GRECIA – Governo tecnico: primo premier donna e un senex di 87 anni agli Esteri

Il primo premier donna della storia democratica greca, il presidente della Corte suprema Vassilikì Thanos, è stato chiamato dal capo dello Stato Procopios Pavlopoulos a risolvere l’impasse politica nel Paese. Troppo complessa la matassa degli incarichi ai tre capi dell’opposizione (così come prevede la Costituzione ellenica) dopo le dimissioni di Alexis Tsipras. Nessuno è riuscito a formare un governo con le attuali forze in aula e così il mandato è stato consegnato nelle mani della giudice. Il nuovo esecutivo durerà in carica un mese, al solo fine di condurre la Grecia alle urne il prossimo settembre (il 20 o il 27).

Secondo le prime indiscrezioni, i ministri tecnici sarebbero l’80% dei nuovi, come banchieri, tecnocrati e magistrati. Agli Esteri dovrebbe andare l’87enne Petros Molyviatis, uno stretto collaboratore di Kostantino Karamanlis, già ministro degli esteri nel 2012 sotto il governo tecnico Pikrammenos e anche dal 2004 al 2006. Tecnocrate di lungo corso, è diplomatico di carriera, e ha servito nella delegazione permanente della Grecia presso l’Onu a New York, e la Nato a Bruxelles. Ha anche lavorato nelle ambasciate greche di Mosca, Pretoria e Ankara.

Agli Interni il costituzionalista Antonis Manitakis e alle Riforme il professore Antonis Makridimitris. In forte dubbio la permanenza di Euclid Tsakalotos alle finanze, dal momento che si fa strada l’ipotesi che venga sostituito da George Chouliarakis, uno dei principali negoziatori del governo greco nelle consultazioni con i creditori in questa prima metà del 2015: sarebbe il terzo cambio alle finanze in soli otto mesi che certamente non offre sollievo al versante economico, gravato oggi dalla notizia delle mancate entrate fiscali nei primi sei mesi del 2015 per 6 miliardi di euro. Segno che il meccanismo della riscossione delle tasse ancora non funziona a dovere nel Paese.

Intanto l’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis dice apertamente che sta riflettendo sulla possibilità di dare vita a un movimento paneuropeo di respiro internazionale, che non si presenterà alle prossime elezioni. L’idea è di assembleare un pensatoio come le fondazioni Usa in attesa di capire i tempi politici ellenici. Lo scopo è dare fiato ad una rete europea anti memorandum e anti austerità contando su sponde economiche e sociali. Non ne farà parte l’ex sodale Tsipras che, di contro, esclude di essere premier in un futuro governo di coalizione, se le elezioni dovessero consegnare un quadro di ingovernabilità, così come è probabilissimo. Infatti anche il secondo sondaggio, diffuso in questi giorni dopo quello della Bild, evidenzia una differenza minima tra Syriza e Nea Dimokratia. Secondo le proiezioni di Greek Reporter al momento c’è un testa a testa fra i due partiti, con la sinistra di Tsipras che perde voti a causa della scissione.

“Non esiteremo a tornare alla moneta nazionale spingendo per il Grexit” replica proprio il leader di Unità Popolare, Panagiotis Lafazanis, dalla frequenze della tv americana Cnbs. L’ex ministro fuoriuscito da Syriza non perde occasione per accusare Tsipras: “Ha rinunciato a tutti gli impegni programmatici essenziali e fondamentali di Syriza – attacca – Ha accettato un finanziamento che prevede politiche distruttive, incluse le riduzioni degli stipendi e delle pensioni. È il colpo finale per l’economia greca”. La campagna elettorale è appena all’inizio.




GRECIA – Tsipras si dimette con una lettera al popolo greco. Pronto il nuovo partito

