Sulle strade genovesi. Il fascino della storia e il bisogno di realtà

Di Francesca Di Caprio Francia

La toponomastica genovese rappresenta non solo un accumulo di memorie passate, ma anche un’operazione culturale di recupero storico realizzata dalla Giunta Municipale poco dopo l’Unità d’Italia. Determinante fu, in tale circostanza, l’apporto di un erudito, Giuseppe Banchero (1815-1874), che esercitava allora l’incarico di funzionario del catasto (catastaro), i cui ideali patriottici chiariscono molte sue scelte. Lo spirito con cui lo studioso propose le nuove denominazioni, infatti, si basava sul recupero di memorie e glorie municipali, in un’ottica di patria esaltazione e di glorificazione di miti nazionali.

Si spiegano così il gran numero di cognomi di antiche famiglie nobiliari, i nomi delle colonie d’oltremare e delle battaglie vinte dai Genovesi, i molti termini legati alle recenti vicende risorgimentali. Banchero creò dunque quel complesso toponomastico di indubbio fascino che ancor oggi dà l’impressione, a chi lo percorre, di attraversare pagine di storia.

Infine, con la proclamazione della Repubblica, si decise di valorizzare episodi e figure della Resistenza e negli ultimi cinquant’anni si incrementò la serie commemorativa, anche con nomi stranieri, di filosofi, poeti, cantautori… il che talvolta induce a proporre personaggi semi-sconosciuti. Sta di fatto che si è andato via via costruendo un immaginario collettivo abitato solo da uomini e, d’altra parte, a mio parere, è forse meglio così piuttosto di vederlo soffocato da anonimi numeri come in uso nelle città d’oltre oceano. Sono però fiduciosa che le cose, con il tempo e la buona volontà, possano e debbano migliorare. È stato così? 

Passeggiando per Genova ci si accorge subito che le strade intitolate alle donne sono ben poche, anche se rimarco la difficoltà di fare calcoli esatti per vari motivi, quali l’uso di riportare negli elenchi cittadini il cognome privo del nome o con la sola iniziale, collocare lo stesso nome sotto lettere alfabetiche diverse (es. Santa Chiara e Chiara Beata); inoltre i nomi di famiglie patrizie possono riferirsi a diverse persone anche femminili (es. via Brignole De Ferrari ricorda le due benefiche famiglie imparentate con il matrimonio di Maria Brignole Sale e Raffaele De Ferrari), alcune strade sono scomparse o sono nuove oppure mutate nell’intitolazione (l’attuale piazza Giacomo Matteotti già piazza della Signoria, poi piazza Nuova, in seguito Umberto I e infine Ettore Muti), per concludere sorridendo con piazza Battistina Rivara a Rivarolo che è invece intitolata… a un uomo, il fondatore del locale asilo, appunto Battistino Rivara!

Nel libro Genova risorgimentale di Leo Morabito risultano inserite solo una decina di donne, incluse quelle ricordate non per la dedica di una via ma per la casa dove vissero, come Bianca Milesi Mojon con abitazione in via Balbi, o Teresina Schenone con bottega in via XXV Aprile.

Nella recente Guida alla toponomastica risorgimentale curata da Nicolò Bonacasa, l’autore presenta, tra gli oltre cento personaggi elencati ai quali Genova ha dedicato una via o una piazza, solo sei donne (Carolina Benettini, Adelaide Bono Cairoli, Anita Garibaldi, Antonietta Mazzini Massuccone, Giuditta Tavani) mentre Maria Drago Mazzini è ricordata con un busto in bronzo e la dedica di una scuola.

Tre sole tra le tante donne presentate nel mio ultimo libro, risultano elencate in uno Stradario di Genova: Santa Limbania, Santa Caterina Fieschi Adorno e Virginia Centurione Braccelli.

Se si considerano esatti i dati forniti dal Comune di Genova esistono a Genova 3800 strade/vie/piazze ecc. delle quali 1507 intitolate a uomini e 136 a donne con il significativo rapporto del 39% di maschi contro il 3% di donne!

Quaranta risultano dedicate alla Madonna e quarantadue a sante e beate, di preferenza scalinate e salite forse con intento figurativo e simbolico; sarebbe bello che analoga finalità suggerisse anche di ricordare, ad esempio, maestre di vita, educatrici, donne impegnate nel sociale che sicuramente hanno indicato la via a molte generazioni.

