EUROPA – Agenzia Ue Ambiente: “467.000 morti l’anno per inquinamento”

Votata a Strasburgo la direttiva che introduce nuovi limiti alle emissioni inquinanti per il periodo 2020-2030. Lo studio presenta una panoramica aggiornata e l’analisi della qualità dell’aria in Europa per il periodo 2000-2014 sulla base di dati provenienti da stazioni di monitoraggio ufficiali, tra cui più di 400 città in tutta Europa. Risulta che nel 2014 circa l’85% della popolazione urbana nell’UE è stata esposta a particolato fine (PM2.5) a livelli ritenuti dannosi per la salute dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Nonostante la qualità dell’aria in Europa stia migliorando, l’inquinamento atmosferico resta il principale fattore ambientale di rischio per la salute umana, abbassa la qualità della vita ed è la causa stimata di 467mila morti premature l’anno in tutto il continente. Sono i dati del Rapporto “Qualità dell’aria in Europa 2016” pubblicato stamattina dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea).

“E’ chiaro che i governi locali e regionali svolgono un ruolo centrale nella ricerca di soluzioni” al problema, ha commentato il commissario europeo all’ambiente Karmenu Vella, auspicando per oggi un voto positivo del Parlamento europeo sui nuovi tetti alle emissioni inquinanti (Nec). Il commissario ha accennato alla necessità di “aiutare i diversi livelli di governo a lavorare meglio insieme” alludendo al fatto che a volte le istituzioni locali hanno strategie più ambiziose dei governi in tema di riduzione delle emissioni.

Imporre limiti più bassi ai principali inquinanti per abbassarne entro il 2030 la quantità nell’atmosfera sotto i livelli del 2005 è l’obiettivo di una direttiva approvata dal Parlamento europeo in seduta plenaria per ridurre l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute di circa il 50%. Le particelle incriminate vanno dal biossido di zolfo, causa delle piogge acide, al particolato che può causare malattie respiratorie e cardiovascolari. Nella normativa, approvata con 499 voti a favore, 177 contrari e 28 astensioni, si stabiliscono i nuovi limiti nazionali per ridurre le emissioni di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), ammoniaca (NH3) e particolato fine (inferiore a un diametro di 2,5 micrometri). I tetti erano gia’ stati concordati informalmente con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Ue.




UK – Britain exit? Perchè il referendum

Tra due mesi si terrà nel Regno Unito un importante referendum per decidere se il paese debba rimanere nell’Unione Europea o lasciarla, tema che è stato chiamato “Brexit” (“Britain exit”): e questo nome sarà sempre più presente nelle cronache e nei dibattiti da qui ad allora. La votazione, che si terrà giovedì 23 giugno, è molto attesa perché potrebbe condizionare non solo il futuro del Regno Unito ma anche quello dell’intera Unione e i suoi rapporti diplomatici internazionali. Da mesi comitati e partiti britannici fanno campagna a favore o contro l’uscita dall’UE ed è previsto che nelle prossime settimane il confronto si faccia più intenso, con il primo ministro conservatore David Cameron impegnato a convincere la popolazione a votare contro l’uscita. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è da oggi in visita a Londra ufficialmente per festeggiare i 90 anni della regina Elisabetta II, ma ha già fatto diverse dichiarazioni invitando esplicitamente il Regno Unito a votare per confermare la sua presenza nell’Unione Europea.
Perché si fa un referendum
Durante la campagna elettorale del 2015, Cameron promise che se fosse stato rieletto avrebbe organizzato un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’UE, accogliendo le richieste presentate da diversi suoi colleghi di partito e da quello per l’indipendenza del Regno Unito (UKIP) di Nigel Farage, secondo i quali era tempo di organizzare una nuova consultazione, considerato che l’ultima risaliva al 1975 e che da allora molte cose sono cambiate in Europa. Cameron disse che avrebbe fatto campagna a favore dell’uscita se le autorità europee non avessero accolto le sue richieste su vari temi di politica estera ed economica. Dopo la sua elezione, i leader dell’Unione sono stati al gioco e hanno concesso buona parte delle richieste formulate da Cameron, che quindi ora è un convinto sostenitore della necessità di rimanere all’interno dell’UE.
L’accordo tra UK e UE
• Sussidi: Cameron aveva chiesto che fosse interrotta la pratica prevista dalle leggi europee che consente ai migranti con figli di inviare i soldi dei sussidi ricevuti nel loro paese di origine, ma la proposta è stata respinta e si è trovato un compromesso per cui l’entità dei sussidi sarà basata sul costo della vita nel paese natale del migrante e non su quello nel Regno Unito.
• Euro: Cameron ha riconfermato che il suo paese non si unirà al gruppo di nazioni che usano l’euro e ha ottenuto rassicurazioni e impegni sul fatto che questo non comporti una discriminazione da parte degli altri stati che fanno parte della moneta unica. Inoltre, il denaro messo dal Regno Unito nei fondi per salvare gli stati in difficoltà economiche dovrà essere rimborsato, se utilizzato.
• Politica estera: È stato formalizzato che il Regno Unito non fa parte dell’impegno per collaborare a “un’Unione sempre più stretta” come previsto nei trattati europei. Cameron ha anche ottenuto un nuovo meccanismo per consentire agli stati contrari a un nuovo regolamento di intervenire per bloccarlo, a patto che ci sia il 55 per cento dei parlamenti nazionali contro le nuove norme. Il meccanismo non è molto chiaro e secondo diversi osservatori sarà difficile, se non impossibile, metterlo veramente in pratica.
• Migranti: è stato concordato che i migranti che si trasferiscono per cercare lavoro nel Regno Unito accederanno più gradualmente ai sussidi e con modulazioni, ancora da definire, per ridurre il loro impatto sui conti pubblici.
Cameron ha detto che l’accordo soddisfa buona parte delle richieste formulate dal suo governo, di conseguenza si è schierato a favore della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. In realtà, diversi osservatori ritengono che il governo conservatore abbia ottenuto ben poco dalle autorità europee e che molte delle richieste non siano state soddisfatte.
Cosa dice il quesito
“Il Regno Unito deve restare nell’Unione Europea o deve lasciare l’Unione Europea?”
Che succede se vince la Brexit
Il referendum non ha quorum è di tipo consultivo e non è legalmente vincolante. In linea del tutto teorica, se vincesse la Brexit, il Parlamento potrebbe quindi intervenire per approvare una legge che impedisca l’uscita dall’Unione Europea, ma andare contro la volontà degli elettori sarebbe un suicidio politico. Per uscire dall’UE, il Regno Unito dovrà ridiscutere tutti i trattati e concordare le condizioni per il suo ritiro, processo che richiederà come minimo un paio di anni di lavoro. In questo periodo di tempo, il Regno Unito sarà formalmente parte dell’UE, ma non potrà partecipare alla creazione di nuove regole e leggi in ambito europeo.
Chi vuole che il Regno Unito resti nell’UE
Come abbiamo visto Cameron è a favore della permanenza nell’Unione Europea e la maggioranza dei ministri del suo governo è con lui. Il Partito Conservatore ufficialmente si è dichiarato neutrale sul tema, lasciando libertà di voto ai suoi elettori. Il Partito Laburista, il Partito Nazionale Scozzese, il Partito del Galles e i Liberal Democratici stanno facendo attivamente campagna contro la Brexit. A loro si sono aggiunti molti leader europei, come il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese François Hollande, e capi di governo del mondo come di recente Obama. Dicono che i benefici della permanenza nell’UE superano di gran lunga gli svantaggi, di cui si fa del resto carico ogni stato membro, e tra questi ci sono: la possibilità di esportare con più facilità le merci, quella di avere più facilmente lavoratori qualificati e che contribuiscono a mantenere lo stato sociale, tramite il pagamento delle imposte, e di coordinare meglio le politiche di sicurezza nazionale integrandole con quelle degli altri stati.

Chi vuole che il Regno Unito lasci l’UE
Lo UKIP è il partito che sostiene più di tutti la necessità di uscire dall’Unione Europea, e fece già campagna su questo tema alle elezioni politiche dello scorso anno. È stato fondato nel 1993, ma ha ottenuto il suo primo seggio nel Parlamento britannico solamente dopo le elezioni politiche dello scorso anno, quando ha ottenuto il 12,6 per cento dei voti, mentre era andato molto bene alle elezioni Europee del 2014, quando risultò primo partito con il 27,5 per cento dei voti. L’obiettivo dichiarato dello UKIP è il ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea, ma ce ne sono altri legati a fermare l’immigrazione, anche con soluzioni drastiche che hanno portato diversi osservatori a definire il partito di Farage xenofobo, populista e di estrema destra.
Il Partito Conservatore è diviso al suo interno, con circa metà dei parlamentari e cinque ministri del governo favorevoli all’uscita; ci sono anche alcuni esponenti politici del Labour e del Partito Unionista Democratico. Anche il sindaco conservatore di Londra, Boris Johnson, è a favore dell’uscita dalla UE. Con sfumature diverse, dicono che l’UE impone il suo controllo sulle politiche del paese e chiede ogni anno miliardi di sterline, dando indietro poco o niente, sono inoltre contrari alla libera circolazione delle persone e vogliono ridurre il flusso di migranti in cerca di lavoro.

