Attrici nell’Ottocento tra teatro, politica e femminismo

Nel secolo che ha visto formarsi il modello della donna “angelo del focolare domestico” hanno vissuto donne che, grazie al loro lavoro, a quel modello non si sono conformate. 

Stiamo parlando delle attrici di teatro dell’Ottocento che, grazie a un lavoro fatto di continui spostamenti e viaggi, hanno vissuto a lungo lontane da casa dovendosi costruire una propria identità di donne distante dal modello borghese della moglie e madre esemplare. 

Le attrici teatrali erano in molti casi figlie d’arte che cominciavano a calcare le scene fin da piccole arrivando poi, crescendo, a ricoprire ruoli sempre più importanti come quelli di primattrici. Nel corso dell’Ottocento riuscirono sempre di più a far sentire la propria voce conquistando anche ruoli prima di allora esclusivamente maschili come quello di capocomico. Allo stesso tempo spesso fondarono proprie compagnie teatrali per ritagliarsi spazi di autonomia e creatività nuovi. 

Fino alla fine del secolo la maggior parte delle compagnie teatrali erano itineranti.  Così la vita delle donne che sceglievano di essere attrici era caratterizzata da una rilevante, e impensabile per quell’epoca, mobilità. Dovendo seguire la propria compagnia teatrale nelle diverse città, anche fuori dai confini nazionali, le attrici si ritrovavano a trascorrere la maggior parte del tempo in viaggio, lontane da quel modello tradizionale che prevedeva la casa come unico ambito di realizzazione femminile sotto il controllo delle figure maschili della famiglia.

Questo status di donne in viaggio e “sole” determinava per le attrici una possibilità unica di conoscere il mondo e di costruirsi spazi di libertà, autonomia e indipendenza, ma inevitabilmente le portava anche a doversi scontrare con la cultura maschilista. Questa tendeva sovente ad accostarle alle prostitute, perché le attrici erano donne che, per il loro lavoro, si trovavano continuamente “esposte” agli sguardi della società, sui palcoscenici, non protette da quelle mura domestiche tanto care all’etica e alla morale borghese del tempo. 

Del resto proprio un aspetto interessante del loro lavoro era che si ritrovavano a frequentare assiduamente luoghi pubblici, ricchi di stimoli intellettuali, nei quali si incontrava e discuteva la borghesia dell’epoca. Grazie a questa loro presenza nei luoghi della sociabilità molte attrici entrarono in contatto con le idee e i fermenti politici, arrivando anche ad aderirvi attivamente come nel caso delle attrici che sposarono e sostennero la causa risorgimentale o di quelle che, più tardi, entrarono a far parte dei movimenti suffragisti ed emancipazionisti in favore delle donne.

Lo status di attrice garantiva di fatto alla donne la possibilità di entrare appieno nel mondo culturale e politico dell’epoca, a fianco delle intellettuali, delle scrittrici e delle scienziate che, sulla scia di quanto iniziato nel Settecento dalle donne che le avevano precedute, si stavano ritagliando spazi di azione in ambienti fino ad allora prettamente maschili.  

Una figura che più di tutte le altre ci permette di scoprire e osservare gli aspetti più interessanti della vita delle attrici dell’Ottocento è senz’altro quella di Giacinta Pezzana. Meno nota al pubblico di Eleonora Duse, Giacinta Pezzana è però una figura emblematica dello spaccato femminile ottocentesco, racchiudendo nella sua esperienza di vita una carriera lavorativa di successo, un attivismo politico e sociale, e una vita privata capace di rompere molti dei modelli dell’epoca. 

Fig. 2. Intitolazione a Cornuda (TV). Foto di Nadia Cario

Nata a Torino nel 1841 da una famiglia di negozianti di mobili e artigiani, mostrò fin da giovane l’attitudine per la recitazione e, terminata la formazione, iniziò la sua carriera di attrice arrivando a interpretare ruoli importanti, su tutti la sua interpretazione nella Medea di Ernest Legouvé che la consacrò tra le più grandi attrici del suo tempo. Ma durante la sua carriera la Pezzana mostrò quell’atteggiamento anticonformista che caratterizzò anche la sua vita privata, segnata dalla separazione dal marito Luigi Gualtierida, romanziere e drammaturgo e dalla relazione con il garibaldino Pasquale Distefano con il quale visse i suoi ultimi anni di vita fino alla morte nel 1919. Così, desiderosa di maggiori spazi di libertà anche nella carriera, fondò una propria compagnia teatrale a Roma e, sul finire della carriera, una propria scuola di teatro in America Latina. Durante la sua vita la Pezzana aderì intimamente agli ideali mazziniani e repubblicani e intrecciò numerose amicizie con esponenti del risorgimento italiano, soprattutto di ideali mazziniani, e con le donne attive nel movimento emancipazionista femminile, come Giorgina Saffi, Alessandrina Ravizza, Sima Pizzorno, e Sibilla Aleramo. 

 

In copertina. Intitolazioni bolognesi, foto di Maria Pia Ercolini