Tralascio i numerosi altri esempi di sessismo maschilista nella toponomastica perché mi sembra più utile essere propositiva con possibili iniziative, qualcuna già attuata.

È noto che le storie delle donne sono spesso storie frammentarie, storie dimenticate o addirittura rimosse o cancellate: ebbene, per rompere questo velo che le avvolge, si potrebbero raccogliere biografie femminili che possano ispirare ed essere d’esempio; a tal fine si potrebbe anche proporre un concorso, e non solo per scuole – come già fa l‘associazione Toponomastica femminile con il concorso didattico Sulle vie della parità, patrocinato da istituzioni nazionali e giunto ormai alla sua sesta edizione – mirato a individuare e proporre nuovi nomi.

Incontri, conferenze attive, gruppetti di lavoro potrebbero svegliare da una sonnacchiosa indifferenza tante donne facendo loro conoscere, o presentando loro stesse, azioni e opere di semplici donne benemerite, frutto di fatica, ingegno, talento, solidarietà: esse propongono un nuovo modo di stare insieme, un modo che tenga conto della diversità femminile e delle proprie attitudini.

Al Convegno nazionale, indetto annualmente da “Toponomastica femminile”, si potrebbe aggiungerne un incontro a carattere regionale o locale; mostre fotografiche, anche itineranti, sul lavoro delle donne nel passato e nel presente; un premio che valorizzi la loro creatività espressa attraverso la rete lodando accuratezza e approfondimento dell’informazione; dopo Roma, Terni, Palermo, Versilia, Pistoia, Albano Laziale, Valdinievole (già realizzati direttamente dalle associate a Toponomastica femminile o con un loro diretto contributo),  nuovi itinerari lungo i luoghi che mantengono ricordi e tracce di donne protagoniste (il nostro centro storico con i suoi immediati dintorni ne è particolarmente ricco); dialogo aperto con le Amministrazioni per proporre e sostenere nuove intitolazioni… Queste e tante altre iniziative di toponomastica femminile possono essere proposte poiché in continuo divenire in quanto si arricchiscono di volta in volta con ulteriori progetti, suggerimenti, spunti, collegamenti, tenendo ben presente che la quantità non vada a scapito della qualità. E non si venga a dire che non ci sono donne genovesi, di ieri o di oggi, cui dedicare una via, una piazza o comunque un luogo che rappresenti il loro ricordo: maliziosamente posso far presente che i libri, come il presente, ci sono anche per questo…




ITALIA – Tra il sacro e il profano: la toponomastica femminile di Padova

di Nadia Cario

La quasi totale assenza dei nomi femminili dalle intitolazioni di strade, monumenti, busti e statue crea un vuoto di riferimenti nell’immaginario collettivo: ben poche donne hanno superato l’invisibilità e l’oblio assurgendo a protagoniste di una strada, a Padova, come in gran parte delle nostre città.

Questo itinerario si snoda lungo le vie del centro padovano con il proposito di far conoscere alcuni vissuti di donne illustri ricordate nella toponomastica locale e di sante, che non possono mancare in una città storicamente legata al papato e con una forte presenza di chiese e conventi.

Punto di partenza è il passaggio pedonale che collega piazza Insurrezione a via San Fermo intitolato ad Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (Venezia 1646–Padova 1684), la prima donna laureata.

Era il 1678. Quando a Padova e a Venezia si sparse la notizia che la sua domanda di laurea era stata accolta, la curiosità andò alle stelle tanto che la discussione dei puncta, il 25 giugno alle 9 del mattino, venne spostata nella Cappella della Beata Vergine del vicino Duomo data la grande affluenza di presenti. Elena Cornaro discusse le sue tesi con tale perizia che, tralasciata la votazione segreta di rito, fu laureata per acclamazione tra l’entusiasmo generale.

Sarebbero trascorsi altri 50 anni prima che un’altra donna, Laura Bassi, potesse vedersi riconoscere lo stesso privilegio a Bologna, e ancora un altro mezzo secolo per l’Università di Pavia, dove nel 1777 si laureò Maria Amoretti.

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Foto 1 Passaggio Cornaro Piscopia            

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Foto 2 Busto nella navata centrale della Basilica del Santo

 

Nelle immediate vicinanze, incastonata nel muro di una casa medievale, c’è incisa la scritta via Gigantessa che ricorda l’antico nome della via derivante dalla presenza di una grande statua di donna posta sul pilastro all’entrata di un’abitazione, ora non più presente.