Chi ha ragione
È difficile dirlo e i commenti di osservatori politici ed esperti sono inevitabilmente divisi, tra chi vuole o non vuole la Brexit. Chi crede nelle potenzialità di un’Europa unita è convinto che tutto debba restare così com’è, anche se negli ultimi decenni non ci sono stati molti progressi verso una vera unione politica. Chi ha fiducia nella condizione di privilegio e potere politico ed economico del Regno Unito sostiene da sempre che questa venga limitata dall’appartenenza all’Unione Europea. In quest’ottica è comunque indubbio che senza il Regno Unito il progetto di unificazione perderebbe parte della sua credibilità. Molti analisti ritengono inoltre che dal punto di vista economico l’uscita dall’Unione Europea potrebbe avere serie ripercussioni sulla sterlina, complicando i rapporti commerciali del paese.
Come sta andando la campagna
Ci sono due campagne elettorali ufficiali, una a favore dell’uscita che si chiama “Vote Leave” e una contro che si chiama “Britain Stronger in Europe”, che possono spendere un massimo di 7 milioni di sterline ciascuna per fare propaganda. A queste si possono aggiungere altri comitati spontanei, che però non potranno spendere più di 700mila sterline ciascuno e devono registrarsi presso la Commissione elettorale, i comitati non registrati hanno la possibilità di spendere solo fino a 10mila sterline. I partiti possono fare campagna elettorale, ma anche per loro ci sono limiti di spesa stabiliti in base alla percentuale dei voti ricevuti alle ultime elezioni politiche. Ufficialmente, la campagna elettorale è iniziata il 15 aprile scorso.
Cosa dicono i sondaggi
Secondo i sondaggi più recenti, ottenuti aggregando consultazioni svolte da diverse società demoscopiche, il 54 per cento della popolazione è a favore della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, mentre il 46 per cento è contro. Negli ultimi mesi il dato è oscillato di continuo e per lunghi periodi il divario tra favorevoli e contrari è stato minimo. Gli elettori più giovani sono tendenzialmente a favore della permanenza, mentre quelli più anziani sono per la Brexit. C’è una percentuale ancora alta di indecisi, che oscilla tra il 17 e il 20 per cento, su cui le due campagne si concentreranno nelle prossime settimane.
Precedenti
Non ce ne sono: se vincessero gli elettori a favore della Brexit, il Regno Unito sarebbe il primo stato membro a lasciare l’Unione Europea nella storia. La cosa che si avvicina di più a questo scenario avvenne nel 1982, quando la Groenlandia – uno dei territori della Danimarca – approvò con un referendum l’uscita dall’UE nell’ambito delle maggiori autonomie concesse al suo governo locale da quello centrale danese.




GINEVRA – Le Società Nazionali di Croce Rossa contrarie all’accordo tra UE e Turchia

Alcune Società Nazionali di Croce Rossa della zona Europa, tra cui l’Italia con il Presidente Francesco Rocca, esprimono forti preoccupazioni per le conseguenze sul piano umanitario in seguito  per arginare i flussi migratori verso l’Europa.

Le Società, pur apprezzando gli sforzi compiuti dai paesi dell’UE nell’affrontare l’enorme crisi umanitaria in corso, sottolineano che l’accordo rischia di violare i diritti umani dei rifugiati, nonché il diritto internazionale ed europeo. In sintesi si chiede di garantire la possibilità di richiedere asilo agli aventi diritto, e di accedere a procedure eque ed efficaci per la determinazione dello status di rifugiato, nonché di garantire la protezione contro i respingimenti.

In Grecia è in corso una terribile emergenza umanitaria. Si tratta di una crisi europea che richiede atti concreti e autentici di solidarietà tra gli Stati. Né la Grecia né la Turchia possono prendersi cura esclusivamente di tutti i migranti che arrivano sul loro territorio. Nonostante gli sforzi dell’Unione Europea per fermare i flussi migratori, sulle isole greche continuano ad arrivare ogni giorno circa mille migranti che, come testimoniato dalla Croce Rossa Ellenica e dalle altre Società intervenute sul posto, ad oggi sono bloccati in condizioni spaventose, vivendo in tende esposti alle intemperie, e con condizioni igieniche e sanitarie molto precarie, così come precario è l’accesso al cibo, ai generi di prima necessità e all’istruzione.
In seguito all’accordo UE-Turchia, migliaia di persone sono state trasportate dalle isole greche sulle terraferma, creando confusione e panico che aggravano ulteriormente le condizioni già insicure di questi vulnerabili.

“Non bisogna dimenticare – dicono le Società Nazionali della Croce Rossa della zona Europa – che dietro alle trattative politiche su numeri e accordi finanziari, c’è la situazione disperata di centinaia di migliaia di persone vulnerabili, uomini, donne, padri, madri e figli, che rischiano la vita ogni giorno per cercare la salvezza in Europa. Riteniamo che l’accordo UE-Turchia rifletta una mancanza di empatia e umanità rispetto alla vera natura della disperazione che ha spinto molte persone ad intraprendere questi viaggi pericolosi. Secondo la nostra esperienza, le politiche di deterrenza e le chiusure dei confini hanno avuto un effetto limitato nel ridurre la vulnerabilità delle persone di fronte alla disperazione.

I controlli indiscriminati alle frontiere e la criminalizzazione della migrazione irregolare tendono a esporre i più vulnerabili, in particolare donne e bambini, a rischi sempre maggiori, come la separazione familiare, gli abusi sessuali, la tratta, le violenze e la morte.

Come abbiamo visto più volte, quando si chiude un confine, si creano rapidamente nuove rotte. Abbiamo a che fare con le ripercussioni enormi di conflitti irrisolti e con la povertà estrema, che richiedono urgentemente soluzioni politiche e azioni concrete come creare percorsi sicuri e legali in Europa, facilitare il ricongiungimento familiare, impostare operazioni di ricerca e soccorso nell’intero bacino del Mediterraneo garantendo assistenza ai migranti in difficoltà, dare priorità alla collaborazione tra Stati per garantire senza ostacoli la sicurezza e l’assistenza umanitaria alle vittime di conflitti e violenze.
Mentre Croce Rossa e Mezzaluna Rossa continueranno a fornire assistenza e protezione ai migranti vulnerabili lungo le rotte migratorie, gli Stati dell’UE devono assumersi congiuntamente le loro responsabilità e trovare soluzioni durature e più umane. In base alla nostra esperienza, oltre il 40 per cento dei Siriani che arrivano sulle isole greche vogliono riunirsi ai familiari già presenti in altri Stati europei. È importante sottolineare che le misure attuate non devono essere a scapito dei rifugiati provenienti da altri paesi, come l’Afghanistan, l’Iraq e l’Eritrea, che oltretutto stanno compiendo pericolose traversate in mare per ottenere la protezione internazionale in Europa.
Siamo consapevoli delle sfide che la situazione provocata dalla grande ondata migratoria in corso comporta per i governi dell’UE. Tuttavia, siamo convinti che le Società Nazionali di Croce Rossa e gli Stati membri dell’UE dovrebbero affrontare questo sforzo insieme. Ci aspettiamo di più da parte dei nostri governi e allo stesso tempo siamo pronti a fornire il nostro supporto”, concludono in una nota congiunta le Società Nazionali di Croce Rossa zona Europa.
La nota è sottoscritta dalle Società Nazionali di Croce Rossa dei seguenti Paesi: Austria, Belgio, Regno Unito, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Olanda, Norvegia, Slovenia, Spagna, Svezia e Svizzera.




MALI – Terroristi prendono d’assalto l’albergo dei militari Ue

A quattro mesi dall’attacco jihadista nel resort Radisson Blu di Bomako in Mali in cui morirono 22 persone, un altro commando di terroristi ha preso d’assalto un hotel non lontano, il Nord Sud della catena Azalai.
L’albergo è noto per ospitare stranieri ed è anche la sede della missione militare Ue. E nel mirino degli attentatori ci sarebbe stato proprio un gruppo di addestratori militari dell’Ue impegnati nelle forze militari del Mali. Alla missione di addestramento comandata dal generrale tedesco Werner Abll partecipano anche una ventina di militari italiani sin dal marzo del 2013.

Testimoni raccontano di aver udito delle sparatorie e un’esplosione: ci sarebbe almeno un morto. Si tratterebbe di uno degli assalitori, come riferisce una fonte diplomatica francese al sito de l’Express. “Un altro assalitore si è invece asserragliato nella struttura”, ha aggiunto la stessa fonte, precisando che “nel contingente francese non ci sarebbero vittime o feriti”. “Il quartier generale della EUTM- Mali è stato attaccato”, si legge sull’account Twitter ufficiale della missione, “Nessun membro è stato ferito nell’attacco. In questo momento viene messa in sicurezza l’area”.

“Gli aggressori hanno cercato di forzare l’entrata e le guardie appostate all’ingresso hanno aperto il fuoco. La sparatoria è proseguita per diversi minuti”, ha precisato un testimone vicino all’hotel, che si trova nel quartiere Aci 200 a pochi metri dall’ambasciata americana, raccontando dell’assalto durato circa un’ora e mezza. L’assalto è “terminato e la minaccia è stata neutralizzata”, hanno riferito militari italiani presenti nella città, contattati dalla Difesa. Tutto il personale militare presente e la stessa struttura non hanno subito danni, hanno riferito anche fonti diplomatiche francesi.

Al momento nessuna sigla ha rivendicato l’attacco, ma non si esclude che possa essere stato organizzato da alcuni gruppi terroristi legati ad al Qaeda ed attivi nell’area del Sahel. Il Mali da anni è infatti al centro di scorribande armate di terroristi che dettano legge seminando il terrore. Il 20 novembre scorso i jihadisti di Mourabitoun, un gruppo che era di al Qaida e avrebbe successivamente sposato la folle causa dell’Isis, lanciò nell’attacco contro l’hotel più blindato, il Radisson Blu, prendendo in ostaggio decine di persone. Solo grazie all’intervento delle forze speciali di diversi Paesi con militari sul posto, gli ostaggi furono liberati.




Epistolario finlandese: i bandi fantasma del Ministero degli Esteri

Per molti giovani italiani l’Odissea inizia prima di mettersi in viaggio.  Ritrovarsi a vagare nei meandri della Pubblica amministrazione per accedere a un bando europeo per la mobilità non è un’impresa eccezionale e non bisogna nemmeno chiamarsi Ulisse per trascorrere un anno in balia degli uffici, alla ricerca di informazioni criptate come nella migliore caccia al tesoro.  Mi è capitato di provare il desiderio di conoscere le gloriose istituzioni scolastiche e universitarie finlandesi e di volerlo fare attraverso il Ministero degli Esteri, che sul proprio sito pubblica una serie di bandi per accedere a borse di studio. Sono  iniziate così le mie traversie.

“Nell’ambito del programma delle borse di studio del CIMO, Centro finlandese di mobilità internazionale (nda), sono cambiate le modalità secondo cui il pool delle borse di studio del Governo finlandese assegna le borse. A partire dall’anno accademico 2014-2015, i Paesi dell’Ue e See, Spazio economico europeo, i quali finora hanno fatto parte di questo programma, ne rimarranno fuori. Tuttavia, i cittadini dei predetti Paesi, quindi anche i cittadini italiani, avranno ancora la possibilità di ottenere borse di studio per studi post laurea in Finlandia attraverso il programma  CIMO fellowships. Occorre tenere presente, comunque, che le borse di studio del programma CIMO Fellowships potranno essere richieste soltanto da un rappresentante di un’università finlandese per conto di un candidato per la borsa di studio. Il candidato straniero non può presentare la domanda direttamente al CIMO.

