AMERICA LATINA – L’Alleanza del Pacifico sostituirà l’Alba

Entrerà in vigore il 20 luglio l’Accordo quadro che dà concretezza all’Alleanza del Pacifico, un organismo per l’integrazione tra Colombia, Perù, Messico e Cile. La decisione è giunta al termine del decimo vertice presidenziale del blocco, che si è tenuto a Paracas, in Perù. Un’alleanza regionale che in molti considerano, non a torto, il contraltare dal punto di vista geopolitico e anche economico all’integrazione solidale e indipendente rappresentata dall’Alba su iniziativa di Cuba, Venezuela ed altri paesi dove negli ultimi anni rivoluzioni o processi democratici hanno condotto al potere movimenti progressisti. Non è un caso che il processo di integrazione tra Colombia, Perù, Messico e Cile abbia notevolmente accelerato negli ultimi anni, anche su pressione degli Stati Uniti che cercano così di recuperare terreno nell’ex cortile di casa ormai da tempo sottratto a Washington.
Il dato più rilevante dell’Accordo raggiunto è l’azzeramento di dazi doganali per ben il 92% dei prodotti commercializzati tra i paesi che aderiscono all’Alleanza del Pacifico, che rappresenterà in questo modo l’ottava potenza economica e l’ottavo esportatore a livello globale. L’accordo, ribadendo quanto già deciso nel 2013, prevede anche la libera circolazione dei capitali e delle persone, che potranno viaggiare così all’interno dei quattro paesi senza necessità di un visto d’ingresso.
Il nuovo blocco regionale del Pacifico, annunciato solo nel 2011, è stato costituito formalmente in Cile nel giugno del 2012, e negli ultimi anni ha fatto passi da gigante testimoniando una universale tendenza a costituire aree regionali, monetarie ed economiche sovranazionali spesso in competizione con aggregati simili.
Solo restando in terra americana, la Alianza si va così ad aggiungere al Mercosur (Mercado comun del Sur), i cui soci sono Argentina, Brasile, Venezuela, Uruguay e Paraguay (più altri paesi che fanno parte di altre alleanze) e naturalmente l’Alba (Alleanza bolivariana per i Popoli delle Americhe) alla quale hanno aderito oltre al Venezuela, anche Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Antigua e Barbuda, Dominica e Saint Vincent e Grenadine.
A livello latinoamericano, il blocco, totalizza 214 milioni di abitanti, e rappresenta il 37% de Prodotto interno lordo e il 50% del commercio totale. Inoltre, attrae il 45% degli investimenti stranieri.
A segnalare l’identità politica tendenzialmente reazionaria del nuovo blocco regionale, nel corso del vertice a Paracas, i presidenti degli altri paesi hanno espresso solidarietà con il governo della Colombia, “colpita da attentati rurali e urbani che hanno messo a dura prova il processo di pace con i guerriglieri delle Farc e a tal fine hanno anche offerto collaborazione”.
Da parte sua il presidente messicano, il contestatissimo Enrique Peña Nieto, ha passato il testimone cedendo la presidenza pro-tempore dell’Alleanza al suo omologo peruviano Ollanta Humala, sottolineando che le quattro economie del blocco hanno sperimentato una crescita superiore alla media di tutta l’America Latina e dei Caraibi. “Siamo quattro paesi che hanno attivato meccanismi per la libera mobilità di persone, beni, capitali e servizi”, ha aggiunto Peña Nieto.
Nonostante il carattere evidentemente strumentale dell’operazione, è evidente che il boccone è appetibile e molte potenze straniere grandi e piccole non se lo lasceranno sfuggire. Molti analisti citano infatti la possibilità che altri 32 paesi di tutto il pianeta possano integrarsi nell’Alleanza del Pacifico dopo che da qualche tempo sono rappresentati con lo status di osservatori, contendendo a Washington il controllo sul blocco geopolitico. Tra questi anche la Cina, oltre al Giappone, alla Francia, alla Spagna, alla Corea del Sud e a dieci Stati che ne hanno presentato richiesta ufficiale.
Molto critici invece i paesi dell’Alba. Il più chiaro e tempestivo nel denunciare il carattere subalterno all’imperialismo statunitense ed europeo della nuova integrazione regionale è stato il presidente boliviano. “I tentativi degli Stati Uniti sono ora volti a dividere i paesi UNASUR dell’Alleanza del Pacifico. L’Alleanza del Pacifico vuole privatizzare di nuovo i servizi di base e parla di nuovo di libero mercato. Dopo aver fallito nell’imporre questi principi al processo di integrazione dell’America Latina, ora prova a dividerci” ha detto Evo Morales.