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Foto 3 Via Gigantessa

 

Percorrendo via San Fermo in direzione sud-est, superata la casa comunale di Palazzo Moroni, si incontra il Bo, sede dell’Università di Padova: ai piedi della scalinata che dal piano terra dell’antico cortile porta alle prestigiose aule del piano superiore, ecco la statua di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia donata da Caterina Dolfin nel 1772.

Attraversato il cortile nuovo di Giurisprudenza, ristrutturato tra il 1939 e il 1945, si entra in via San Francesco.

In direzione est, alla terza traversa a sinistra, il vicolo santa Margherita prende il nome dalla chiesetta omonima. L’odonimo era già presente nel 1275 col nome di contrada. Margherita, martire cristiana, nata nel III secolo ad Antiochia in Siria, venne decapitata all’età di 15 anni, nel 305: è considerata la patrona dei contadini e invocata dalle partorienti.

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Foto 4 Targa Vicolo Santa Margherita

 

Di fronte alla chiesetta c’è l’edificio che un tempo era l’ospedale di San Francesco Grande, fortemente voluto da Sibilla de Cetto (1350 circa–1421) e da lei fatto realizzare sulle sue proprietà immobiliari. Pose la prima pietra il 29 ottobre 1414: per la gestione volle intorno a sé un gruppo di sole donne. Qui si svolsero “…quattro secoli di assistenza e cura (1414-1798)”, qui nacque la clinica, la cura accanto al malato.

In questo complesso monumentale da poco restaurato il 5 giugno 2015 è stato inaugurato il Museo di Storia della Medicina, visitabile.

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Foto 5 Ex sede dell’ospedale San Francesco Grande ora sede del MUSME.

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Foto 6 S. de Cetto nell’atto di donare l’ospedale di San Francesco – Dipinto di Dario Varotari, 1579

 

Ripercorsa via S. Francesco brevemente a ritroso e imboccata sulla sinistra la via del Santo, i nostri piedi passano dal porfido quadrato ai ciottoli tondi levigati entrando nella via della poeta e suonatrice Gaspara Stampa (Padova 1523-Venezia 1554). Dotata di una buona educazione letteraria e artistica, intellettualmente vivace e ottima conversatrice, ospitava un salotto letterario nella sua casa di Venezia, con la sorella e la madre. Un suo busto, unica presenza femminile, è eccezionalmente presente in un gruppo scultoreo nelle vicinanze, in Prato della Valle,.

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Foto 7 Via Gaspara Stampa        

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Foto 8 Busto di Gaspara Stampa in Prato della Valle

Dal Prato della Valle attraverso un breve percorso per le antiche strade s’incontra via Isabella Andreini Canali (Padova 1562-Lione 1604): letterata, scrittrice, rimatrice e attrice. Isabella è stata un’artista conosciuta e apprezzata a livello europeo, girando con la Compagnia dei Gelosi. Venne ammessa, cosa molto rara per una donna, all’Accademia degli Intenti di Pavia con il nome L’Accesa.

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Foto 9 Via Isabella Andreini

Imboccata la prima strada a destra ci si imbatte nell’intellettuale-filosofa-geologa Stefania Etzerod Omboni (Londra 1839–Padova 1917). Nata da madre inglese e padre tedesco, educata in Belgio e vissuta in Russia, giunse a Padova nel 1870 per studiare filosofia e geologia e vi si stabilì. Carattere laico e improntato all’agire sociale per migliorare la qualità della vita, considerava fondamentale cogliere le evoluzioni e i cambiamenti di pensiero circa il concetto di educazione dei fanciulli e della donna. Fondò e collaborò alla nascita di parecchi istituti fondamentali per questo scopo come l’istituto per l’infanzia abbandonata, l’asilo per donne sole, la scuola professionale femminile, l’unione morale, l’ufficio di assistenza, l’università popolare, l’associazione padovana contro l’accattonaggio, la cucina economica. Collaborò inoltre con testate giornalistiche di emancipazione femminile.

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Foto 10 Targa Via Stefania Omboni

Proseguendo per via Barbarigo, la seconda strada a sinistra è dedicata a santa Rosa, un tempo contrada. In questo luogo esisteva un convento di monache domenicane trasferitesi nel 1666.

