Slogan minacciosi, offese reciproche, tensione che si taglia con il coltello. Finché non arrivano anche le botte: qualche pugno dei manifestanti di estrema destra colpisce gli agenti della polizia e questi, per tenere i neofascisti a distanza, alzano i manganelli e li fanno indietreggiare.
Da una parte circa 150 manifestanti scesi in piazza Sant’Isidoro per dire no all’accoglienza dei profughi ospitati all’ex hotel Maragò, dall’altra una quarantina di esponenti di associazioni di sinistra (La Boje, Mantova Antifascista). In mezzo gli agenti della polizia in tenuta antisommossa. Fuori dal palcoscenico della serata di violenza sono rimasti loro, i profughi: un convitato di pietra attorno al quale si è sviluppata una serata che la città non è certo abituata a vivere.
La questura aveva autorizzato entrambe le manifestazioni ma con un veto preciso: nessun contatto tra i due gruppi né, naturalmente, tra i neofascisti e la struttura che ospita i migranti. Ma che non tirasse una buona aria si era capito già quando, in favore di telecamera, erano partiti i primi slogan da destra. In piazza – al di là del sedicente comitato apartitico per “Mantova ai virgiliani” – esponenti di Fronte Skinheads e Forza Nuova, guidati dal coordinatore del Nord Luca Castellini, e più di una voce che inneggiava al leader della Lega Nord, Matteo Salvini. Gruppi che, lo avrebbero spiegato loro stessi nel corso della serata, muovono soprattutto da Brescia e Verona e si spostano di città in città per protestare contro l’accoglienza dei profughi.
Poco dopo le 21 il momento di maggior tensione. I neofascisti hanno provato a superare il limite imposto dalla questura per procedere lungo via Stazione: in quella direzione avrebbero incontrato prima l’hotel dei profughi e poi, poco oltre, il presidio di La Boje. Quando si sono frapposti, alcuni agenti sono stati colpiti: inevitabile a quel punto la reazione della polizia che ha colpito i manifestanti con una rapida serie di manganellate. Non una carica prolungata o particolarmente violenta, ma sufficiente a far arretrare i manifestanti (uno dei quali, riferiscono, sarebbe rimasto ferito alla testa). Una notizia però non confermata. «Vogliamo andare dal titolare dell’hotel e dirgli che è un pezzo di m… – dicono alla cronista della Gazzetta – perché si arricchisce con i soldi dell’accoglienza dei profughi, con i soldi degli italiani».
All’inizio della serata era presente anche Luca De Marchi, consigliere comunale ex leghista. Che poi, visto il tenore della manifestazione, se n’è andato. I neofascisti lo hanno accusato di codardia, ma lui prende nettamente le distanze: «Io sono un uomo delle istituzioni: se la questura dice di rimanere in piazza Sant’Isidoro, io non vado oltre. Sono rimasto lì con il mio popolo, fatto di gente comune che i profughi non li vuole ma che non si scontra con la polizia. Sono volati pugni e manganellate? È una roba penosa che Mantova non merita».
Sempre a distanza la quarantina di simpatizzanti di La Boje e Mantova Antifascista: «Questi neofascisti replicano lo stesso schema in tutte le città in cui vanno – attacca Enrico Lancerotto di La Boje – provano a convogliare la rabbia della gente contro delle persone che hanno la sola colpa di scappare dalle guerre».
Angela Merkel bacchetta Italia e Grecia sull’emergenza profughi: i centri di registrazione dei profughi nei due Paesi vanno realizzati rapidamente, entro l’anno. Parigi e Berlino ritengono che, nell’emergenza attuale, i ritardi siano inaccettabili. Anche sulla gestione dei profughi, una situazione «straordinaria» in cui si trova l’Europa, Angela Merkel e François Hollande hanno accordato le voci, lanciando a Berlino un documento di lavoro comune, affidato ai reciproci ministri dell’Interno. Oltre a un richiamo all’unisono ai Paesi membri che non rispettano la piena comune applicazione del diritto d’asilo in Europa. La bilaterale col presidente francese ha preceduto di poco un incontro a tre con il presidente ucraino Petro Poroshenko sulla situazione nell’Est del Paese per rilanciare gli accordi di Minsk.