I candidati non devono avere già trascorso più di un anno in una istituzione accademica finlandese nel periodo immediatamente precedente a quello di fruizione della borsa.

La documentazione richiesta dovrà essere inviata in duplice copia al CIMO, Po box 343, 00531 Helsinki”.

Gent.ma studentessa,

Non so se ha già risolto ma per vedere se tale bando a cui intende partecipare possa essere di una mia competenza o di un’altra struttura , si prega di inviare il bando.

Comunque in Ateneo esiste un ufficio Provvidenze agli Studenti che potrebbe essere l’ufficio giusto.

Cordialità

Lucia Cioce

Dott. Lucia Cioce
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
DARDRE
Responsabile Area Relazioni Internazionali
Tel. +39 080 5714834
Fax +39 080 5714463
E-mail lucia.cioce@uniba.it

Questo fitto scambio epistolare, accompagnato da telefonate, con le istituzioni italiane (Ambasciate e Università) e con quelle finlandesi ne è la prova. Lo consegno ai miei lettori e alla rete con un forte sentimento di disapprovazione e per una denuncia indignata. Anche se la corrispondenza si interrompe bruscamente, le lettere si commentano da sole. Vorrei che nessuno subisca ancora.

Dear Angela Alessandra,

thank you for your inquiry!
I wasn't sure after reading your message, but hopefully you're aware that
in order to apply for the scholarship, you should first establish contact with a
hosting Finnish university and apply for PhD/Doctoral studies – please refer to
www.studyinfinland.fi/doctoral for information and advice on this! So the Finnish
university is "the applicant", not yourself. But aynway, I advice you to
contact the CIMO Fellowship coordinator Ms Tarja Mäkelä
(tarja.makela@cimo.fi) or Ms Päivi Jokinen (paivi.jokinen@cimo.fi) as they
are able to answer programme-related questions better than we are here at Study in
Finland.

If necessary, you can easily find the above programme coordinators' telephone
numbers in our online directory at
http://puhelinluettelo.cimo.fi/puhlu/en/web/index.php

Kind regards,

Ms Maija Kettunen
Coordinator
CIMO | Information Services
www.studyinfinland.fi
www.facebook.com/studyinfinland

Dear Mrs. Tarja Makela,
I am Angela Alessandra Milella, applying for CIMO Fellowship Programme in
Finland. I have fulfilled my application form in all the required fields,
but my University, namely Università degli Studi di Bari, considers my
application unacceptable and therefore they do not want to approve it for
the following reasons:
1) Why does CIMO require the signature of the Università di Bari? What
does CIMO need this signature for?
2) What is the role of the Università di Bari and the related activities
the institution is going to take for CIMO?
3) What is the process for delivery? Do I need to send the application to
Finland myself without the approval of the Università di Bari and then
CIMO will send it back to Bari for the signature, or is the Università di
Bari in charge of sending the whole approved application to Finland?

Do I need a referee or a supervisor from my University, my Professor Furio
Semerari, to approve my application or act as support in the application
process?
Do you have a referee or an Office at CIMO or at the University in charge
of dealing with the subject? I contacted the Finnish Embassy in Rome for
further information and I was told that the application access must be
requested also from a Professor of the Università di Bari: is this
true?
I kindly ask you to clearify this, otherwise all my work on the project
will be lost and I will not be able to submit my application.

Kind regards,
Angela Alessandra Milella

I am on vacation and will read again my emails on 1 June. In urgent matters, please
contact Marjaana Kopperi (marjaana.kopperi@cimo.fi)
best regards,
Tarja Mäkelä

Dear Sirs,
I am Angela Alessandra Milella, applying for CIMO Fellowship Programme in
Finland. I have fulfilled my application form in all the required fields,
but my University, namely Università degli Studi di Bari, considers my
application unacceptable and therefore they do not want to approve it for
the following reasons;
1) Why does CIMO require the signature of the Università di Bari? What
does CIMO need this signature for?
2) What is the role of the Università di Bari and the related activities
the institution is going to take for CIMO?
3) What is the process for delivery? Do I need to send the application to
Finland myself without the approval of the Università di Bari and then
CIMO will send it back to Bari for the signature, or is the Università di
Bari in charge of sending the whole approved application to Finland?

Do I need a referee or a supervisor from my University, my Professor Furio
Semerari, to approve my application or act as support in the application
process?
Do you have a referee or an Office at CIMO or at the University in charge
of dealing with the subject? I contacted the Finnish Embassy in Rome for
further information and I was told that the application access must be
requested also from a Professor of the Università di Bari; is this true?
I kindly ask you to clearify this, otherwise all my work on the project
will be lost and I will not be able to submit my application.
Kind regards,
Angela Alessandra Milella

Dear Angela,

thank you for your message. CIMO does not require the signature of the University of
Bari. Please not, however, that you cannot apply the CIMO Fellowship grant yourself.
It is always the representative of a Finnish university who applies a scholarship
for a candidate university wants to host. Please not also, that this program is
meant for doctoral level studies in Finland.

You can find more information on the CIMO Fellowship program and the detailed
instructions on our web site:
http://www.studyinfinland.fi/tuition_and_scholarships/cimo_scholarships/cimo_fellowships

with best regards

Marjaana Kopperi
Yksikön päällikkö/Head of Unit
Kansainvälisen liikkuvuuden ja yhteistyön keskus CIMO / Centre for International
Mobility CIMO PL / P.O.Box 343 (Hakaniemenranta 6),
FIN-00531 Helsinki, Finland
Puh. / Tel. +358 (0)295 338 553
Fax +358 9 753 1122
marjaana.kopperi@cimo.fi
www.cimo.fi

Dear Sirs of the Vaasa University,

I am Angela Alessandra Milella, I’m an Italian journalist and a
professor in Literature at high school. I’m doing a research in Media
Ethics with Professor Furio Semerari of the University of Bari (Italy):
the objective is to scan paths and gender presence into the new mass media
system, to define the quantity and evaluate the quality of the
multiplicity and pluralism in information. Since 2012 I’ve been working
on an essay on Media ethics, as reported in the attached file as
requested.
I’m applying to the CIMO Fellowship at the University of Vaasa because I
read Media Teoria and Media Ethics represents a crucial element in your
University programme thanks to Professor Tarmo Malmberg: I would like to
collaborate with him for the attached project, as the CIMO Fellowship
requires a representative of a Finnish University to approve the project
and apply for the Scholarship. One last thing: how is the procedure from
now? Do you need further documents?

This work is not only relevant for Italy but for both countries, because
it is a scientific study of the media system aimed at observing, analyzing
and possibly improving the system itself through a partnership between a
variety of domestic communication and media institutions and associations.
The results of my research will be collected and published in a book
available for anyone who will decide to take on from where I left.
I am employee of the Ministero Istruzione Università e Ricerca (MIUR) so
I can use my salary as high school professor as a contribution to the CIMO
Scholarship for the whole research period.
This project is a good test for the future. Once back in Italy, this
opportunity will allow me to pursue my professional goals as a journalist.
I feel I can contribute to the improvement of the media system in Italy.
You will find all the required documents for the CIMO Fellowship in the
attached files: Application Form, CV, Motivational Letter and Project
Presentation, as specified in the CIMO webpage:

http://www.studyinfinland.fi/tuition_and_scholarships/cimo_scholarships/cimo_fellowships

For further questions please do not hesitate to contact me.
Thank you for this opportunity.
Kind Regards,

Angela Alessandra Milella

Dear Ms Milella,

thanks for your contact. I’m sorry to say but I now longer work at
Vaasa University. I hope the the Office of International Affairs will
help you.

Cordiali saluti

Dear Professor Tarmo Malmberg,
with reference to your kind reply, I would like to ask you further
information.
The CIMO Fellowship project allows me to choose the University where to
activate the Fellowship: would it be possible for me to work with you on
my project in your current University? If possible, I would apply to your
new work place in order to get a CIMO Scholarship, because I’m really
interested in your studies and I would like to work with you due to my
background on the subject.
I, therefore, kindly ask you your University details in order to get in
touch with the International Office and enquire about my Application.

Looking forward to your answer,

Best regards.

Angela Alessandra Milella

Dear Ms Milella,

unfortunately I’m on retirement and have no offiial position in any
university, though I still hold a readership at Tampere University.
The most prestigious journaism school in Finland is in Tampere, so I
advise you to contact the Head of the School of Media, Communication
and Theatre who is Dr. Heikki Hellman (heikki.hellman@uta.fi). I hope
you’ll get along with your inquiry.

Distinti saluti

Tarmo Malmberg

Thank you very much Mr. Malmberg,
I will get in touch with Professor Hellman as soon as possible.

Best regards,
Angela Alessandra Milella

Ok. It’s the holiday season in Finland, so he might be on vocation now
but, please, try to reach him.

TM

Dear Professor Heikki Hellman and Sirs of the CMT at Tampere University,

I am Angela Alessandra Milella, I’m an Italian journalist and a
professor in Literature at high school. I’m doing a research in Media
Ethics with Professor Furio Semerari of the University of Bari (Italy):
the objective is to scan paths and gender presence into the new mass media
system, to define the quantity and evaluate the quality of the
multiplicity and pluralism in information. Since 2012 I’ve been working
on an essay on Media ethics, as reported in the attached file as
requested. I’m applying to the CIMO Fellowship at the University of
Tampere, School of Media, Communication and Theatre, because I previously
contacted Prof. Tarmo Malmberg, who suggested me to get in touch with your
school and Head of Studies Prof. Hellman, in order to develop a research
in journalism and communication, a crucial element in your University
programme.
I would like to collaborate with you for the attached project, as the
CIMO Fellowship requires a representative of a Finnish University to
approve the project and apply for the Scholarship. One last thing: how is
the procedure from now? Do you need further documents?
This work is not only relevant for Italy but for both countries, because
it is a scientific study of the media system aimed at observing, analyzing
and possibly improving the system itself through a partnership between a
variety of domestic communication and media institutions and associations.
The results of my research will be collected and published in a book
available for anyone who will decide to take on from where I left.
I am employee of the Ministero Istruzione Università e Ricerca (MIUR) so
I can use my salary as high school professor as a contribution to the CIMO
Scholarship for the whole research period.
This project is a good test for the future. Once back in Italy, this
opportunity will allow me to pursue my professional goals as a journalist.
I feel I can contribute to the improvement of the media system in Italy.
You will find all the required documents for the CIMO Fellowship in the
attached files: Application Form, CV, Motivational Letter and Project
Presentation, as specified in the CIMO webpage:

http://www.studyinfinland.fi/tuition_and_scholarships/cimo_scholarships/cimo_fellowships

For further questions please do not hesitate to contact me.
Thank you for this opportunity.
Looking forward to hearing from you.

