Speciale 8 marzo

Impagine torna online con un numero speciale per l’8 marzo, Giornata internazionale delle Donne.

La rivista, colpita da un hacker, è stata restaurata e ha trovato nell’associazione Toponomastica femminile la partner per questa nuova iniziativa.

Il sito ha dato spazio a  diverse rubriche. Notevoli gli approfondimenti sulla storia delle donne e su questioni a loro legate, che resteranno a corredo del settimanale.

La scelta di insistere sull’universo femminile deriva dall’emergenza di comprendere i frequenti episodi di violenza verificatesi negli ultimi mesi e, in qualche modo, contribuire ad arrestarli. Ma anche dal desiderio di accendere i riflettori sul contributo che nel corso dei secoli le donne hanno dato allo sviluppo della società.

Esigenze molteplici e circostanze favorevoli hanno dunque dato vita a questa nuova veste, che ci auguriamo possa interessare i nostri lettori e le affezionate lettrici.

Buon otto marzo.

 

 

 

 

 




Un gomitolo di solidarietà

C’è una storia vecchia più di cent’anni che ancora oggi srotola un gomitolo di solidarietà femminile.

Era il 25 Marzo 1911 a New York, una giornata di primavera tiepida e soleggiata, quando alle 16,30, finito il massacrante turno di lavoro, più di cinquecento operaie, per lo più giovanissime, si accingevano a ricevere la paga della settimana e pregustavano già il giorno di meritato riposo.

Ad un tratto nell’Asch Building all’ottavo, nono e decimo piano, dove era ubicata la Triangle Shirtwaist Company, fabbrica di camicette alla moda, scoppiò un incendio. E fu l’inferno: fiamme e fumo s’impadronirono di quelle giovani vite che, disperate, tentarono invano la fuga. Le ragazze giravano impazzite come in una macabra giostra, correvano da una finestra all’altra tentando di respirare, portavano i loro manicotti alla bocca per non soffocare. Si udivano grida di disperazione in tante lingue diverse: erano operaie emigrate provenienti dall’Italia, dalla Russia, dall’Ucraina, dalla Romania, dall’Austria, dall’Ungheria…

Alcune restarono impietrite: gli occhi pieni di terrore, le labbra che non riuscivano ad articolare alcun suono. Ferme, aspettarono di diventare cenere. Quelle che si erano accalcate davanti le finestre, quando il fuoco iniziò a lambire le loro lunghe gonne nere, si gettarono nel vuoto. E fu una terribile pioggia di vite che si schiantavano al suolo.

Centoquarantasei vittime di cui centoventinove donne.

Così finì il loro sogno americano, in fumo tante piccole certezze appena conquistate, tanti piccoli agi strappati a forza alla miseria, alla povertà, agli stenti della terra natia.

Così si spense per sempre la loro speranza.

Così finì il coraggio che aveva loro permesso di attraversare l’oceano sfidando pregiudizi, sorte e paure.

Lunghe gonne, camicette bianche e tra i capelli forcine e qualche fermaglio: giovani donne, in alcuni casi bambine, a cui fu rubato tutto. Un furto, un ratto dell’ingordigia umana, della corsa sfrenata verso il profitto a tutti i costi.

Ma il loro sacrificio non fu vano e il filo del gomitolo di solidarietà iniziò a dipanarsi.

Altre donne, combattive e determinate, con le loro lotte riuscirono ad ottenere nuove leggi che migliorarono notevolmente le condizioni lavorative nelle fabbriche.

Rose Schneiderman, emigrata dalla Polonia, era un’attivista sindacale socialista. Parlava agli angoli delle strade, sui palchi, ai microfoni delle radio: il suo scopo era sensibilizzare le donne a una maggiore consapevolezza dei loro diritti come lavoratrici. Le incitava a iscriversi ai sindacati di settore. Dopo l’incendio del 1911 il suo impegno diventò ancora più pressante e suffragette, associazioni di donne, studentesse, in nome di “una sacra solidarietà femminile” si batterono per ottenere leggi migliori.

Anche Francis Perkinson, testimone casuale di quella tragedia, giurò solennemente a se stessa che avrebbe dedicato la sua vita affinché simili tragedie non si verificassero più.  Diventò Segretaria del Lavoro negli USA, sia durante la presidenza Roosevelt che in quella successiva di Truman: prima donna al mondo a ricoprire questa carica. Grazie a lei furono introdotte tutte le leggi che miglioravano il lavoro femminile. Francis è stata per lungo tempo ignorata anche dai libri di storia americana. Per tutta la vita ripeté: “Dopo tutto quello che è successo mi resi conto del valore sacro della vita di un lavoratore, capii come le condizioni precarie della sicurezza potevano uccidere come un fucile”.