Alexis Tsipras si dimette, e cerca un nuovo “forte mandato” del “popolo sovrano” per continuare l’opera riformatrice della quale rivendica i meriti e per fare uscire la nazione dall’austerità: il premier greco ha fatto l’annuncio delle sue dimissioni nel corso di un discorso in diretta tv, aprendo dunque la strada a nuove elezioni. Fonti di governo citate dalla stampa greca parlano del 20 settembre come data più che probabile. Una decisione che sembra sostenuta dalle prime reazioni dalla Ue, che auspica un governo forte che porti avanti il programma di riforme. La Grecia va dunque al quinto voto politico nel giro di poco più di un anno, nel giorno in cui arrivano i primi 13 miliardi dall’Esm, e all’indomani del voto cruciale del Parlamento tedesco che dà il via libera definitivo al mega-prestito da 86 miliardi di euro, in cambio di nuove, stringenti misure di austerità. Una mossa, questa del voto anticipato, che serve a Tsipras a non dare tempo alle opposizioni – che non rappresentano al momento un avversario temibile – di organizzarsi, ma soprattutto a evitare che il blocco di Piattaforma di Sinistra interno a Syriza, che ha votato contro gli accordi con i creditori, abbia tempo di separarsi dal partito, consolidarsi e rappresentare una minaccia alle urne. Il premier conta infatti sulla sua perdurante popolarità: negli ultimi sondaggi oltre il 60% dei greci ne approva l’operato, nonostante la mancata promessa sulla fine dell’austerità. E le misure votate dal Parlamento, notano gli osservatori, non hanno ancora iniziato a farsi sentire sulla già provata società greca. “Andrò dal presidente della Repubblica a presentare le dimissioni. Il mandato che ho ricevuto il 25 gennaio ha fatto il corso. Ora il popolo sovrano deve decidere, voi dovete decidere se siamo riusciti a portare il paese su una strada positiva, voi dovete decidere se siamo in grado di portare il paese all’uscita dal memorandum, se abbiamo avuto coraggio” nel negoziato, ha affermato il premier, sottolineando che forse – con l’arrivo dei primi finanziamenti internazionali – “potremmo esser entrati nella fase finale di questa difficile situazione”. “Voi ci giudicherete – ha proseguito – così come giudicherete quelli che hanno proposto il ritorno alla dracma o che hanno continuato a servire il vecchio sistema”. Ma io “ho la coscienza a posto, in questi mesi ho combattuto per il mio popolo”.

Parlando proprio della difficile intesa raggiunta a luglio con i creditori, il primo ministro ha spiegato ai suoi connazionali che il nuovo piano di aiuti “non è quello che volevamo ma era il migliore che potessimo ottenere date le circostanze”, ed ha citato le ‘vittorie’ ottenute del tavolo negoziale, tra cui il surplus primario allo 0.25% invece che al 3 inizialmente voluto dalla troika, e “i licenziamenti dei dipendenti pubblici, diventati una cosa del passato”. “Siamo obbligati a rispettare l’accordo ma senza che siano colpite le classi meno abbienti”, ha enfatizzato. Tsipras, in quello che è di fatto il suo primo discorso della nuova campagna elettorale, si è quindi rivolto ai greci: “Vogliamo un forte mandato, un governo stabile e la solidarietà con la società che vuole le riforme in senso progressista”. La parola ora passa al presidente della repubblica Prokopis Pavlopoulos. La prassi prevede che il capo dello Stato affidi brevi mandati esplorativi al partito arrivato secondo alle elezioni (Nuova Democrazia) e quindi al terzo (i neonazisti di Alba Dorata) per vedere se è possibile formare un altro governo. Ma ci si aspetta che entrambi rinuncino. La guida ad interim dell’esecutivo che porterà il Paese al voto verrà assunta dal presidente della Corte suprema, signora Vassiliki Thanou. Intanto l’Europa sembra reagire con favore all’annuncio, pur non entrando nel merito. “Rapide elezioni in Grecia possono essere un modo per ampliare il consenso per il programma Esm di sostegno alla stabilità appena firmato dal premier Tsipras a nome della Grecia”, ha commentato su Twitter Martin Selmayr, il capo gabinetto del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. E per la portavoce dell’esecutivo Ue Annika Breidthardt “un ampio sostegno per il memorandum d’intesa” sul terzo piano di aiuti “e il rispetto degli impegni saranno la chiave per il successo”.