Kind Regards,
Angela Alessandra Milella

Dear Angela,

I’m deeply sorry I have disappointed you with your planned project. The fault lays
completely with me. I simply forgot to reply in time. I retraced your message while
emptying my files.

As far as I can see, your application would have served our interests too – although
there’s always the practical difficulty of providing an office here at the
university. I truly regret that we missed this chance.

May I ask what happened to your application? Did you manage to cooperate with
another university here in Finland?

With apologies,

Heikki
Heikki Hellman
Dean, Docent
CMT (School of Communication, Media and Theatre)
Kalevantie 4, FI-33014 University of Tampere, Finland
Tel. +358 40 5713184
heikki.hellman@staff.uta.fi

http://www.uta.fi/cmt/yhteystiedot/henkilokunta/heikkihellman/index.html
http://www.uta.fi/cmt/en/contact/staff/heikkihellman/index.html

New article:
Maarit Jaakkola, Heikki Hellman, Kari Koljonen and Jari Väliverronen: “Liquid
Modern Journalism with a Difference: The changing professional ethos of cultural
journalism”. Journalism Practice, Online first 17.7.2015.
DOI:10.1080/17512786.2015.1051361.
http://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17512786.2015.1051361#abstract

New chapter:
Heikki Hellman and Hannu Nieminen: ”Mediayhtiönä yhteiskunnassa”. In:
Mediajohtaminen: Näkökulmia uudistuvaan media-alaan / ed. by Nando Malmelin and
Mikko Villi. Helsinki: Gaudeamus, 2015, 33–58.

Dear Sir,
It would be a great pleasure for me to cooperate with Uta University on my
project.
The scholarship is still valid for the time being therefore it is my
intention to apply for the project with your support.
Should you need further details. Please contact me at this address.
Looking forward to our collaboration.
Best regards,
Angela Milella




Dieci motivi per dire stop al TTIP

Incrementare il commercio e gli investimenti tra Ue e Usa eliminando sia gli ostacoli che riguardano le tariffe di protezione tra i due contraenti sia le barriere non tariffarie, cioè legate a servizi e merci diversamente considerate tra le due sponde dell’Oceano. E’ questo l’obiettivo del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). La preoccupazione diffusa è che l’eliminazione soprattutto delle ultime possa mettere in pericolo il livello di tutela della Ue in materia di salute pubblica, sicurezza alimentare, informazione dei consumatori, salute animale e ambiente. Esistono infatti differenze profonde tra i sistemi di regolamentazione che si vorrebbero uniformare per facilitare gli scambi tra Ue e Usa, derivati da culture giuridiche e politiche diverse.

Secondo la Commissione Ambiente, Sanità e Sicurezza alimentare del Parlamento europeo (Envi), per conseguire una maggiore compatibilità normativa senza danneggiare gli standard europei, presenti e futuri, in materia di salute e ambiente, il TTIP dovrebbe contenere una chiara distinzione tra i settori in cui gli obiettivi e i livelli di tutela europei e statunitensi sono  simili e quelli in cui sono divergenti, adottando nel primo caso approcci comuni o un riconoscimento reciproco, mentre nei settori divergenti la cooperazione tra Usa e Ue dovrebbe focalizzarsi sullo scambio di informazioni o ricercando un’armonizzazione verso l’alto.

Ma non si sta negoziando su questa strada.

Il settore agroalimentare è compreso nel capitolo delle materie fitosanitarie, per le quali non si prevede una regolamentazione specifica, mediata tra le due parti. Si intende quindi procedere con il riconoscimento automatico dell’equivalenza, accettando le regolamentazioni di entrambe le parti senza giungere a una sintesi o a una scrittura congiunta delle regole. Le controversie che ne potrebbero derivare, sarebbero affidate poi ai temibili collegi arbitrali privati.

Sul tavolo delle trattative, i punti critici del TTIP riguardano: il Principio di precauzione (per mettere in commercio un prodotto, in Europa è richiesta un’accertata assenza di rischio, mentre negli Usa è sufficiente l’assenza dell’evidenza di un rischio. Da noi, l’esistenza di incertezze scientifiche giustifica l’adozione di misure basate sul principio di precauzione, che consente l’opzione più protettiva per il consumatore. Negli Usa, il prodotto viene autorizzato, salvo adottare misure restrittive se si evidenziano rischi. A rischio è la sicurezza alimentare dove le regole sono meno stringenti); i controlli; l’uso dei pesticidi; gli Ogm (gli Usa contestano la normativa europea che, oltre ai possibili divieti nazionali, consente alla Commissione Ue di non autorizzare gli ogm anche se hanno ottenuto parere favorevole da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Secondo gli Usa, un ogm con parere scientifico favorevole deve avere automatica autorizzazione alla commercializzazione. Da noi è obbligatoria l’etichettatura dei prodotti alimentari per contenuto ogm superiore allo 0.9% sul peso totale, negli Stati Uniti l’etichettatura è volontaria); l’uso degli ormoni (nel 2012, l’Ue ha risolto un contenzioso ventennale con Usa e Canada, avendo la Ue vietato dal 1988 il commercio di carni di animali trattati con gli ormoni. L’accordo prevedeva che Usa e Canada potessero esportare nella Ue 48.200 tonnellate di carni bovine da animali hormone-free, nel rispetto della legislazione comunitaria) e degli antibiotici (si stima che il 70% degli antibiotici distribuiti negli Stati Uniti sia usato negli allevamenti; il 10% per curare animali malati, il restante 20% impiegato nell’uomo), del cloro; la pratica della clonazione; i marchi Igp e Dop; l’istituzione di un sistema di arbitrato sovranazionale (Investor-State Dispute Settlement) che, aggirando i sistemi giudiziari nazionali, sarebbe incaricato di risolvere le controversie tra aziende e governi accusati di non rispettare le clausole del Trattato. Il timore è che si cerchi di far prevalere gli interessi economici e commerciali su quelli di tutela della salute, in particolare nel settore agroalimentare. Secondo la Commissione Ambiente, Sanità e Sicurezza alimentare del Parlamento europeo (Envi), “tale meccanismo può in sostanza mettere a repentaglio i diritti sovrani dell’Ue, degli Stati membri e delle Autorità locali, di adottare regolamenti in materia di salute pubblica, sicurezza alimentare e ambiente”.

La prospettiva di accordo è quella di un mutuo riconoscimento di alcuni prodotti: da una parte, i prodotti statunitensi  dovrebbero indicare in etichetta la loro origine senza alludere alle indicazioni geografiche europee, dall’altra l’Europa dovrebbe consentire l’esportazione sul suo territorio di questi prodotti, oggi vietati. Questa soluzione aprirebbe un maggior mercato negli Usa per Igp e Dop europee grazie all’abbattimento delle barriere tariffarie. Il contraccolpo negativo si avrebbe sul mercato europeo dove i consumatori troverebbero ad esempio prosciutti, formaggi e salumi con lo stesso nome di quelli italiani, ma a minor prezzo.

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ITALIA – Leggi Ue sulla salute: on line c’è chi le trasgredisce. La chiamano satira!

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E siamo stufi anche delle emerite sciocchezze del Giomale ( http://www.ilgiomale.it/wordpress/ ), che dopo Esami di Stato, Marò e pena di morte, ne inventa una grossa sulla legalizzazione della cannabis in Italia:

“La Legalizzazione in Italia è ormai una certezza, dopo la legge firmata alla Camera da ben 218 parlamentari Italiani, la legalizzazione della Cannabis sarà presto una realtà con cui ognuno di noi dovrà convivere.
Oltre a combattere lo spaccio e la criminalità organizzata, con la legalizzazione apriremo le porte ad un Business di Milioni di euro, sia per le grandi Lobby del Tabacco, sia per le casse dello stato.

La prima a muoversi è stata la Marlboro, che ha già realizzato le sigarette alla Marjuana, considerate dei veri e propri spinelli commerciali, già pronti all’uso, che verranno lanciati in Italia subito dopo l’effettiva Legalizzazione”.

Non tralasciando di raccogliere interventi di fantomatiche associazioni:

“l’Associazione Genitori Cattolici di Roma, che oggi è scesa a manifestare contro la legalizzazione e la commercializzazione degli Spinelli.
Fabio Renato, Co-Fondatore dell’associazione ha dichiarato: “Ogni giorno lottiamo contro le etichette sociali per impedire che i nostri figli comincino a fumare sigarette, e ahimè non sempre riusciamo a impedirlo, cosa dovremo fare se gli spinelli saranno pubblicizzati e disponibili in ogni angolo della città? E’ un errore madornale, questo è solo frutto della tentazione di Satana.”

E pubblicando un’immagine fuori legge, che non riporta nemmeno il messaggio per la tutela della salute dei cittadini.