Merkel e Hollande hanno chiesto, incontrando la stampa in un primo momento da soli, che la Commissione europea «prema sui Paesi che non rispettano le condizioni del diritto d’asilo, per fare in modo che finalmente si verifichi». «Si tratta della registrazione, degli standard minimi dei centri di accoglienza e degli standard minimi sulle forniture sanitarie», ha puntualizzato la cancelliera. Poi il passaggio che riguarda Roma e Atene: «I capi di governo hanno stabilito che vengano allestiti dei centri di registrazione nei Paesi colpiti dai primi arrivi, come la Grecia e l’Italia, mettendo a disposizione personale comune. Questi centri devono essere fatti velocemente, entro l’anno. Ritardi non possono essere accettati», ha avvertito la cancelliera.
Le ha fatto subito eco Hollande, che ha rivendicato «un’accelerazione» su questo fronte. «È indispensabile» – ha insistito a sua volta il presidente- «che questi centri vengano realizzati, per registrare chi arriva sulle nostre coste e che qui si prendano le doverose decisioni su quelli che hanno diritto e quelli che non possono essere accettati». L’inquilino dell’Eliseo ha poi ribadito l’allarme generale che vive il continente, alle prese con una sfida «molto difficile»: «Ci sono volte in cui l’Europa si trova di fronte a situazioni straordinarie. Questa è una situazione straordinaria», ha affermato, e «nessun Paese può risolvere da solo» il problema. Serve una stretta cooperazione europea. È Stata invece Merkel a ricordare che nell’Ue la «distribuzione (dei profughi) non è ancora equa».
TUMULTI IN GERMANIA – Gli ammonimenti arrivano a ridosso di un week-end difficilissimo in Germania, dove si sono verificati gravi tumulti in Sassonia, con 30 agenti feriti e panico fra i rifugiati. Merkel è alle prese con i numeri inattesi dei richiedenti asilo nel suo Paese – oltre 800 mila quelli stimati per il 2015, il doppio della cifra calcolata fino a qualche giorno fa – e l’insofferenza di frange di popolazione innescate dai populisti anti-immigrati di Pegida e dagli estremisti di destra.
BUDAPEST – Tragedia dell’immigrazione in Austria: da 20 a 50 rifugiati sono stati trovati morti in un tir abbandonato lungo l’autostrada orientale A4 tra il Burgenland Neusiedl e Parndorf. I migranti sarebbero rimasti asfissiati nel cassone. L’episodio arriva dopo l’ennesima strage nel Canale di Sicilia: ieri sono state trovate morte 51 persone su un’imbarcazione diretta dalla Libia all’Italia e nello stesso giorno in cui un nuovo dramma si concretizza in mare, con numerose vittime per un naufragio al largo delle coste nordafricane.
In una conferenza stampa, gli inquirenti austriaci hanno spiegato che c’è il sospetto che i profughi fossero morti già da un giorno e mezzo o due. Sarebbero morti prima di varcare il confine tra Ungheria e Austria. Il camion era fermo su una piazzola d’emergenza sull’autostrada orientale A4, tra le città di Neusiedl e Parndorf. Alla guida non c’era nessuno. La polizia sta dando la caccia al conducente del veicolo, del quale non si ha alcun indizio. Il camion ha richiamato l’attenzione degli agenti perchè da varie ore era fermo. Il capo di Gabinetto del premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che la targa del veicolo è ungherese, intestata ad un cittadino romeno. La polizia ungherese sta lavorando con le autorità austriache per scoprire che cosa sia accaduto e chi sia responsabile dei decessi dei migranti.
Appello all’unità dalla Ue – a Vienna i leader europei erano riuniti per un vertice sui Balcani occidentali. E in serata la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato: “Abbiamo raggiunto con Italia e Grecia l’accordo sul fatto che i cosiddetti centri di registrazione o Hot Spots debbano essere allestiti entro la fine dell’anno”. Merkel ha anche detto che “Italia e Grecia potranno accettare centri del genere, soltanto se altri Paesi sono pronti ad accogliere la loro quota di asilanti.
Da parte della Commissione Ue, nel pomeriggio, era arrivato un appello all’unità, davanti alla tragedia austriaca. In una nota si invocano “azioni comuni e solidarietà tra tutti”: “C’è la necessità urgente che tutti gli Stati membri sostengano le proposte avanzate dalla Commissione, anche chi sinora è stato riluttante”. Si sottolinea inoltre come ci si trovi di fronte “non a una crisi italiana, greca, franco-tedesca ungherese, ma europea”.
