolta di armi e viveri, nelle azioni di disarmo, sabotaggio, distruzione di armi nemiche: il padre Angelo fu partigiano della Brigata Tabacchi, i figli combattenti, le figlie staffette o fiancheggiatrici del movimento della Resistenza. Sette dei tredici membri della famiglia furono uccisi in ritorsioni nemiche: il capofamiglia Angelo, con il genero Bozzali Quinto e il nipote Pellacani Fabio, fu arrestato e fucilato a Navicello di Modena il 9 marzo 1945. Caterina Bavieri Zambelli, moglie di Angelo, che aveva 60 anni, fu arrestata a metà febbraio 1945, condotta all’Accademia Militare e torturata; fu poi liberata, ma assassinata il 27 marzo 1945 insieme alla figlia Iride. Il figlio Floriano fu ucciso in una rappresaglia con altri partigiani nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1945; l’altro figlio Renato arrestato durante il rastrellamento del 17 febbraio, morì sotto le torture nemiche.

 Nel luglio del 2015 è stata infine approvata l’intitolazione di una stradina a Margherita Hack, mentre ancora non si è arrivati a ricordare con un toponimo Rita Levi Montalcini, richiesta presentata fin dal 2013.

Per le vie di Modena si può dunque fare un viaggio nel tempo e nella mentalità che ha contribuito a modificare l’immaginario femminile.

Si può anche scoprire come pure la progredita Modena, dove la presenza e la partecipazione delle donne alla vita pubblica è sempre stata ragguardevole, non si differenzi per niente dalle realtà più restie a dare spazio alla memoria delle donne, nemmeno di coloro che hanno avuto un ruolo nella storia della città.




ITALIA – Il modello toponomastico ravennate: uno strumento di democrazia e parità

Nuove intitolazioni femminili in vista per la città di Ravenna, che fa della toponomastica uno strumento di democrazia e parità. Due aree verdi di Ponte Nuovo saranno infatti dedicate a Domenica Rita Adriana Bertè (1947 – 1995), cantautrice di talento, più nota con il nome di Mia Martini, e a Libera Musiani (1903 – 1987) mosaicista e pittrice che ha partecipato ai restauri dei battisteri e delle basiliche cittadine.

Un tratto della pista ciclabile che costeggia il Pala De Andrè ricorderà le Campionesse di Pallavolo, in omaggio alla squadra che ha lasciato un segno nella storia dello sport ravennate.

Ma la città è da tempo nota per la sua politica toponomastica.

Felici sinergie hanno consentito negli ultimi anni un rapido incremento delle intitolazioni femminili: una Commissione paritaria e sensibile, un regolamento attento alle questioni di genere e un contributo molto attivo della cittadinanza hanno portato a scrivere sulle targhe stradali nomi di donne attive in contesti diversificati.

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Meritano certamente attenzione le intitolazioni a maestre che fecero dell’insegnamento la loro ragione di vita, come Giacomina, Wilma Soprani e Teresita Norreri.

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Non poteva mancare, in centro storico, l’intitolazione a Galla Placidia, principessa imperiale e poi bottino di guerra, moglie di un barbaro e infine reggente dell’impero romano al tramonto.

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Anche Amalasunta, figlia del re ostrogoto Teodorico, sfortunata regina, relegata e uccisa sull’isola Martana, nel lago di Bolsena, ha una sua via.

Diverse aree di circolazione sono dedicate a letterate: Ada Negri, Matilde Serao, Renata Viganò, Elisa Guastalli Ricci e Cordula Poletti, scrittrice ravennate, femminista libera e ribelle, legata a Sibilla Aleramo e a Eleonora Duse.

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A Cornelia Fabri, prima laureata in matematica all’Università di Pisa, studiosa di idraulica, è dedicato un giardino.

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Aree verdi con nomi femminili sono assai frequenti: Ilaria Alpi, Sorelle Mirabal, Elisa Severi, Sophie Scholl, Elga Leoni, Irma Mascanzoni, Sorelle Barbieri, Madri di Plaza de Mayo…

Un parco è dedicato ad Augusta Rasponi del Sale, ricca, nobile e istruita, benefattrice dal forte senso artistico che dedicò all’infanzia la sua vita, il suo talento e il suo patrimonio.

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Le targhe dei giardini ravennati costituiscono un modello interessante, per la ricchezza di particolari che invita alla lettura e diffonde conoscenza.

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E così, al giardino delle Partigiane anche un bambino sa che esse lottarono per una società più giusta e conosce l’operato e l’impegno civile di Iole Fenati Gentile, prima segretaria dell’UDI.

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Si tratta di intitolazioni recenti, che hanno voluto ridurre un pesante gap.

Nel giro di pochi anni le intitolazioni femminili si sono moltiplicate: le rotonde, che hanno creato nuove aree di circolazione in spazi già saturi, portano oggi il nome delle vincitrici dei premi Nobel e delle madri della repubblica.

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