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Nessuno sembra essersene accorto: il sito è ancora on line e va alla grande. Ricordiamo ai redattori del “magazine satirico”, come lo definiscono, anche se a Noi questa tutto sembra tranne che satira, quanto accaduto e stabilito nel 2000:

“Il fumo uccide” e “il fumo può uccidere”. Sono le scritte che compaiono sui pacchetti di sigarette per decisione del Consiglio dei ministri dell’ Unione europea, riunito il 19 giugno 2000 a Lussemburgo, che ha votato una direttiva che inasprisce le norme sulla produzione e sul consumo di sigarette, ribadendo in larga parte quanto già approvato dal Parlamento europeo il 13 giugno dello stesso anno a Strasburgo. L’ Ue ha fatto dunque un altro passo avanti nella lotta contro il fumo, che provoca ogni anno nei Quindici la morte di 500.000 persone, una al minuto. L’ accordo raggiunto dai ministri della Sanità comunitari introduce norme più rigide per la fabbricazione, l’ etichettatura e la composizione delle sigarette “made in Ue”. L’ intesa è stata accolta con entusiasmo dal ministro Umberto Veronesi, padre del disegno di legge italiano antifumo che nei prossimi giorni dovrebbe essere varato definitivamente dal governo, che l’ ha definito “di importanza storica”. “L’ Ue ha lanciato un messaggio molto forte a tutti i paesi membri sulla grave pericolosità del fumo, che rafforza il disegno di legge italiano: ora – ha detto il ministro – bisogna passare da una società in cui il fumo è considerato la norma, ad una cultura in cui la norma è non fumare”. La normativa Ue in particolare riduce il tenore massimo di catrame, nicotina, e monossido di carbonio nelle sigarette, impone l’ iscrizione su una superficie pari a almeno il 25% dei pacchetti di sigarette dell’ avvertenza “il fumo uccide”, accanto ad altri moniti supplementari come “fumare è causa di impotenza”. Dal 2003, quando la legge Ue entrerà in applicazione, dovranno scomparire inoltre sui pacchetti di sigarette le menzioni light, ultralight o mild, che ingannano i consumatori facendo credere ad una minore pericolosità. La normativa, combattuta dalle multinazionali del tabacco e adottata con il voto contrario della Germania, potrebbe essere resa ancora più severa agli eurodeputati che dovranno adottarla in seconda lettura in autunno. Il Parlamento europeo chiede infatti almeno il 35% della superficie dei pacchetti per le avvertenze anti-fumo, l’ interdizione dell’ ammoniaca (che crea assuefazione) fra gli additivi e un divieto di vendita ai meno di 16 anni. Veronesi ha confermato che il “no” all’ ammoniaca potrebbe essere accolto in seconda lettura, ma si è detto contrario a un divieto per gli under 16 che potrebbe avere effetti boomerang, incitando i giovani alla trasgressione. Ma il grande cambiamento di mentalità sul fumo deve partire dai giovanissimi, fra gli 8 e i 10 anni, verso i quali vanno avviati programmi di dissuasione. Desta preoccupazione l’ aumento del vizio del fumo fra le donne, mentre è in forte calo fra gli uomini: “La madre quarantenne che fuma – ha detto il ministro – crea condizioni imitative nei figli, soprattutto i maschi, fra i 10 ed i 14 anni”.

AUSTRALIA – L’Australia ha approvato una legge che vieta la stampa dei loghi sui pacchetti di sigarette. Tutte le sigarette avranno una stessa confezione di colore olivastro. Inoltre dovranno riportare informazioni sui danni che il fumo arreca. La decisione mina gli introiti delle grandi multinazionali. Inoltre secondo queste ultime, darebbe spazio al contrabbando di tabacco. Anche l’Unione Europea, attraverso un suo portavoce, ha fatto sapere che un provvedimento simile potrebbe essere messo in pratica in Europa a partire dal prossimo autunno.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il fumo è “una delle più grandi minacce per la salute pubblica che il mondo abbia mai affrontato”.

Il fumo provoca il cancro ai polmoni e malattie respiratorie croniche, oltre a quelle cardiovascolari che sono la prima causa di morte per malattia nel mondo. Le cifre dell’OMS parlano di 8 milioni di decessi all’anno entro il 2030 se la situazione resterà così com’è.

Dopo la sentenza australiana contro il ricorso dei giganti del tabacco alla legge contro i pacchetti di sigarette tutti uguali la Commissione Europea attraverso il portavoce Antony Gravili ha detto che sta seguendo la vicenda da vicino.

Infatti in autunno dovrà essere presentato il nuovo piano contro il fumo che sostituirà quello del 2001.

Gravili ha dichiarato: “Stiamo lavorando ad una proposta di revisione della direttiva () sui prodotti del tabacco. Saranno discusse molte cose tra cui la possibilità di imballaggi tutti uguali.”

Ha aggiunto, riferendosi alle avvertenze sanitarie grafiche attualmUEente richieste sul retro dei pacchetti di marca in Europa: “Una delle cose che stiamo prendendo in considerazione è, ad esempio, rendere l’immagine sulla confezione più grande.”

Coloro che sono contari al fumo sostengono che un’operazione del genere eviterebbe l’effetto del marchio sui giovani. L’ipotesi è che il marchio della sigaretta diventi una moda così come possono esserlo le scarpe, e che, attraverso questo meccanismo, ci si possa poi assuefare al fumo.

Le grandi multinazionali sostengono invece che i paccheti di sigarette tutti uguali, oltre a violare il diritto di proprietà intellettuale, faciliterebbero il mercato di contrabbando delle sigarette.

C’è poi un altro aspetto non di poco conto: le grandi multinazionali sostengono che venga leso il diritto al libero mercato perchè si dovrebbero cambiare gli imballaggi a seconda dei paesi.

Anche la Gran Bretagna sta valutando l’ipotesi degli imballaggi uguali, considerando i vari aspetti legislativi. A breve dovrebbe decidere sull’oportunità di procedere con la legislazione o meno.

L’OMS si augura che la decisione australiana abbia un effetto domino: infatti anche la Nuova Zelanda, il Canada e l’Irlanda stanno valutando se adottare provvedimenti simili.

PRINCIPALI NORMATIVE IN ITALIA

La disciplina che regola il settore del tabacco in Italia è molto vasta ed articolata. Per orientarsi in modo più agevole riportiamo nel seguito le principali norme di riferimento relative alla regolamentazione del settore dei tabacchi lavorati in Italia.

Pubblicità

La principale norma di riferimento
Legge n.165 del 10 aprile 1962 e successive modificazioni.
La legge prevede un divieto totale della pubblicità diretta ed indiretta dei prodotti del tabacco.

Il confezionamento e il prodotto

Decreto legislativo n. 184 del 24 giugno 2003.
Il Decreto ha recepito la direttiva 2001/37/CE relativa all’etichettatura, produzione e vendita dei prodotti del tabacco ha introdotto nuove e più ampie avvertenze sanitarie sui pacchetti dei prodotti del tabacco, limiti ad alcuni contenuti nelle sigarette, la comunicazione degli ingredienti utilizzati nella fabbricazione, l’eliminazione dei termini light, mild, ecc.
Il Decreto Legislativo ha fatto propri i contenuti della direttiva 2001/37/CE relativi a:

le dimensioni delle avvertenze sanitarie (30% front e 40%back del packaging);
i livelli massimi dei contenuti nelle sigarette (che devono ricoprire almeno il 20 % della superficie laterale del pacchetto);
le due avvertenze generali (“Il fumo uccide” e “il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”) alla rotazione di otto (su 14) avvertenze supplementari;
la comunicazione al Ministero della Salute ed al Ministero dell’Economia, da parte dei produttori ed importatori, dell’elenco di tutti gli ingredienti utilizzati nella fabbricazione con le relative quantità, suddivisi in base alla marca ed al tipo;
il divieto dell’uso sulla confezione dei tabacchi lavorati di diciture (quali “light”, “ultra light”, “mild”), marchi, immagini ed altri elementi figurativi o simboli suscettibili di suggerire che un particolare prodotto del tabacco sia meno nocivo di altri;
la possibilità di effettuare ulteriori analisi per determinare il tenore di altre sostanze nocive (diverse da catrame, nicotina e di monossido di carbonio) contenute nelle sigarette;
la possibilità di introdurre in futuro fotografie a colori sui pacchetti, illustrative degli effetti del fumo sulla salute.
Sono, infine, previste sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro (salvo che il fatto non costituisca reato), per chiunque fabbrica, immette sul mercato, importa od esporta prodotti non conformi a quanto prescritto.

Tassazione

Le principali norme di riferimento.
Legge n. 825 del 13 luglio 1965 e successive modificazioni, che disciplina le tabelle di vendita al pubblico, l’iscrizione in tariffa dei prodotti, le richieste di variazione prezzi da parte dei produttori e/o importatori. La normativa prevede, inoltre, che le richieste di variazione prezzi debbano essere corredate da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti la variazione richiesta, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto.
Legge n. 76 del 7 marzo 1985, e successive modificazioni – sul sistema di imposizione fiscale:
I tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetti a monopolio sono gravati dall’imposta di consumo (Accisa) e dall’IVA.
Decreto Legge n. 331 del 30 agosto 1993 – sull’armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sui tabacchi lavorati e in materia di IVA.
Decreto Legge n. 24 del 30 gennaio 2004 – Art. 4 – coordinato con la Legge di conversione 31 marzo 2004, n. 87 – che ha introdotto tra l’altro l’accisa minima.
Decreto Legge n. 168 del 12 luglio 2004 – Art. 2, commi 6, 7 e 8 convertito con modifiche dalla legge 30 luglio 2004, n. 91 – che ha introdotto la revisione semestrale della MPPC (Most Popular Price Class).

Il regime dei depositi fiscali e della circolazione dei tabacchi lavorati

Le regole che disciplinano la commercializzazione di tabacchi lavorati, discendono da un sistema normativo, armonizzato a livello comunitario, che regola la circolazione delle merci nella UE abolendo i controlli alle frontiere tra gli Stati membri (Dir. 92/12/CE e successive modificazioni).
La disciplina, che si riferisce anche al regime di accertamento e versamento delle imposte sui tabacchi lavorati (IVA+Accisa), incide in modo rilevante sull’attività di distribuzione e vendita che, per garantire la sicura riscossione del gettito fiscale derivante dalla commercializzazione dei prodotti in questione, viene svolta sotto il costante controllo delle Autorità fiscali degli Stati membri.

In Italia, l’attività di controllo sulla produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati è svolta dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) che ha mantenuto le proprie funzioni di organo di controllo della riscossione e del versamento delle imposte gravanti sui tabacchi lavorati in qualità di Organo del Ministero dell’Economia (D.M. 67/1999).

L’AAMS svolge le proprie funzioni di controllo fiscale attraverso la vigilanza permanente esercitata da propri funzionari all’interno di tutti i depositi fiscali di fabbricazione dei prodotti da fumo presenti in Italia e nei depositi fiscali di distribuzione che movimentano un volume di tabacchi lavorati superiore a 10 milioni di Kg l’anno.
L’AAMS, nell’esercitare l’attività di vigilanza permanente, si avvale anche della collaborazione della Guardia di Finanza, con funzioni di polizia fiscale in Italia.

In Italia, la commercializzazione dei tabacchi lavorati è sottoposta al controllo preventivo da parte di AAMS.
In particolare, i prodotti del tabacco prima di essere immessi in consumo devono essere iscritti nella tariffa di vendita al pubblico.

I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono richiesti dai produttori.
I produttori richiedono l’iscrizione in tariffa all’AAMS che ne controlla sia l’esatta descrizione del prodotto, verificandone la corretta classificazione (sigaretta, sigaro, trinciati, ecc.) al fine dell’applicazione dell’aliquota fiscale corrispondente, sia che il prodotto rispetti le norme in materia di etichettatura (avvertenze sanitarie) dei contenuti per le sigarette.