Da quel rogo si salvò l’operaia Rose Rosenfeld Freedman che riuscì a salire sul tetto del decimo piano. Rose accusò sempre i proprietari di avere ucciso le sue colleghe. Denunciò che le porte che avrebbero consentito la fuga erano tutte chiuse a chiave. Disse che volevano pagarla affinché, durante il processo, cambiasse la sua versione: lei, indignata e fiera, rifiutò, nessuna ricchezza al mondo avrebbe potuto comprare la sua dignità.

Tante, tante donne per le donne. Per quelle operaie di un secolo fa l’impegno fu grande, per non vanificare la loro atroce morte.

Con il passare dei decenni, pareva che il filo di solidarietà si fosse interrotto, che su quelle sfortunate operaie fosse calato per sempre l’oblio. Invece il caso ha deciso che in Italia iniziasse una ricerca per attribuire alle vittime il loro vero nome, la composizione del loro nucleo familiare, il paese di provenienza. Delle 38 italiane perite oggi si sa con certezza che due erano nate in Basilicata, cinque in Puglia, una in Campania e ben ventiquattro in Sicilia. Quest’isola allora piena di luce e di fame aveva pagato il tributo più alto. Le povere vittime sono rinate dai fogli ingialliti dei registri dell’anagrafe di tanti comuni.

Così tante donne di oggi hanno ripreso in mano il filo di quel vecchio gomitolo. Tante addette ai servizi demografici si sono appassionate alla ricerca. Tante docenti hanno raccontato a studenti e studentesse questo tragico evento. Tante improvvisate attrici, indossando una camicetta bianca le hanno impersonate. Tante giornaliste ne hanno divulgato la storia.

Con tenerezza e affetto migliaia di donne, in ogni angolo d’Italia, le hanno adottate e riconsegnate alla Storia.

Accogliendo la richiesta dell’associazione Toponomastica femminile, oggi molte vie sono state loro intitolate e alcune targhe commemorative renderanno indelebile il loro ricordo.

E quando questo gomitolo di solidarietà si sarà interamente srotolato, resterà, per sempre, scolpito nella pietra, il loro fugace passaggio a memoria e monito.

Così da quel lungo filo è nata una preziosa trama, intrecciata dalle donne.

Donne, da sempre, tessitrici di memorie.




Pillole di storia. Manuale non convenzionale di storia contemporanea

Introduzione

«Questo libro è stato scritto con l’intento di divulgare alcuni fatti che la storia ufficiale, la storia raccontata dai vincitori, nasconde o travisa. So che può risultare sacrilego che un testo di divulgazione parli di economia politica con lo stesso stile di un romanzo di amore o di pirati.»

Con queste parole Eduardo Galeano, intellettuale uruguayano recentemente scomparso, presenta Las venas abiertas de América Latina, il suo saggio più conosciuto. Galeano mi ha tolto le parole di bocca: a qualcuno potrà dare fastidio il mio stile “poco accademico”. Vorrei, tuttavia, che queste letture fossero accessibili a chiunque senta il bisogno di mettere in discussione le storiografie “classiche” e ricostruire un diverso “senso della Storia”, cronologico sì, ma soprattutto concettuale.

È inevitabile prendere posizione rispetto ad alcuni dibattiti e temi su cui la storiografia non concorda. Sebbene in forme diverse, ogni storia è storia di un conflitto, non necessariamente armato o di classe (anche la fiaba di Cappuccetto Rosso narra di uno scontro tra due parti avverse): dunque non credo possa esistere una narrazione “neutrale” e diffido di chi si presenta come tale.

Intendo raccontare in maniera “non convenzionale” ciò che la versione ufficiale della Storia ha sempre distorto o negato. Sarà quindi mia premura reinserire nella Storia quei soggetti che da questa si sono sempre visti cancellati (come le donne, i movimenti politici estranei ai partiti, le popolazioni indigene dei continenti extraeuropei, solo per citare i casi più eclatanti). Altrettanto non convenzionale è la gran parte delle fonti a cui ho scelto di dare fiducia, prevalentemente poco note e spesso di difficile reperimento, che lasciano spazio ai soggetti e alle voci escluse dalla Storia ufficiale. Ad esse affianco opere di autrici e autori di riconosciuta importanza sia in ambito italiano che internazionale.

Consapevole che ogni singolo paragrafo di quanto scritto meriterebbe un intero libro di approfondimento, vi lascio alla lettura di una sintesi breve e ragionata degli ultimi due secoli: pillole di storia, per farsi un’idea di come il mondo sia arrivato alle sue condizioni odierne.