TSIPRAS: al popolo sovrano la prima e l’ultima parola
di Alexis Tsipras 20 agosto 2015

Greche e greci,
Negli ultimi mesi abbiamo passato tutti noi momenti difficili e drammatici.
La dura trattativa con i creditori è stata una grande prova per il governo e per il paese.
Le pressioni, i ricatti, gli ultimatum, l’asfissia di credito hanno portato ad una situazione senza precedenti.
Tutti l’ha abbiamo vissuta.
Ma tutti abbiamo vissuto la pazienza, la calma, la resistenza del nostro popolo.
La determinazione popolare che ha registrato il referendum.
La decisione di cambiare le cose, di cambiare il paese, di cambiare tutto ciò che ci ha portato alla crisi e la frammentazione sociale.
Cerchiamo di essere chiari:
Senza questa determinazione popolare i creditori o avrebbero imposto assolutamente la loro volontà o ci avrebbero portato al disastro.
Questa determinazione è stata presente in ogni fase dei negoziati.
Questa determinazione offriva forza alla nostra resistenza, alla nostra battaglia giorno per giorno, con le a volte assurde richieste e le minacce dei creditori.
Oggi questa difficile fase si conclude in modo permanente con la ratifica dell’accordo e l’erogazione della prima tranche di 23 miliardi di euro e il pagamento delle obbligazioni del paese sia all’estero che all’interno.
L’economia si respira. Il mercato sarà normalizzato. Le banche dovranno lentamente trovare il loro ritmo normale.
Non si tratta, naturalmente, della fine della difficile situazione che stiamo vivendo ormai da cinque anni.
Ma ho la convinzione che può essere dimostrata dal lavoro e dalla coerenza di tutti noi, l’inizio della fine di questa situazione difficile.
Il passo decisivo verso la normalizzazione del finanziamento della nostra economia.
Un principio che non è facile, ma che ci offre prospettive e opportunità.
Basta che la società resta in piedi e presente.
Calma ed esigente come tutto il periodo precedente.

Greche e greci,
Voglio essere assolutamente sincero con voi.
Non abbiamo avuto l’accordo che abbiamo voluto prima delle elezioni di gennaio.
Non abbiamo affrontato pero anche la reazione che avevamo aspettato.
In questa battaglia abbiamo fatto concessioni.
Ma abbiamo portato un accordo che date le circostanze prevalentemente negative in Europa e dato che abbiamo ereditato dal governo precedente l’assoluto aggancio del paese alle condizioni dei memorandum, era il migliore che si poteva avere.
Questo accordo siamo obbligati a rispettarlo, ma contemporaneamente di dare la battaglia per ridurre al minimo le conseguenze negative.
Nell’interesse dei molti.
Al fine di riconquistare al più presto la nostra sovranità di fronte ai creditori.
Senza accettare come verità infallibili le loro interpretazioni.
Senza accettare tagli orizzontali, le atrocità sui diritti del lavoro, il dissanguare sempre le più deboli forze sociali.
E abbiamo già dimostrato che sappiamo e possiamo lottare per raggiungere molte cose.
Ricordate solo quale era la posizione dei partner prima di questo accordo:
Una proroga di cinque mesi del programma precedente, piena applicazione degli impegni del governo precedente e dopo nuovi prerequisiti per il finanziamento del paese.
A questo momento e dopo il referendum abbiamo approvato un accordo triennale, con un finanziamento assicurato.
Ricordate anche che ci avevano chiesto, l’abolizione immediata delle pensioni EKAS, privatizzazione la rete di energia elettrica e della “piccola DEH – Enel”.
Queste cose non le abbiamo accettate e abbiamo vinto.
Avevano chiesto anche l’applicazione immediata della clausola per il deficit pari a zero per i fondi integrativi dei pensionati.
Nell’accordo vi è un riferimento esplicito alla ricerca di misure equivalenti e siamo pronti a dare questa battaglia.
Anche il ritorno dei rapporti di lavoro e l’impedendo dei licenziamenti collettivi nel settore privato, sono nel nostro obiettivo irremovibile e penso che raggiungeremo anche questo.
I licenziamenti nel settore pubblico sono ormai alle spalle e hanno tornato i guardiani delle scuole, le donne delle pulizie e il personale amministrativo nelle università.
Negli ospedali non c’è più il ticket dei 5 euro, mentre si fa strada la procedura per assumere 4.500 tra medici ed infermieri che sono assolutamente necessari attraverso un concorso pubblico ASEP.
Non dimentichiamo che abbiamo concordato a drammaticamente inferiori surplus primari da quelli del governo precedente, con il risultato il risanamento dei conti pubblici, cioè le misure necessarie, di essere inferiori di 20 miliardi di euro.
Inoltre, il nuovo accordo di finanziamento non è sottoposto al Diritto Inglese con caratteristiche coloniali che avevano accordato i governi greci nei accordi precedenti, ma si riferisce al Diritto Europeo ed Internazionale, mentre il nostro paese mantiene tutti i privilegi e le immunità che proteggono la proprietà pubblica.
Ed infine, per la prima volta con modo cosi esplicito ed inequivocabile, di determina la procedura per la riduzione del valore del debito greco, che è forse il nodo più importante per risolvere il problema greco.
Abbiamo guadagnato allora terreno significativo, senza che ciò significhi che abbiamo ottenuto quello che noi e la gente ci aspettavamo.