Le richieste di variazione prezzi devono essere correlate da una scheda tecnica rappresentativa degli effetti economici derivanti dalla variazione di prezzo richiesta.

Dall’avvio del procedimento, l’AAMS ha 120 giorni per accettare o rigettare la richiesta. Se l’esito del controllo è positivo l’iscrizione in tariffa viene sancita da decreto direttoriale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Soltanto a conclusione di tale procedimento il nuovo prodotto potrà essere messo in commercio.

L’autorizzazione preventiva è necessaria, inoltre, anche per eventuali modifiche al packaging dei prodotti e per le variazioni dei livelli dei tenori di nicotina, catrame e monossido di carbonio per le sigarette.

La Legge Sirchia e Limitazioni del fumo nei luoghi pubblici in Italia

Legge n. 3 del 16 gennaio 2003 – Art. 51 “Divieto di fumo esteso ai locali aperti al pubblico” e successive modificazioni e provvedimento attuativo D.P.C.M. del 23 dicembre 2003.
La cosiddetta Legge Sirchia, che regolamenta il fumo nei locali pubblici e privati aperti al pubblico, al fine di tutelare la salute dei non fumatori, ha esteso il divieto di fumo, già previsto per i luoghi pubblici (ospedali, cinema, teatri e uffici della Pubblica Amministrazione aperti al pubblico), anche ai locali aperti al pubblico (bar, ristoranti), oltreché ai luoghi di lavoro ed alle carceri, ad eccezione dei locali privati non aperti al pubblico e di quelli riservati ai fumatori.
E’ prevista la costituzione, all’interno degli stessi, di apposite aree riservate ai fumatori, che dovranno essere materialmente separate dalle aree riservate ai non fumatori, dotate di idonei sistemi di ventilazione per garantire un adeguato ricambio d’aria e segnalate con idonea cartellonistica. Dove tali prescrizioni non saranno realizzabili vigerà il divieto di fumo totale. Il divieto entrerà in vigore dal 10 gennaio 2005.

Le direttive UE

Il legislatore comunitario ha dato via alle seguenti direttive:
Direttiva in materia di etichettatura

La Direttiva 2001/37/CE ha introdotto nuove disposizioni armonizzative in materia di etichettatura, produzione e vendita dei prodotti del tabacco.
In particolare, la direttiva prevede:

un notevole aumento delle dimensioni delle avvertenze sanitarie: 30% front e 40% back sul packaging dei prodotti del tabacco;
l’abolizione dei termini light, mild, ecc.;
la comunicazione degli ingredienti utilizzati nella fabbricazione;
la rotazione di 2 avvertenze generali e 14 avvertenze sanitarie supplementari;
la possibilità di introdurre immagini (foto a colori c.d. pittogrammi) abbinate alle avvertenze sanitarie supplementari e finalizzate alla descrizione visiva degli effetti del fumo sulla salute;
la riduzione a 10 mg del limite massimo di catrame per le sigarette;
l’introduzione, per la prima volta, dei limiti massimi anche per il monossido di carbonio con 10 mg/sigaretta e per la nicotina con un valore non superiore a 1 mg/sigaretta.
Direttiva cul controllo del tabacco

Direttiva 2001/37/CE – La direttiva ha lo scopo di ravvicinare le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative degli stati membri della UE in materia di:

contenuto massimo di catrame, nicotina e monossido di carbonio delle sigarette;
di avvertenze sanitarie e di altra natura, stampate sui pacchetti;
di alcune misure relative agli ingredienti;
divieto dell’uso delle diciture quali light, mild, ecc., suscettibili di suggerire che un particolare prodotto del tabacco sia meno nocivo di altri.
Con una sentenza del 10 dicembre 2002, la COGE (Corte di Giustizia Europea) ha deciso per la validità della Direttiva, fatta eccezione per un punto (relativo all’uso delle diciture ligth, mild, ecc., sui tabacchi lavorati destinati all’esportazione, cioè commercializzati al di fuori della U.E.).

Direttive sulla pubblicità dei tabacchi

Già la direttiva 89/552/CEE, cosiddetta “televisione senza frontiere”, aveva vietato in precedenza qualsiasi forma di pubblicità dei tabacchi lavorati su tale mezzo di comunicazione.

Successivamente, era intervenuta la direttiva 98/43/CE che introduceva, in pratica, un divieto generale di qualsiasi pubblicità diretta ed indiretta dei prodotti del tabacco nell’area comunitaria. La Corte di Giustizia l’aveva annullata, con sentenza del 5 ottobre 2000, in quanto lesiva della libera circolazione dei beni e dei servizi nel mercato della U.E.
Questa sentenza ha stabilito chiaramente che il legislatore non ha l’autorità di armonizzare legislazioni nazionali riguardanti prassi pubblicitarie che non esercitino effetti al di là delle frontiere di uno Stato membro.

La nuova direttiva 2003/33/CE in materia di pubblicità e sponsorizzazione dei tabacchi

Tale direttiva 2003/33/CE, adottata il 26 giugno 2003, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco.

La direttiva costituisce un ulteriore passo verso la restrizione in ambito comunitario della possibilità di promuovere i prodotti del tabacco ed è stata giustificata dalla Commissione UE con l’intento di armonizzare le legislazioni introdotte nel settore a livello nazionale dei diversi Stati membri.

La direttiva prevede, tra l’altro, le seguenti disposizioni:

divieto di sponsorizzare eventi o attività che coinvolgano più stati membri o abbiano luogo in più stati membri o che producano effetti oltre le frontiere di un Paese;
divieto di pubblicizzare marche di tabacchi attraverso la radio e Internet (questo genere di pubblicità è già vietata in televisione da vari anni ai sensi della Direttiva 97/36/CE che ha modificato la direttiva 89/552/CEE);
divieto di distribuire gratuitamente tabacchi nel corso di eventi sponsorizzati che coinvolgano più Stati membri;
l’applicazione di sanzioni alle violazioni di queste norme, in forme che dotino implicitamente i singoli cittadini e le organizzazioni nazionali “aventi causa” del diritto di intentare azioni giudiziarie.
Sostanzialmente, gli unici ambiti in cui la pubblicità sarà consentita sono le pubblicazioni ed informazioni commerciali esclusivamente destinate agli operatori del settore, quelle prodotte o stampate in Paesi terzi che non siano principalmente destinate al mercato comunitario, nonché le sponsorizzazioni a carattere locale, laddove, secondo la normativa locale, siano ammissibili. In merito, si rileva che con Decreto Legge n. 10 del 15 febbraio 2007, il Governo italiano ha recepito le osservazioni della Commissione Europea, abrogando la norma che consentiva eventi che, pur avendo implicazioni transfrontaliere (ad es. via TV), si svolgevano esclusivamente sul territorio nazionale.




EUROPA – Profughi: interviene l’Ue. Scontri a Mantova e in Germania, tragedia in Austria

Slogan minacciosi, offese reciproche, tensione che si taglia con il coltello. Finché non arrivano anche le botte: qualche pugno dei manifestanti di estrema destra colpisce gli agenti della polizia e questi, per tenere i neofascisti a distanza, alzano i manganelli e li fanno indietreggiare.

Da una parte circa 150 manifestanti scesi in piazza Sant’Isidoro per dire no all’accoglienza dei profughi ospitati all’ex hotel Maragò, dall’altra una quarantina di esponenti di associazioni di sinistra (La Boje, Mantova Antifascista). In mezzo gli agenti della polizia in tenuta antisommossa. Fuori dal palcoscenico della serata di violenza  sono rimasti loro, i profughi: un convitato di pietra attorno al quale si è sviluppata una serata che la città non è certo abituata a vivere.
La questura aveva autorizzato entrambe le manifestazioni ma con un veto preciso: nessun contatto tra i due gruppi né, naturalmente, tra i neofascisti e la struttura che ospita i migranti. Ma che non tirasse una buona aria si era capito già quando, in favore di telecamera, erano partiti i primi slogan da destra. In piazza – al di là del sedicente comitato apartitico per “Mantova ai virgiliani” – esponenti di Fronte Skinheads e Forza Nuova, guidati dal coordinatore del Nord Luca Castellini, e più di una voce che inneggiava al leader della Lega Nord, Matteo Salvini. Gruppi che, lo avrebbero spiegato loro stessi nel corso della serata, muovono soprattutto da Brescia e Verona e si spostano di città in città per protestare contro l’accoglienza dei profughi.

Poco dopo le 21 il momento di maggior tensione. I neofascisti hanno provato a superare il limite imposto dalla questura per procedere lungo via Stazione: in quella direzione avrebbero incontrato prima l’hotel dei profughi e poi, poco oltre, il presidio di La Boje. Quando si sono frapposti, alcuni agenti sono stati colpiti: inevitabile a quel punto la reazione della polizia che ha colpito i manifestanti con una rapida serie di manganellate. Non una carica prolungata o particolarmente violenta, ma sufficiente a far arretrare i manifestanti (uno dei quali, riferiscono, sarebbe rimasto ferito alla testa). Una notizia però non confermata. «Vogliamo andare dal titolare dell’hotel e dirgli che è un pezzo di m… – dicono alla cronista della Gazzetta – perché si arricchisce con i soldi dell’accoglienza dei profughi, con i soldi degli italiani».
All’inizio della serata era presente anche Luca De Marchi, consigliere comunale ex leghista. Che poi, visto il tenore della manifestazione, se n’è andato. I neofascisti lo hanno accusato di codardia, ma lui prende nettamente le distanze: «Io sono un uomo delle istituzioni: se la questura dice di rimanere in piazza Sant’Isidoro, io non vado oltre. Sono rimasto lì con il mio popolo, fatto di gente comune che i profughi non li vuole ma che non si scontra con la polizia. Sono volati pugni e manganellate? È una roba penosa che Mantova non merita».
Sempre a distanza la quarantina di simpatizzanti di La Boje e Mantova Antifascista: «Questi neofascisti replicano lo stesso schema in tutte le città in cui vanno – attacca Enrico Lancerotto di La Boje – provano a convogliare la rabbia della gente contro delle persone che hanno la sola colpa di scappare dalle guerre».