Nel prossimo numero:

Restaurazione e moti rivoluzionari. 1. Il Congresso di Vienna




ITALIA – Trekking urbano per uno stile di vita sano e un rapporto emotivo con la città

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Il trekking urbano è un’attività sportiva facile e divertente, adatta a tutti perchè non richiede particolari attitudini e allenamento. Non c’è niente di meglio che camminare piacevolmente lungo itinerari urbani ricchi di storia e d’arte.

A Verona, per esempio, a due passi dal centro, c’è l’anello delle mura: chilometri di verde e di fortificazioni, torri e cortine merlate medioevali, rondelle cinquecentesche, bastioni veneti e asburgici, porte monumentali.

Il trekking urbano è un modo nuovo di vivere la città, ma anche di fare un turismo meno legato ai circuiti tradizionali. Basta seguire la propria curiosità e scegliere il percorso più adatto.

Il rapporto personale ed emotivo che si instaura tra chi cammina e la città rende il trekking urbano una forma di turismo sostenibile, uno stile di vita sano che aiuta a conoscere meglio i luoghi in cui si abita, adatto a tutta la famiglia.

Partecipare a queste giornate di trekking significa non solo rilassarsi in modo salutare, ma anche appoggiare iniziative per la realizzazione di parchi, la creazione di itinerari, la manutenzione e la pulizia delle aree verdi, la collocazione di tabelle informative, l’organizzazione di gruppi di cammino.

E’ il modo migliore per chiedere, con le giornate senz’auto, una città più vivibile e un’aria più pulita.

Camminare fa bene e fa bene anche alla città!

Segue photoreportage

Rondelle vecchie e nuove: Boccare e Batteria di scarpa (itinerario realizzato da Legambiente e dal Comitato per il verde)

Il gruppo di cammino si è mosso dalla chiesa consacrata alla Madonna del Terraglio, in sostituzione di un’edicola votiva collocata nelle vecchie mura medioevali, i cui resti sono  ancora presenti ai fianchi della chiesa.

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Lungo le mura medioevali soffocate da vegetazione spontanea e costruzioni di epoche successive è possibile individuare rondelle cinquecentesche.

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come quella delle Boccare, rinforzata in epoca asburgica e così chiamata perchè all’interno, sul soffitto,sono presenti tre bocche che servivano per la fuoriuscita della polvere da sparo sprigionata dai cannoni.

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Lungo il perimetro, durante la seconda guerra mondiale, sono stati costruiti dei tunnel per proteggere i feriti e far passare le barelle.

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La parte superiore esterna è stata costruita dagli austriaci ed è oggi lasciata all’incuria e per questo minacciata dalle radici degli alberi e della vegetazione spontanea.

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Seguendo il perimetro delle mura è possibile raggiungere il Pomerio Mura Magistrali, un grande parco dove è facile incontrare scoiattoli e piccoli roditori.

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Sul sentiero, un tempo di guerra, è possibile scorgere anche qualche resto fascista.

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Non mancano le torri scaligere

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a sovrastare il percorso di 3 km che conduce a Batteria di scarpa di San Zeno in Monte, opera dell’architetto Franz von Scholl. La Batteria fa parte delle fortificazioni ottocentesche inserite nel tratto collinare delle mura di Cangrande che ben esemplificano lo stato generale della cinta muraria collinare per i molteplici aspetti tecnici e problematici del progetto conservativo.

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Il Comitato per il verde ha chiesto e ottenuto dal Demanio la concessione dell’edificio, questo ha permesso di poter usufruire di un contributo di 80.000 euro della Fondazione Cassa di Risparmio, che sarà interamente speso per il ripristino della copertura.

Per rendere interamente fruibile la struttura, in modo da consentire un uso della stessa che induca a visitarla e ad ammirarla per la grande qualità costruttiva e per l’ingegnosità delle sue difese, occorre completare il restauro con la sistemazione degli spazi interni (pavimentazione, impianto elettrico, serramenti). Il progetto approvato dalla Soprintendenza, è stato redatto dall’architetto Lino Vittorio Bozzetto, profondo conoscitore e storico delle fortificazioni di Verona.

Con il presente progetto di recupero della batteria di Scarpa il Comitato per il Verde affronta un importante impegno per restituire alla città una delle opere fortificate più originale, nella quale si fondono i talenti tecnici e artistici medioevali dei fortificatori di cangrande I, con il talento del più illustre architetto militare asburgico Franz von Sholl. Una volta completato il restauro la Batteria di Scarpa diventerà la sede del Museo delle fortificazioni e del Centro visite del Parco delle Mura, aperto a tutti gli interessati. Il restauro sarà dedicato alla memoria di Carlo Furlan, scomparso recentemente, che da anni stava lavorando per il recupero del Parco delle Mura.

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