Greche e greci,
Ora che questo ciclo difficile si conclude.
E a differenza del solito atteggiamento di molti che considerano purtroppo che sono autorizzati a mantenere i posti, gli offici, gli incarichi indipendentemente dalle condizioni e circostanze sento profondo obbligo morale e politico di mettere al vostro giudizio tutto quello che ho fatto.
Le cose giuste e gli errori.
Gli successi e le omissioni.
Per questo ho deciso di recarmi presto al Presidente della Repubblica a presentare le mie dimissioni e le dimissioni del governo.
Il mandato popolare che ho preso il 25 gennaio ha esaurito i suoi limiti.
E ora deve prendere di nuovo la parola il popolo sovrano.
Voi, con il vostro voto deciderete se abbiamo rappresentato il paese con la determinazione e il coraggio che richiedevano i difficili negoziati con i creditori.
Voi, con il vostro voto, deciderete se l’accordo ottenuto offre le condizioni per superare l’attuale impasse, di recuperare l’economia, per entrare infine alla strada per lasciare indietro i memorandum e la crudeltà che loro comportano.
Voi, con il vostro voto, deciderete chi e come può portare la Grecia nella difficile ma alla fine promettente strada che si apre davanti a noi.
Chi e come potrà negoziare meglio la diminuzione del debito.
Chi e come potrà procedere con passo sicuro e costante alle necessarie, profonde e progressiste riforme che abbiamo bisogno.
È, infine, con il vostro voto, voi vi giudicherete tutti.
Tutti coloro che abbiamo dato la battaglia dentro e fuori il paese, per non trovare la Grecia al plotone di esecuzione.
E quelli che invocando la coerenza ideologica e proponendo pertanto l’opinione che la Grecia ha bisogno dei crediti, cioè memorandum, ma con la dracma, commettono l’estrema incoerenza di convertire in minoranza parlamentare la maggioranza che il nostro popolo ha dato per prima volta al paese, il governo di Sinistra.
Ma anche quelli del vecchio sistema politico e i centri d’intreccio, che per tutto questo tempo ci chiamavano e ci facevano pressioni, coordinati con i più duri centri dei creditori, di firmare qualsiasi cosa che ci mettevano davanti a noi.
Calunniando anche la nostra resistenza come fosse ostruzionismo.

Greche e greci,
mi lascio al vostro giudizio con la mia coscienza tranquilla.
Orgoglioso per la battaglia che io e il mio governo abbiamo dato.
Mi sforzai tutto questo tempo per attenersi a ciò che abbiamo promesso.
Abbiamo negoziato duramente e con persistenza per lungo tempo.
Abbiamo resistere alle pressioni e ai ricatti.
Siamo arrivato è vero in situazioni limite per il popolo e per l’economia.
Abbiamo fatto, tuttavia, il caso della Grecia una questione globale.
Abbiamo fatto la resistenza del nostro popolo bandiera e incentivo di lotta per gli altri popoli europei.
E l’Europa non è la stessa dopo questi difficili sei mesi.
L’idea che si possa finalmente mettere fine all’austerità guadagna terreno.
Le differenze tra le forze democratiche e progressiste europee sono sempre più sentire.
E noi, la Grecia, con prestigio e un raggio di azione molte volte più grande della nostra dimensione abbiamo giocato e giochiamo un ruolo di primo piano nei cambiamenti a venire.
Nel dibattito per il futuro dell’Europa la Grecia sarà in prima linea.
Ieri con una mia lettera ho chiesto dal presidente del Parlamento europeo che il Parlamento europeo acquisisce come istituzione con una legittimazione democratica diretta, un ruolo attivo nel programma di finanziamento greco.
La trasparenza, l’aperto dibattito democratico, il fatto democratico di rendere conto delle azioni di tutti, la valutazione dell’impatto che hanno, dovrà essere ormai parte integrante dell’applicazione del nostro accordo con i partner.