Angela Merkel bacchetta Italia e Grecia sull’emergenza profughi: i centri di registrazione dei profughi nei due Paesi vanno realizzati rapidamente, entro l’anno. Parigi e Berlino ritengono che, nell’emergenza attuale, i ritardi siano inaccettabili. Anche sulla gestione dei profughi, una situazione «straordinaria» in cui si trova l’Europa, Angela Merkel e François Hollande hanno accordato le voci, lanciando a Berlino un documento di lavoro comune, affidato ai reciproci ministri dell’Interno. Oltre a un richiamo all’unisono ai Paesi membri che non rispettano la piena comune applicazione del diritto d’asilo in Europa. La bilaterale col presidente francese ha preceduto di poco un incontro a tre con il presidente ucraino Petro Poroshenko sulla situazione nell’Est del Paese per rilanciare gli accordi di Minsk.

Merkel e Hollande hanno chiesto, incontrando la stampa in un primo momento da soli, che la Commissione europea «prema sui Paesi che non rispettano le condizioni del diritto d’asilo, per fare in modo che finalmente si verifichi». «Si tratta della registrazione, degli standard minimi dei centri di accoglienza e degli standard minimi sulle forniture sanitarie», ha puntualizzato la cancelliera. Poi il passaggio che riguarda Roma e Atene: «I capi di governo hanno stabilito che vengano allestiti dei centri di registrazione nei Paesi colpiti dai primi arrivi, come la Grecia e l’Italia, mettendo a disposizione personale comune. Questi centri devono essere fatti velocemente, entro l’anno. Ritardi non possono essere accettati», ha avvertito la cancelliera.
Le ha fatto subito eco Hollande, che ha rivendicato «un’accelerazione» su questo fronte. «È indispensabile» – ha insistito a sua volta il presidente- «che questi centri vengano realizzati, per registrare chi arriva sulle nostre coste e che qui si prendano le doverose decisioni su quelli che hanno diritto e quelli che non possono essere accettati». L’inquilino dell’Eliseo ha poi ribadito l’allarme generale che vive il continente, alle prese con una sfida «molto difficile»: «Ci sono volte in cui l’Europa si trova di fronte a situazioni straordinarie. Questa è una situazione straordinaria», ha affermato, e «nessun Paese può risolvere da solo» il problema. Serve una stretta cooperazione europea. È Stata invece Merkel a ricordare che nell’Ue la «distribuzione (dei profughi) non è ancora equa».
TUMULTI IN GERMANIA – Gli ammonimenti arrivano a ridosso di un week-end difficilissimo in Germania, dove si sono verificati gravi tumulti in Sassonia, con 30 agenti feriti e panico fra i rifugiati. Merkel è alle prese con i numeri inattesi dei richiedenti asilo nel suo Paese – oltre 800 mila quelli stimati per il 2015, il doppio della cifra calcolata fino a qualche giorno fa – e l’insofferenza di frange di popolazione innescate dai populisti anti-immigrati di Pegida e dagli estremisti di destra.

BUDAPEST – Tragedia dell’immigrazione in Austria: da 20 a 50 rifugiati sono stati trovati morti in un tir abbandonato lungo l’autostrada orientale A4 tra il Burgenland Neusiedl e Parndorf. I migranti sarebbero rimasti asfissiati nel cassone. L’episodio arriva dopo l’ennesima strage nel Canale di Sicilia: ieri sono state trovate morte 51 persone su un’imbarcazione diretta dalla Libia all’Italia e nello stesso giorno in cui un nuovo dramma si concretizza in mare, con numerose vittime per un naufragio al largo delle coste nordafricane.

In una conferenza stampa, gli inquirenti austriaci hanno spiegato che c’è il sospetto che i profughi fossero morti già da un giorno e mezzo o due. Sarebbero morti prima di varcare il confine tra Ungheria e Austria. Il camion era fermo su una piazzola d’emergenza sull’autostrada orientale A4, tra le città di Neusiedl e Parndorf. Alla guida non c’era nessuno. La polizia sta dando la caccia al conducente del veicolo, del quale non si ha alcun indizio. Il camion ha richiamato l’attenzione degli agenti perchè da varie ore era fermo. Il capo di Gabinetto del premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che la targa del veicolo è ungherese, intestata ad un cittadino romeno. La polizia ungherese sta lavorando con le autorità austriache per scoprire che cosa sia accaduto e chi sia responsabile dei decessi dei migranti.

Appello all’unità dalla Ue –  a Vienna i leader europei erano riuniti per un vertice sui Balcani occidentali. E in serata la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato: “Abbiamo raggiunto con Italia e Grecia l’accordo sul fatto che i cosiddetti centri di registrazione o Hot Spots debbano essere allestiti entro la fine dell’anno”. Merkel ha anche detto che “Italia e Grecia potranno accettare centri del genere, soltanto se altri Paesi sono pronti ad accogliere la loro quota di asilanti.

Da parte della Commissione Ue, nel pomeriggio, era arrivato un appello all’unità, davanti alla tragedia austriaca. In una nota si invocano “azioni comuni e solidarietà tra tutti”: “C’è la necessità urgente che tutti gli Stati membri sostengano le proposte avanzate dalla Commissione, anche chi sinora è stato riluttante”. Si sottolinea inoltre come ci si trovi di fronte “non a una crisi italiana, greca, franco-tedesca ungherese, ma europea”.

Il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner, ha chiesto all’Ue di istituire subito dei centri di accoglienza sui confini dell’Unione europea “per permettere il trasferimento in sicurezza di profughi nei 28 stati membri”. Poi ha aggiunto: “Questo è un giorno buio, è necessaria tutta la forza e tolleranza zero contro i trafficanti di esseri umani”.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso la propria solidarietà, amicizia e vicinanza al Cancelliere austriaco Werner Faymann di fronte alla drammatica notizia dei morti asfissiati nel camion. “Una morte assurda, che sconvolge la coscienza di ognuno di noi e che sottolinea, una volta di più se ce ne fosse ancora bisogna, la centralità e l’urgenza del tema dell’immigrazione in una Europa dove tornano ad erigersi muri”.

Siamo tutti sconvolti dalla notizia agghiacciante dei profughi morti nel tir. Questo è un ammonimento all’Europa a offrire solidarietà e a trovare soluzioni”, ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, per poi aggiungere: “Troveremo il modo di distribuire il carico e le sfide in modo equo”. Poco prima era intervenuto anche il ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maiziere che ha ribadito in una conferenza stampa a Berlino “l’urgenza dei centri in Grecia e Italia” da allestire entro la fine di questo anno. Un invito che era arrivato pochi giorni fa anche dalla stessa Merkel e dal presidente francese Francois Hollande.

“Abbiamo un obbligo morale e legale di proteggere i rifugiati” e serve un “approccio europeo” alla gestione della crisi in corso, ha affermato l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ha rivelato che si sta lavorando a nuove proposte, con l’elaborazione di “una lista comune di Paesi d’origine sicuri e un meccanismo di ricollocazione”.

Record di arrivi in Ungheria. Intanto la rotta balcanica continua ad essere presa d’assalto dai migranti. Le previsioni espresse dall’Unhcr nei giorni scorsi sembrano trovare conferma nella realtà: nelle ultime 24 ore, secondo quanto riferito dalla polizia magiara, tremila migranti (tra cui 700 bambini) hanno raggiunto l’Ungheria. Si tratta del numero maggiore di arrivi in un solo giorno in Ungheria, dove dall’inizio dell’anno sono entrati 140 mila migranti della rotta balcanica, più del doppio rispetto all’intero 2014. Secondo il governo ungherese si potrebbe arrivare alla cifra di 300mila migranti alla fine dell’anno.

Nonostante la decisione di Budapest di erigere la barriera metallica lungo il confine con la Serbia (nei piani del premier Orban dovrebbe essere terminata il 31 agosto) i migranti riescono comunque ad oltrepassare il confine, e per questo le autorità hanno disposto l’invio di ulteriori 2.100 poliziotti alla frontiera, con cani, cavalli e l’appoggio degli elicotteri.

Il partito del premier Viktor Orban intende inoltre chiedere al Parlamento l’autorizzazione all’invio dell’esercito per bloccare l’enorme flusso migratorio. Secondo la polizia tale incremento di arrivi si spiega con il desiderio dei migranti di raggiungere l’Ungheria prima del completamento del muro “difensivo” previsto entro la fine di agosto.

Ieri la polizia ungherese ha lanciato gas lacrimogeni contro i profughi siriani nell’affollato campo d’accoglienza di Roszke, presso la frontiera con la Serbia. Gli scontri sono scoppiati dopo il rifiuto dei migranti di farsi registrare e prendere le impronte digitali, nel timore di essere poi costretti a chiedere asilo a Budapest, mentre il loro obiettivo è raggiungere il nord Europa.

Il grande afflusso di migranti sulla rotta balcanica, iniziato con l’approdo di migliaia di persone sull’isola greca di Kos, ha messo a dura prova Serbia e Macedonia, chiamate a fronteggiare un evento di difficile gestione. Oggi Belgrado e Skopje hanno chiesto un piano d’azione all’Unione Europa per rispondere alla crisi. “A meno che non abbiamo una risposta europea a questa crisi, nessuno si deve illudere che possa essere risolta”, ha detto il ministro degli Esteri macedone, Nikola Poposki, intervenendo al vertice, in corso a Vienna, tra la Ue ed i Paesi balcanici.

La questione dell’immigrazione è ovviamente al centro del “Western Balkans Summit”, secondo vertice del “Processo di Berlino” avviato con la conferenza dello scorso agosto. Vi partecipano capi di Governo e ministri di 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia), di Germania, Austria, Francia, Italia, Croazia e Slovenia, ed inoltre il presidente della Commissione Ue, l’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri e il Commissario UE per l’Allargamento. Per l’Italia è presente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.




UNGHERIA – Posizioni xenofobe del premier Orban, barriera al confine con la Serbia

Dopo che l’immagine di uomini, donne a bambini stipati in treni diretti verso campi profughi ha fatto il giro del mondo, sollevando l’indignazione della società civile, l’Ungheria torna a far parlare di sé per le proprie posizioni razziste e xenofobe.

Secondo il premier Viktor Orban, infatti, l’immigrazione illegale è una “minaccia per l’Europa”, in quanto mette a rischio “l’identità culturale europea”. Ciononostante, s’è lamentato il presidente, l’Ue non fa nulla per difendersi dalle “masse di clandestini” che contribuiscono “a far prosperare terrorismo, disoccupazione e criminalità”.

Proprio a fronte di simili convinzioni, il governo ha già deciso di realizzare una barriera sul confine con la Serbia: “Questa gente doveva essere fermata e registrata già in Grecia, perché sono entrati in Ue da lì”, ha tuonato il vicepremier Janos Lazar. “A quel che mi risulta, nei Balcani non c’è attualmente alcuna guerra. Hanno pagato dei trafficanti, in Serbia, e vengono trasportati a bordo di autobus fino al confine ungherese. Costruiamo una barriera proprio per farla finita con tutto questo”.