Il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner, ha chiesto all’Ue di istituire subito dei centri di accoglienza sui confini dell’Unione europea “per permettere il trasferimento in sicurezza di profughi nei 28 stati membri”. Poi ha aggiunto: “Questo è un giorno buio, è necessaria tutta la forza e tolleranza zero contro i trafficanti di esseri umani”.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso la propria solidarietà, amicizia e vicinanza al Cancelliere austriaco Werner Faymann di fronte alla drammatica notizia dei morti asfissiati nel camion. “Una morte assurda, che sconvolge la coscienza di ognuno di noi e che sottolinea, una volta di più se ce ne fosse ancora bisogna, la centralità e l’urgenza del tema dell’immigrazione in una Europa dove tornano ad erigersi muri”.
Siamo tutti sconvolti dalla notizia agghiacciante dei profughi morti nel tir. Questo è un ammonimento all’Europa a offrire solidarietà e a trovare soluzioni”, ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, per poi aggiungere: “Troveremo il modo di distribuire il carico e le sfide in modo equo”. Poco prima era intervenuto anche il ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maiziere che ha ribadito in una conferenza stampa a Berlino “l’urgenza dei centri in Grecia e Italia” da allestire entro la fine di questo anno. Un invito che era arrivato pochi giorni fa anche dalla stessa Merkel e dal presidente francese Francois Hollande.
“Abbiamo un obbligo morale e legale di proteggere i rifugiati” e serve un “approccio europeo” alla gestione della crisi in corso, ha affermato l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ha rivelato che si sta lavorando a nuove proposte, con l’elaborazione di “una lista comune di Paesi d’origine sicuri e un meccanismo di ricollocazione”.
Record di arrivi in Ungheria. Intanto la rotta balcanica continua ad essere presa d’assalto dai migranti. Le previsioni espresse dall’Unhcr nei giorni scorsi sembrano trovare conferma nella realtà: nelle ultime 24 ore, secondo quanto riferito dalla polizia magiara, tremila migranti (tra cui 700 bambini) hanno raggiunto l’Ungheria. Si tratta del numero maggiore di arrivi in un solo giorno in Ungheria, dove dall’inizio dell’anno sono entrati 140 mila migranti della rotta balcanica, più del doppio rispetto all’intero 2014. Secondo il governo ungherese si potrebbe arrivare alla cifra di 300mila migranti alla fine dell’anno.
Nonostante la decisione di Budapest di erigere la barriera metallica lungo il confine con la Serbia (nei piani del premier Orban dovrebbe essere terminata il 31 agosto) i migranti riescono comunque ad oltrepassare il confine, e per questo le autorità hanno disposto l’invio di ulteriori 2.100 poliziotti alla frontiera, con cani, cavalli e l’appoggio degli elicotteri.
Il partito del premier Viktor Orban intende inoltre chiedere al Parlamento l’autorizzazione all’invio dell’esercito per bloccare l’enorme flusso migratorio. Secondo la polizia tale incremento di arrivi si spiega con il desiderio dei migranti di raggiungere l’Ungheria prima del completamento del muro “difensivo” previsto entro la fine di agosto.
Ieri la polizia ungherese ha lanciato gas lacrimogeni contro i profughi siriani nell’affollato campo d’accoglienza di Roszke, presso la frontiera con la Serbia. Gli scontri sono scoppiati dopo il rifiuto dei migranti di farsi registrare e prendere le impronte digitali, nel timore di essere poi costretti a chiedere asilo a Budapest, mentre il loro obiettivo è raggiungere il nord Europa.
Il grande afflusso di migranti sulla rotta balcanica, iniziato con l’approdo di migliaia di persone sull’isola greca di Kos, ha messo a dura prova Serbia e Macedonia, chiamate a fronteggiare un evento di difficile gestione. Oggi Belgrado e Skopje hanno chiesto un piano d’azione all’Unione Europa per rispondere alla crisi. “A meno che non abbiamo una risposta europea a questa crisi, nessuno si deve illudere che possa essere risolta”, ha detto il ministro degli Esteri macedone, Nikola Poposki, intervenendo al vertice, in corso a Vienna, tra la Ue ed i Paesi balcanici.
La questione dell’immigrazione è ovviamente al centro del “Western Balkans Summit”, secondo vertice del “Processo di Berlino” avviato con la conferenza dello scorso agosto. Vi partecipano capi di Governo e ministri di 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia), di Germania, Austria, Francia, Italia, Croazia e Slovenia, ed inoltre il presidente della Commissione Ue, l’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri e il Commissario UE per l’Allargamento. Per l’Italia è presente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.