Santa Rosa in vita era Isabella Flores de Oliva (Lima Perù 1586–1617). Figlia di una nobile famiglia caduta in rovina, a vent’anni prese come modello di vita santa Caterina da Siena. Allestì così nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini e agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india.

Padova, via S. Rosa - Cario N.

Foto 11 Via S. Rosa

Si imbocca via Bomporti – prima strada a destra – e si attraversa via Vescovado per poi continuare per via Dietro Duomo. Oltrepassata via dei Tadi, si arriva in via Accademia: all’angolo con piazza Capitaniato sul muro sopra all’aula studio universitaria una targa omaggia la città di Padova riproducendo un brano tratto da “La bisbetica domata” di Shakespeare ambientata proprio qui:

… per il grande desiderio che avevo di vedere la bella Padova, culla delle arti, sono arrivato…

Ed a Padova son venuto, come chi lascia uno stagno per tuffarsi nel mare, ed a sazietà cerca di placare la sua sete.

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Foto 12 Targa con iscrizione da “La bisbetica domata”

 

Lasciato alle nostre spalle l’elogio del drammaturgo continuiamo per via Dondi dall’Orologio per raggiungere l’ultima tappa di questo percorso: la piazzetta che si apre alla fine della via antistante il teatro Verdi è dedicata a Lucia Valentini Terrani (Padova 1946–Seattle 1998), cantante lirica. Diplomatasi al Conservatorio, vinse nel 1972 il concorso internazionale “Voci rossiniane” cominciando così a farsi conoscere dal grande pubblico. Il successo alla Scala nel 1973 con la Cenerentola di Gioacchino Rossini la lanciò nella scena internazionale.

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Foto 13 Piazzetta Lucia Valentini Terrani

 




ITALIA – Napoli, nuova frontiera delle intitolazioni al femminile

di Giuliana Cacciapuoti

Riequilibrare e rendere visibile il talento delle donne nelle strade della città, quale atto duraturo e non effimero, è stato il primo obiettivo del nuovo innovativo “Regolamento per la toponomastica cittadina” di Napoli.

Se occorre essere nominate per essere ricordate, Napoli, città femminile per eccellenza nell’immaginario collettivo, ha cominciato, a partire dalla Regolamentazione odonomastica rivisitata in chiave di genere, a colmare il divario tra intitolazioni al maschile e al femminile presenti in ogni città.

Intitolare a donne memorabili sempre più strade, con un criterio generale condiviso dalla Commissione per la Toponomastica cittadina presieduta dal Sindaco, che considera la toponomastica un veicolo identitario della città, è stato un primo significativo esordio della nuova Commissione. Importante è stato introdurre, nelle valutazioni per la scelta di intitolazioni, il punto di vista di una toponomastica femminile, attraverso figure di donne “notevoli” e non solo donne “vittime”.

Lo sguardo di genere ha prodotto e sostenuto alcuni cambiamenti importanti, come rivedere l’odonomastica cittadina favorendo la partecipazione al procedimento amministrativo dell’intera cittadinanza, enti gruppi e associazioni. Con la promozione nel settore scolastico di concorsi d’idee, classi intere si sono confrontate sulle scelte dei nomi di donne da assegnare alle strade cittadine. Si sono poi applicati nell’assegnazione degli odonimi al femminile criteri quali intitolare strade prima a napoletane illustri, poi a italiane o straniere che avessero avuto un rapporto privilegiato con la città, e infine dedicare spazi a donne di cultura scientifica o letteraria nelle vicinanze di istituti scolastici, facoltà universitarie e luoghi di formazione. A oggi sono 44 i nuovi luoghi, tra strade giardini, belvederi, scuole e auditori dedicati a donne con un ruolo rilevante nella storia politica scientifica artistica letteraria di Napoli.

In molte città la maggioranza delle strade dedicate alle donne si trova in periferia. Non è proprio così a Napoli: delle 278 targhe che recano nomi di donne, molte sono nel centralissimo quartiere di Chiaia San Ferdinando.

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Vannella Gaetani, principessa filo angioina che mise in salvo i suoi cinque figli al tempo della Congiura dei Baroni (1485-1487) portandoli fuori dal regno con grande sagacia, fuggì, sotto il naso di Ferrante d’Aragona, nella confusione della festa di Piedigrotta dal molo di Mergellina.