Greche e greci,
Per tutto questo il tempo, nonostante le condizioni dure e difficile del negoziato abbiamo ottenuto anche di lasciare dietro di noi un esempio diverso di governare.
Abbiamo legiferato il pagamento dei debito arretrati allo stato in cento rate, abbiamo preso le misure per la crisi umanitaria, abbiamo riaperto la televisione pubblica ERT, abbiamo presentato il disegno di legge per le frequenze radiotelevisive, abbiamo votato la legge per gli immigrati, abbiamo fatto un intervento decisivo per fermare me miniere d’oro a Skouries e fermare un crimine ambientale, e decine di altre misure e iniziative, che dimostrano questo nuovo modo di governare.
E dimostrano inoltre la nostra decisione di cambiare con coraggio e fiducia il paese, utilizzando il sostegno sociale in obiettivi di riforma.
Davanti a noi abbiamo ancora di dare molte battaglie difficili, questa volta all’interno del paese.
La battaglia contro gli interessi loschi ed intrecciati, contro la corruzione, è appena iniziata.
La battaglia per far pagare finalmente gli eterni vincitori, che nessuno fino ad oggi ha avuto il coraggio di toccare.
La battaglia per portare alla giustizia coloro che fino ad ora sono al di sopra della legge.
La lotta contro l’evasione fiscale, per un sistema fiscale giusto e stabile.
La battaglia delle battaglie per cambiare lo stato e farlo diventare ogni giorno più efficiente.
Più amichevole per il cittadino
Più ostile ai favori politici e clientelari, il favoritismo del partito che governa e la corruzione.
E tutte queste cose richiedono un mandato chiaro, un governo forte, stabile e senza un vacillante percorso.
E soprattutto richiedono di tener lo stesso passo con la società.
Con tutti coloro che vogliono cambiamenti con democrazia, riforme con segno progressista, trasparenza e giustizia.
Greche e greci,
Nonostante le difficoltà, rimango ottimista.
Credo che i giorni più belli non gli hanno ancora vissuti, intrappolati dentro la tanaglia del negoziato.
Chiederò il voto del popolo greco, per governare e per sventolare tutti gli aspetti del nostro programma di governo.
Più esperti, più preparati, più terra terra, ma sempre impegnati per l’obiettivo finale di una Grecia libera, democratica e socialmente giusta, saremo diritti in piedi e coerenti alle nuove condizioni e sfide.
Vi assicuro, che non mi consegnerà e non consegneremo lo scudo delle nostre idee e dei nostri valori.
In nessuno e di fronte a nessuna difficoltà.
E vi invito, tutti insieme, con calma e con decisione di combattere la difficile battaglia per rimettere la nostra patria ai suoi piedi.
Per tenere questi tempi difficili, la Grecia e la democrazia nelle nostre mani.
E di alzarla in alto.
Vi ringrazio….

Traduzione: Argyrios Argiris Panagopoulos

L’ala radicale di Syriza, il movimento del premier greco Alexis Tsipras, è pronta a fondare un nuovo partito, Unità popolare (Leiki Anotita), con almeno 25 ‘ribelli’. Lo scrive la Bbc online citando i media greci, precisando che il leader sarà l’ex ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis. Ma l’ex ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, non è presente nella lista dei 25 dissidenti di Syriza.

Dijsselbloem – “E’ cruciale che la Grecia rispetti gli impegni presi verso l’eurozona”. Così il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem alla tv olandese Nos. “Ricordo”, ha aggiunto, “che c’era ampio sostegno nel parlamento greco per il nuovo programma e il pacchetto di riforme”, quindi “spero che le elezioni porteranno a ulteriore sostegno”.




GRECIA – Il Coniglio di Stato boccia il ricorso. Il 5 luglio si andrà al voto

Il referendum sul programma di aiuti proposto dai creditori è costituzionale. Il Consiglio di Stato boccia il ricorso contro il quesito e cade così anche uno degli ultimi ostacoli sulla strada della consultazione popolare in Grecia: domenica 5 luglio gli elettori potranno esprimersi a favore o contro il piano.

Al popolo greco è chiesto di decidere se accettare o meno una bozza di accordo tra la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale avanzata all’incontro dell’Eurogruppo del 25 giugno e che consiste in due documenti: il primo si chiama “Riforme per il completamento dell’attuale programma e per andare oltre” mentre il secondo si chiama “Analisi preliminare della sostenibilità del debito”.
– Se si rifiutano le proposte delle istituzioni, votare Non Approvo / NO.
– Se si accettano le proposte delle istituzioni, votare Approvo / SI.