La famiglia non è un paradiso, diciamolo alle nostre figlie: la storia di Chiara

L’ Argentina, un Paese dove, dicono le associazioni, ogni 31 ore una donna viene uccisa, per un totale di 1.800 morte dal 2008 al 2014, e dove chi decide di denunciare abusi e violenze da parte dei propri partner spesso non viene presa in considerazione dalle forze dell’ordine, è stata sconvolta dalla morte di Chiara.

Dopo l’omicidio,  uomini, donne e bambini di tutto il Paese non sono rimasti in silenzio. Sui social, l’hashtag #NiUnaMenos («Non una di meno») è rimasto per giorni tra i trend topic.

Migliaia di persone hanno manifestato in 70 città del Paese. A Buenos Aires 200mila persone si sono ritrovate nella piazza del Parlamento per chiedere al governo un sforzo maggiore contro la violenza di genere. Una mobilitazione storica. Che si è estesa anche a Cile e Uruguay, perchè questa è una storia che riguarda il mondo intero e un sentimento ritenuto universale, perchè i fatti accaduti tornano a interrogare tutti: che cos’è l’amore? Quale  deve essere l’educazione sentimentale da dare alle nostre figlie? E a investire di responsabilità individui e istituzioni.

Cara Chiara, piccolo fiore reciso,  gli uomini sono tristi, non te lo ha mai detto nessuno? Adesso la tua famiglia chiede giustizia.

Tuo padre, Fabio, ha cambiato pochi giorni fa la foto del suo profilo Facebook, mettendo la tua. «Tutte le notti prima di andare a dormire, piango da solo nel mio letto», ha scritto. «Vorrei tanto che qualcuno potesse darmi una spiegazione per quello che è successo».

Avevi solo 14 anni. Una giovane come tante altre, legata alla tua famiglia, studentessa modello. Con decine di foto della tua vita postate su Instagram e Facebook che ti ritraggono sorridente insieme alla mamma, al papà, o  alle compagne della squadra di hockey del suo istituto.

Un giorno, all’inizio di maggio, sei scomparsa. Su Facebook in molti hanno iniziato a postare il tuo ritratto insieme a richieste di aiuto per ritrovarti. Tanti hanno partecipato alle ricerche. Tra loro anche il tuo ragazzo, Manuel Mansilla. Sì, proprio lui, che ti ha tradito.

Le ricerche sono durate tre giorni. L’11 maggio il tuo corpo senza vita è stato ritrovato nel cortile della casa di Manuel. Il tuo volto tumefatto dalle botte, quasi irriconoscibile. Eri, si è appreso in seguito, incinta di 8 settimane. Il tuo ragazzo ti ha sepolta sepolta in giardino. Eri ancora viva.

Manuel ha confessato l’omicidio. E visto che l’autopsia ha trovato nel tuo corpo anche tracce di un farmaco abortivo, è stato  accusato di avere costretto l’ interruzione di gravidanza. E sarebbe proprio questo il motivo per cui avete litigato e per cui lui avrebbe deciso di ucciderti.

Quello che invece sembrava strano era che Manuel avesse agito da solo. In un secondo momento, infatti, anche la madre del ragazzo e il suo compagno sono stati arrestati. «Chiara è una ragazza in forma», ha detto tuo padre, «pesa 70 kg, è alta 1 metro e 70, è impossibile che Manuel abbia fatto tutto da solo».

La tragedia è compiuta. Nessuno potrà restituirti la vita rubata. Con questo editoriale conserviamo la tua memoria affinchè la tua morte non sia vana e serva da lezione a questo mondo distratto, superficiale e sprovveduto, perchè la tua storia salvi altre giovani donne.

Riposa in pace.