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Foto di Mauro Zennaro

Via Partenope, venerata come dea protettrice e mitica fondatrice della città, si trova a pochi passi dal Lungomare Caracciolo e dalla spiaggetta del Castel dell’Ovo su cui si adagiò il corpo ferito della leggendaria sirena.

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Foto di Maria Pia Ercolini

Non lontano s’incontra Largo Principessa Rosina Pignatelli (m. Napoli 1955) che, prima di morire, donò allo Stato italiano la sua villa, oggi sede museale.

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Foto di Giuliana Cacciapuoti

Proprio dove c’era la redazione del suo giornale e dove si espresse la sua penna autorevole in cronache politiche e di costume, c’è Piazzetta Matilde Serao (Patrasso 1856 – Napoli 1927), la prima donna in Italia a fondare e dirigere un giornale.

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Foto di Luciana Sarnataro

Le strade della collina del Vomero sono dedicate all’Arte, una strada è intitolata alla pittrice ritrattista di origine svizzera Angelica Kauffman (Coira 1741 – Roma 1807).

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Foto di Maria Rosaria Di Segni

Il ponte della Sanità, che sovrasta uno dei più antichi rioni della città, è stato dedicato all’eroina delle Quattro giornate di Napoli, la partigiana Lenuccia, o meglio Maddalena Cerasuolo (Napoli 1920- Napoli 1999).

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Giuseppina Guacci Nobile ricorda la dantista e mazziniana (Napoli 1807-Napoli 1848), poeta napoletana e patriota del Risorgimento che sosteneva anche con la sua poesia. Nella sua casa di Capodimonte ospitava incontri con i liberali e fu attiva nel circolo politico delle poete Sebezie.

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Foto di Rita Ambrosino

Il quartiere di Ponticelli che ha avuto un’espansione urbanistica notevolissima e dunque molte nuove strade da dedicare, ospita in particolare nomi di artiste, attrici, cantanti e donne del cinema. Via Elvira Notari (Salerno 1875 – Cava de’ Tirreni 1946), prima italiana regista prima autrice cinematografica tra le più prolifiche e titolare della sua casa di produzione la Dora Film; adiacente alla sua la via Marylin Monroe (Los Angeles 1926-Brentwood L.A. 1962).

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Foto di Rita Ambrosino

Tanto forte è l’intento di rendere omaggio a figure dell’arte dello spettacolo che quasi non ci si rende conto del fatto che, in realtà, la strada dedicata a Filumena Marturano, è rivolta alla protagonista dell’opera di De Filippo (1946), una figura immaginaria, archetipo di donna concreta e reale, protagonista della scena di Napoli.

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Foto di Rita Ambrosino

Sempre nel quartiere di Ponticelli, via Vera Lombardi (1904-Napoli 1995), è dedicata all’educatrice antifascista e socialista, animatrice indimenticata e presidente dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza che, dopo la sua morte, le è stato intitolato.

Giuliana Cacciapuoti

Arabista, docente esperta di cultura arabo islamica. Coordina progetti nel campo delle attività di relazione culturale e di genere, relazioni euro/mediterranee, nuove tecnologie per donne, migranti, fasce deboli, con le Istituzioni pubbliche e/o privato sociale. S’impegna a fornire al pubblico non musulmano uno sguardo imparziale vario e approfondito del Nord Africa e del Medio e Vicino Oriente. Nel 2014 ha fondato GCCK “connecting knowledge” formazioni informazioni e consulenze mondo arabo islamico. E’ componente della Commissione consultiva per la Toponomastica del Comune di Napoli.




ITALIA – Genova e le sue donne

Di Rossella Sommariva

Anche a Genova, come nel resto d’Italia, la percentuale delle strade femminili non supera il 4% del totale: ogni 100 strade dedicate a uomini, soltanto 9 ricordano protagoniste dell’altra metà del cielo.

Nel centro storico, medievale, quando un vicolo, una piazza, una salita porta un nome femminile, è quello di una santa o beata o madonna o genericamente è un toponimo legato a tradizioni locali (lavandaie, fate…).

Nelle zone più nobili della città, sviluppatesi dal XVI al XIX secolo, accanto alle sante, ecco comparire benefattrici che hanno dedicato la loro vita a opere di carità, abbandonando anche i palazzi nobiliari, o fondatrici di ordini religiosi. In aree più periferiche si ricordano madri o sorelle di personaggi illustri e donne che hanno partecipato, con la propria famiglia, ai moti risorgimentali.