Nel caso di una vittoria dei Sì  il governo di Alexis Tsipras sarebbe politicamente nei guai: avendo fatto campagna per il No e avendo criticato l’accordo oggetto della consultazione, ne uscirebbe sconfitto e sconfessato dagli elettori. Il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ha già annunciato che se vinceranno i Sì lascerà il suo incarico; Tsipras non è stato altrettanto esplicito ma ha fatto capire di non essere “un uomo per tutte le stagioni”. La vittoria del Sì renderebbe praticamente inevitabile un accordo con l’UE sulla base delle condizioni richieste a giugno, ma non è detto che Tsipras abbia intenzione di firmarlo: è plausibile che dopo un’eventuale sconfitta al referendum si dimetta e che a quel punto i partiti che hanno fatto campagna per il Sì formino un nuovo governo di unità nazionale, con l’obiettivo minimo di concordare le condizioni per il prestito.

Se vincessero i No Il governo Tsipras uscirebbe dal referendum immediatamente rafforzato e potrebbe ripresentarsi davanti alle autorità europee con una nuova legittimazione popolare, chiedendo e sperando di ottenere modifiche favorevoli alle richieste dei creditori per ottenere un nuovo prestito. La vittoria del No sarebbe anche una sconfitta politica per i leader europei che hanno sostenuto la linea più dura, come la cancelliera tedesca Angela Merkel, e che hanno scommesso su un indebolimento del governo Tsipras e delle posizioni della Grecia.
Tsipras ha detto che la vittoria del No farebbe ripartire i negoziati e permetterebbe di ottenere un accordo migliore per la Grecia, ma non sarebbe comunque facile: la ragione è che in ogni caso la Grecia sta finendo i soldi e senza un prestito internazionale è destinata alla bancarotta, che vinca il Sì o che vinca il No.

A poche ore dalla chiamata alle urne, mentre i sostenitori dei due schieramenti opposti scendono in piazza per le ultime manifestazioni, cresce la tensione sul fronte Atene-Bruxelles. Fonti dell’agenzia Reuters hanno rivelato che le potenze europee avrebbero cercato di bloccare il report del Fmi (poi diffuso giovedì 2 luglio) in cui si chiedeva di tagliare il debito greco: un documento che è subito diventato uno dei punti a cui si aggrappa il premier Tsipras nelle sue argomentazioni per il “no” e che mette in difficoltà l’Ue. Dal punto di vista finanziario, le banche greche hanno fatto sapere di avere la disponibilità di un miliardo di euro fino a lunedì. Poi, in base al risultato del voto, sarà la Bce a decidere come comportarsi. Il vicepresidente della Banca centrale europea Vitor Constancio ha già fatto sapere che “se vincerà il sì, si potrebbe allentare la stretta sui fondi della liquidità d’emergenza. Se vincerà il no, allora sarà più difficile per l’intesa essere raggiunta”.

L’ennesima giornata di passione per i greci si chiude con due manifestazioni ad Atene dei due schieramenti opposti per il referendum. Circa 25mila le persone a piazza Syntagma, per sostenere il fronte del ‘no’. Qui non sono mancate le tensioni poco prima dell’inizio dell’evento: circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna hanno cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all’inizio di via Ermou. Nei pressi dello stadio Panathenian, invece, il raduno di coloro che propendono per il ‘sì’: stando alla polizia, 17mila i partecipanti.

Dopo la diffusione dei risultati di un sondaggio ancora incompleto sulle intenzioni di voto dei greci, la cautela è d’obbligo. Mentre il premier greco Alexis Tsipras invita i cittadini a non farsi suggestionare (“È meglio stare calmi e aspettare che il popolo prenda nelle sue mani il suo futuro. Andiamo a votare tranquilli”), il presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker continua a schierarsi per il “sì” (“Se i greci rifiuteranno il programma di aiuti, la posizione della Grecia sarà drammaticamente indebolita”). Il leader greco poi attacca il Fondo monetario internazionale: “Ora l’Fmi afferma che il debito greco può essere sostenibile solo con un taglio del 30 per cento e un periodo di grazia di 20 anni”. Ma questo rapporto, diffuso nelle scorse ore, “non è mai stato condiviso con le istituzioni nei cinque mesi in cui abbiamo negoziato”.

