Thomas Ott: l’umanità che emerge dal nero

Figura assolutamente eclettica e impegnata in campi d’azione diversi, Thomas Ott è noto per lo più come illustratore e in particolare come fumettista.

Svizzero, classe 1966, inizia a farsi conoscere, giovanissimo, già dagli anni Ottanta collaborando a una rivista underground di Zurigo (Strapazin). 

Partendo da tecniche quali l’inchiostro di china e l’incisione a puntasecca, Ott si avvicina presto a quello che diventerà (e rimarrà) il suo “modus operandi” prediletto: lo scratchboard, che in italiano è chiamato da alcuni “sgraffito”. 

Si parte dal ricoprire totalmente un foglio di carta con dell’inchiostro nero, dopodiché si gratta via con un pennino o una punta, facendo emergere il disegno.

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Si tratta di una tecnica pesante da utilizzare, in quanto richiede molto più tempo per poter lavorare sui dettagli di quanto invece richiederebbe la realizzazione a partire dal “positivo”: il punto di partenza è infatti sempre il nero su cui si va a incidere la luce. 

Con incredibile maestria, Ott gratta via moltissimi segni, sottilissime linee bianche attraverso cui riesce a creare sfumature e definire nel minimo particolare i dettagli e le espressioni dei personaggi, senza mai perdersi nel nero, che comunque fa sempre da padrone.

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Lo stesso artista ha affermato più volte che la difficoltà (e anche la bellezza) di questa tecnica sta proprio nell’imparare a usare il nero, a calibrarlo senza esserne sopraffatti, imparare a capirlo.

L’effetto è sicuramente potente e mostra chiaramente i riferimenti ai maestri  dell’Espressionismo tedesco (sebbene manchi l’uso del colore).

Le atmosfere sono invece un chiaro richiamo ai film noir e dell’orrore, a cui lo stile così complesso si abbina perfettamente. Vizi, violenze, deliri, perversioni, paure, morte: l’umanità che viene presentata è espressione di una realtà terribile e terrificante. 

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I suoi personaggi sono sempre psicologicamente complessi, disturbati e disturbanti, e attingono pienamente da un immaginario crudo e violento. 

Le storie di Ott diventano quindi dei brevi racconti dell’orrore, ricchi di suspence, che turbano e stordiscono chi legge, narrati in una quasi totale assenza di parole, ma solo attraverso vignette che emergono dal nero con spettacolari tagli e inquadrature cinematografiche.

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Sembrerebbe un lavoro cinico, distaccato, ma in realtà l’intento dell’artista, come lui stesso ha dichiarato, è ben diverso. 

L’idea di fondo è infatti liberarsi dalle paure che lo attanagliano normalmente, esorcizzarle, trasferirle sulla carta per non tenerle dentro di sé. 

Attraverso il suo lavoro, Thomas Ott esprime la volontà di mostrare nel modo più brutale possibile il lato più oscuro delle cose, tutta una parte di realtà di cui nessuno vuole parlare, per poterla accettare e così, in qualche modo, aprirsi al mondo e alla vita.