Per trovare intitolazioni riferite ad artiste, scrittrici e donne d’epoca moderna dobbiamo allontanarci dal cuore cittadino e raggiungere la periferia: è qui che Sofonisba Anguissola (pittrice), Sibilla Mertens (archeologa), Eleonora Duse, Adelaide Ristori, Lina Volonghi (attrici) e, più recentemente, partigiane e pioniere dei diritti onorano della loro presenza odonomastica angoli di strade per lo più nascoste.

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Foto: Rossella Sommaria

Tea Benedetti (Genova 1930-2000). ”Zia Tea”, come la chiamavano i volontari del soccorso, fu prima staffetta partigiana, poi sindacalista, assessora del Comune di Genova, fondatrice del “Movimento delle Pubbliche Assistenze” in Liguria e dell’Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze in Italia. Ha impiegato tutta la sua energia al servizio del volontariato.

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Foto: Rossella Sommaria

Donne della Resistenza. Il 13 settembre 2013, a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, su proposta del Municipio Media Val Bisogno, la giunta comunale, come riconoscimento al contributo offerto dalle donne alla Resistenza, intitola loro una strada compresa tra via Emilia e via Piacenza .

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Foto: Rossella Sommaria

Eleonora Duse (Vigevano 1858-Pittsburgh 1924), fu una delle più importanti attrici teatrali italiane a cavallo dei due secoli, simbolo indiscusso del teatro moderno. Crebbe nella compagnia girovaga dei genitori. Da adulta si impose con una recitazione di forte impatto emotivo e visivo, affrontò i temi più spinosi della società perbenista e ipocrita dell’epoca.

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Foto: Rossella Sommaria

Felicita Noli. Nata nel 1906, fucilata nell’agosto del ’44, medaglia di bronzo al valore militare alla memoria. ’Alice’, coraggiosa partigiana genovese, attiva collaboratrice dei Gruppi di Difesa della Donna, in più occasioni mostrò con tenacia e coraggio le sue idee affrontando il nemico in modo spavaldo. Fu fucilata per rappresaglia.

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Foto: Rossella Sommaria

Sibilla Mertens Schaaffhausen (Colonia 1797-Roma 1857), archeologa. Benché sposi il banchiere Mertens e con lui abbia sei figli, il suo grande amore fu la marchesa genovese Laurina Spinola. Musicista di talento, specialista riconosciuta di numismatica, fu proprietaria di una delle più importanti collezioni di monete in Germania.

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Foto: Rossella Sommariva

Sofonisba Anguissola (1535-1625), piacentina di nascita, fu una fra le maggiori esponenti della pittura rinascimentale europea al femminile, cresciuta nello studio di Bernardino Campi, ritrattista, esponente dell’arte manierista, fu la prima donna ad andare a “bottega”.

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Foto: Rossella Sommaria

Donne di Teheran. Il 21 luglio 2010, in presenza del Nobel per la pace 2003, Shirin Ebadi, viene inaugurata la Rotonda genovese dedicata a queste donne, come segnale di solidarietà nei confronti delle donne che in Iran ed in tutto il mondo lottano per la libertà, contro la negazione dei diritti.

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Foto: Rossella Sommaria

Stefanina Moro. Nata nel novembre del 1927, morì a 16 anni dopo essere stata barbaramente torturata. Faceva parte dei gruppi di collegamento tra le varie formazioni partigiane e dopo un arresto, portata alla Casa dello Studente, non volle svelare il nome dei compagni e, ridotta allo stremo delle forze, morì poco dopo in ospedale.

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Foto: Rossella Sommaria

Lina Volonghi (Genova 1914-Milano 1991), nata nello storico quartiere di Sturla, dove le è stato intitolato uno spazio, fu una promessa del nuoto italiano che lasciò per amore del teatro. Fu, a lungo, attrice stabile del teatro Duse e tenne corsi di recitazione per giovani attori. Attiva anche al cinema, alla radio e alla televisione.

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Foto: Rossella Sommaria

Adelaide Ristori (Cividale 1822-Roma 1906) attrice tragica, compì spesso azioni di propaganda a favore dell’Italia, ancora sotto il dominio asburgico e borbonico, nei teatri dove si esibiva. Acclamatissima dal pubblico e lodata per il suo spirito patriottico, è stata l’attrice più famosa e influente dell’Ottocento.