Tutti gli occhi sono puntati però sul risultato. Per il momento sono i numeri stessi a non consentire un’analisi: i nuovi rilevamenti aggiornati a venerdì 3 luglio, quando in Grecia mancano due giorni alla consultazione, fotografano una situazione in bilico, con l’elettorato diviso quasi perfettamente a metà tra favorevoli e contrari. Secondo quello realizzato dalla società Alco per il quotidiano Ethnos, i sì sarebbero al 44,8% mentre i no si attesterebbero al 43,4%. Gli indecisi scendono all’11,8%. In compenso il 74% dei greci vuole che il paese resti nell’eurozona e solo il 15% vorrebbe tornare ad una moneta nazionale. Spaccatura degli elettori e sostanziale parità sono confermate anche da un sondaggio commissionato da Bloomberg all’università della Macedonia: no al 43%, sì al 42,5.

Considerato il numero degli indecisi e il margine di errore di qualsiasi poll, impossibile trarre conclusioni. Il sostegno al no, cioè la posizione sostenuta dal governo, è comunque calato rispetto allo scorso sabato, quando si attestava a oltre il 50%. Nella notte il premier Alexis Tsipras ha parlato di nuovo in tv garantendo: “Il giorno dopo il referendum sarò a Bruxelles e un accordo sarà firmato” entro 48 ore dal voto. Mentre il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha detto che non solo un accordo è in vista” anche con la vittoria del no, ma “è più o meno fatto”. Da Bruxelles, puntuale, è arrivata la smentita: se vincesse il ‘no’ “la posizione greca ne uscirebbe drammaticamente indebolita“, ha detto il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. E “anche in caso di vittoria del ‘sì’- in seguito alla quale iTsipras ha fatto capire di essere pronto a dimettersi – dovremmo affrontare negoziati difficili”. Parole smentite duramente anche dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: “Un accordo già fatto? Affermazione totalmente falsa”.

Il fondo salva Stati: “Grecia ha fatto evento di default ma non chiediamo restituzione immediata dei prestiti” – Intanto il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) ha diffuso un comunicato in cui attesta che Atene, non avendo pagato martedì la rata da 1,6 miliardi dovuta al Fondo monetario internazionale, ha fatto quello che viene definito un “evento di default”. Di conseguenza i Paesi dell’Eurozona che ne sono azionisti “si riservano il diritto di richiedere prima della scadenza il rimborso di 130,9 miliardi di euro di prestiti”. Vale a dire che per ora, come auspicato due giorni fa dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, hanno deciso di non chiedere il pagamento immediato, cosa che avrebbe accelerato il percorso della dichiarazione di default delle Gracia. Il capo dell’Efsf, Klaus Regling, ha detto però che “questo evento di default è motivo di profonda preoccupazione. Si rompe l’impegno assunto da parte della Grecia di onorare i suoi obblighi finanziari verso tutti i suoi creditori, e si apre la porta a gravi conseguenze per l’economia greca e il popolo greco”. L’Efsf resta “in stretto coordinamento con gli Stati membri dell’area dell’euro, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale per decidere le sue azioni future”. In ogni caso il mancato pagamento greco “non ha alcuna influenza sulla capacità dell’Efsf di rimborsare i propri obbligazionisti. Gli investitori sanno che le obbligazioni Efsf beneficiano di una struttura di garanzia solida”.

Forniture problematiche nelle Cicladi a causa delle limitazioni ai pagamenti verso l’estero – Nel frattempo la popolazione, al quinto giorno con le banche chiuse e tetti ai prelievi ai bancomat, è sempre più in difficoltà. Secondo l’edizione online di Kathimerini, diverse isole dell’arcipelago delle Cicladi sono già alle prese con problemi di approvvigionamento, soprattutto per alcune categorie di generi alimentari, come la carne, e per le medicine. Alla base del problema, secondo la Camera di Commercio, c’è il fatto che le imprese locali non possono pagare i fornitori esteri a causa del limitazioni ai movimenti dei capitali. L’associazione ha chiesto al governo di intervenire per evitare ripercussioni sul turismo. Il vice ministro competente, Elena Kountoura, ha assicurato che da lunedì sono stati fatti tutti gli sforzi per dare priorità all’invio dei pagamenti di alberghi e ristoranti e limitare questi problemi. L’Associazione delle agenzie turistiche elleniche (Sete) calcola però che negli ultimi giorni il calo delle prenotazioni, rispetto alle attese, è stato superiore al 30 per cento.