Intanto, il passaggio illegale in Ungheria sarà qualificato come reato invece che come semplice contravvenzione, come accadeva fino ad oggi.

Sono attorno a 1400-1500 gli immigrati sbarcati in Sicilia negli ultimi giorni. Gran parte e’ approdata nel porto di Palermo a bordo di un rimorchiatore norvegese inserito nel dispositivo Triton: ben 785, africani e siriani, molte donne e molti minori, per lo piu’ non accompagnati. Dei nuovi arrivati, un centinaio restera’ nell’Isola; per gli altri e’ stato disposto il trasferimento nelle altre regioni del Paese. A Pozzallo sono arrivati invece in 468, a bordo di una nave militare irlandese. Tra loro sette donne in gravidanza. E poi 102 arrivati a Trapani; tra loro 24 donne (di cui tre in gravidanza), 12 minori non accompagnati, e due neonati. Cinque migranti sono stati trasferiti all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani per accertamenti sanitari. Nel frattempo sembra aggravarsi il bilancio del naufragio al largo della Libia. Alle circa quaranta vittime di cui hanno parlato i superstiti, se ne aggiungerebbero altre cinque, in base alle testimonianze raccolte dalle organizzazioni umanitarie presenti sul posto. Sarebbero dunque 45 le vittime, secondo le loro ricostruzioni. Tra le ipotesi della tragedia, anche quella di un possibile incidente in mare nelle concitate fasi dei soccorsi: il panico e la foga per mettersi in salvo avrebbe provocato il dramma.

Dei 785 giunti a Palermo sulla nave norvegese Siem Pilot, 133 sono donne, due delle quali in stato di gravidanza e 27 bambini. La maggior parte proviene dall’Eritrea (766) gli altri da Siria, Bangladesh, Etiopia e Sudan. In particolare, tra i profughi in condizioni fisiche piu’ delicate, sono scesi un non vedente e un uomo e una donna in iperglicemia acuta che hanno avuto bisogno dell’intervento immediato dei sanitari dell’Asp. Gli altri migranti, alcuni con problemi dermatologici, sono complessivamente tutti in buone condizioni di salute. La gran parte dei migranti saranno trasferiti nei centri di prima accoglienza delle varie regioni italiane. Circa una settantina , per pochi giorni, verranno accolti dal centro San Carlo e Santa Rosalia della Caritas.

Al porto, sotto il sole cocente, ad attivarsi anche 28 volontari della Caritas con due operatori. Si tratta di persone, giovani e non, che hanno risposto all’appello lanciato nei giorni scorsi dalla Caritas che invitava i cittadini a farsi avanti per partecipare attivamente alla distribuzione di cibo, acqua e scarpe ai profughi durante lo sbarco. Sono stati preparati all’alba e distribuiti al Porto dalla Caritas ben 2800 sacchetti con il pasto che i migranti porteranno con loro nel viaggio per le diverse destinazioni e oltre cento paia di scarpe. “Continuiamo a verificare con piacere – afferma Anna Cullotta, coordinatrice dei volontari della Caritas – che, nonostante il sole cocente, tanti giovani e meno giovani si stanno spendendo, in pieno spirito di gratuita’ con grande energia, nei confronti dei primi bisogni dei migranti. L’invito che continuiamo a rivolgere alla cittadinanza e’ quello di partecipare attivamente al porto, non soltanto per rispondere al bisogno che abbiamo ma anche per potere fare un’esperienza umana molto forte”. Tra i migranti giunti a Pozzallo, invece, 41 sono donne e 42 i bimbi. Nove donne in gravidanza sono state trasferite per controlli, negli ospedali di Ragusa, Vittoria e Modica. Un uomo e’ stato ricoverato a Ragusa. I migranti provengono da Bangladesh, Nigeria, Etiopia, Siria, Senegal, Costa D’Avorio, Guinea, Marocco e Somalia.




INCHIESTA – Nell’affaire Xylella le mani di latifondisti e speculatori (con photoreportage)

Gli ulivi salentini vanno tagliati e presto toccherà a quelli più a Nord della regione Puglia. Sebbene non esista certezza che siano infetti da Xylella, anzi sebbene l’infezione sia stata riscontrata sull’1,78% delle piante campionate (e, per esempio, solo su due dei cinque alberi analizzati sui sette tagliati a Oria ad aprile). È comunque “calamità naturale”, come da decreto a firma del ministro Maurizio Martina, che stanzia undici milioni “per gli indennizzi agli agricoltori”. Ministro che batte cassa con l’Ue: “All’Europa chiediamo un supporto ulteriore sulla ricerca e, soprattutto, altre risorse per gli indennizzi”.

Emiliano sul ‘Complesso del disseccamento degli ulivi’ fa sapere che “daremo seguito ai provvedimenti, non possiamo più perdere tempo”. Ha visitato alcuni uliveti nei quali la malattia “ha fatto progressi impressionanti, visibili a occhio nudo” e quindi lancia un appello “a sindaci, associazioni, ambientalisti, affinché non si perda altro tempo, perché trascurare la strada più evidente per quelle meno evidenti sarebbe errore catastrofico”.

Per ora sul piatto ci sono gli 11 milioni messi in campo con la dichiarazione dello stato di calamità, per la prima volta in Italia associato a una fitopatia sanitaria. Nei prossimi 45 giorni le aziende interessate potranno presentare le domande alla Regione, che presto sarà chiamata dal commissario Silletti anche a valutare il nuovo piano delle eradicazioni.

Negli ultimi tre anni sono stati espiantati 100mila ulivi. Si è dato il via alla guerra tra cosche,  come sotterraneamente sta accadendo, e come possiamo intuire, guardando alle decine di migliaia di ulivi secolari bruciati, tagliati e sradicati da quando c’è la Xylella.

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E’ dunque necessario che urgentemente la Regione Puglia impugni  l’ultima Decisione di esecuzione della Ue (del 18 maggio scorso), che decreta la morte della foresta d’ulivi secolari di Puglia e dei suoi abitanti, in quanto ribadisce l’obbligatorietà dell’uso di pesticidi.

La svolta per l’affaire Xylella c’è stata con la visita in Salento del Commissario Ue per la Salute, Vytenis Andriukaitis: “Quello che ho visto mi preoccupa – ha detto –. È una situazione che può espandersi, contagiare altre varietà. Abbiamo perso molto tempo e ogni giorno si mettono gli ulivi a rischio. Bisogna abbattere quelli ammalati per salvare gli altri. Un messaggio deve essere chiaro, bisogna agire tutti insieme”.

C’è poi l’altro piano, quello ‘strategico’. Facile facile da intuire. Il Commissario sta a quanto gli ha raccontato il governo nostrano (malgrado quell’1,78%) e alla direttiva Ue, il ministro Martina teme di fare passi indietro proprio rispetto a quella direttiva (di fatto provocata dalla sua relazione a Bruxelles) ed Emiliano che prova a mollare qualcosa sperando di salvare la barca pugliese.

Ma le associazioni sono intanto furiose. “Ho appena fatto in tempo a chiedere al Commissario se l’avessero portato a vedere le sperimentazioni e gli alberi guariti – racconta Antonia Battaglia di Peacelink, ong accreditata presso la Commissione Ue –. E a chiedere al ministro Martina dove fosse la calamità naturale. Sono stata fermata dopo un minuto. Il ministro ha alzato la voce e mi ha detto che vale la sua autorità”. Rincara Luigi Russo, presidente del Centro servizi per il volontariato del Salento: “Emiliano deve andare a Bruxelles e perorare la causa della nostra terra, visto che il governo sembra aver deciso di procedere con le eradicazione senza se e senza ma”, cioè “una strategia per movimentare soldi, arricchire pochi, impoverire molti e soprattutto per inventare un nuovo paesaggio”.

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E’ quanto sta accadendo tra il territorio di Bitonto e Modugno, al confine con la lama Balice dove si trova un’area molto interessante dal punto di vista storico-archeologico, si tratta della contrada modugnese denominata Misciano o Musciano. Essa prende il nome da una depressione alluvionale nota come lama di Misciano che si trova nel punto di confluenza con la lama di Macina (il tratto della lama del Tiflis che sfiora a Sud il centro abitato di Bitonto) e subito prima dell’inizio della lama Balice. È un territorio posto a circa 5 km a Nord-ovest di Modugno, delimitato a Nord dalla lama Balice, ad Est dalla S.P. Modugno-Palese, a Sud dal percorso dell’autostrada A14 e ad Ovest dal confine con il territorio di Bitonto.

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L’area di Misciano fa parte della zona industriale di Bari nel Comune di Modugno e una parte di questa contrada è sottoposta a vincolo archeologico. La contrada è caratterizzata dalla presenza di tracce del mondo rurale con palmenti, trappeti, torri, ma anche resti di strade e di centuriazione romana (cosiddetti Termini), edicole confinarie del XVI secolo (cippo di S. Andrea), ipogei, resti archeologici di epoca altomedievale. Ma il valore storico non la esonera da quanto sta accadendo altrove. I piccoli poderi sono presi d’assalto da bande. Nell’aprile 2013 un piccolo proprietario terriero ha trovato tagliati 30 alberi di ulivi, alcuni secolari. Qualche giorno fa ha trovato l’uliveto bruciato. Come è possibile vedere dalle fotografie inserite in questo articolo. Da tre anni, da quando è esploso l’affaire Xylella, è minacciato e subisce atti vandalici dei quali la Guardia campestre non si degna nemmeno di informarlo. Ogni volta gli tocca apprendere dolosamente da sè la notizia e  far fronte anche al peso psicologico che gli deriva dal non sentirsi tutelato e protetto dalle istituzioni.

Il piccolo uliveto arato e sempre ripulito dall’erba alta è stato preso di mira da chi evidentemente ha interessi a espandere il proprio latifondo e a intensificare un altro tipo di coltivazione, questo  è confermato dal fatto che uno dei terreni confinanti, abbandonato a se stesso, non coltivato e pieno di sterpaglie (nelle foto in basso),  resti sempre illeso da  motoseghe.

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Dal nostro sopralluogo è emerso che  l’attuale stato dell’agricoltura pugliese è determinato  dall’assenza di controlli sul terreno di grandi e piccoli proprietari e di un corpo investigativo che intervenga dopo la denuncia alle Autorità.