Emanuela Loi, una vita per la giustizia

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2020
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Siamo state a Palermo in viaggio d’istruzione, con la guida dell’associazione Libera, che ci ha fatto conoscere i luoghi simbolo della città nella lotta alla mafia e i siti dove, dai beni confiscati, sono sorte imprese pulite che danno lavoro sano e onesto alla gente: dalla cantina Centopassi agli agriturismi del corleonese.

In via D’Amelio, dove si è consumata una delle stragi più terribili della mafia, ci siamo fermate ad ascoltare il racconto dell’esplosione che ha ucciso, davanti all’abitazione della madre, il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta.

Gabriele, il mediatore culturale di Palma Nana (cooperativa aderente all’associazione Libera) che ci accompagna, è commosso nel ricordarci che Borsellino sapeva benissimo di essere in grave pericolo, dopo l’omicidio del suo amico e collega Giovanni Falcone, il 23 maggio del 1992, ma che nonostante questo non aveva smesso di continuare quell’impossibile lavoro, con la tremenda consapevolezza di veder incombere la minaccia non solo su di lui, ma anche sulle persone a lui più vicine.

L’Albero di Borsellino, in via D’Amelio (in foto) testimonia la volontà di non dimenticare e lottare finché la mafia non sarà distrutta e il lavoro dei giudici trucidati portato comunque a compimento.

FOTO. L’albero di Borsellino

Fra i tanti ricordi e omaggi, lasciati dalla gente comune, spicca l’immagine di Emanuela Loi (in copertina), la poliziotta agente della scorta, uccisa insieme al giudice e ad altri quattro agenti. Sentendo la sua storia, l’abbiamo riconosciuta come una Giusta, come una donna che ha agito in nome della giustizia e per questo ha sacrificato la sua vita. Certo, si può dire che stesse semplicemente facendo il suo dovere (lo ripeteva sempre ai genitori preoccupati: “è il mio lavoro!”), ma quel giorno, il 19 luglio 1992, avrebbe potuto non essere lì, essere in ferie, lontana da quello che sapeva essere un grande pericolo, lei giovane ragazza di ventiquattro anni, solo da un mese nel servizio scorte: invece decise di voler rimanere a proteggere quel giudice di cui aveva grande stima e che stava combattendo, isolato e malvisto, contro la criminalità. Ciò che ha particolarmente colpito Roberta, della classe 3 E del Liceo Maffeo Vegio di Lodi, ricercando su Emanuela Loi, è stata una frase spiritosa del giudice Borsellino che, vedendo la giovane agente nella sua scorta sbottò: “E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei”. Il suo coraggio nel non fuggire davanti al pericolo, ma nel rimanergli accanto, dimostrerà che ne era all’altezza!

Emanuela Loi, diplomata maestra e abilitata all’insegnamento, nell’attesa di ottenere la cattedra, decise di tentare anche il concorso in polizia per far compagnia alla sorella Claudia, di due anni più grande: fu lei e non la sorella a superare il concorso e diventare poliziotta, combattendo contro tanti pregiudizi che non la facevano ritenere adatta a quel lavoro, ritenuto troppo pesante fisicamente e psicologicamente per una donna. Non si fece demotivare dalle voci e si preparò con responsabilità ed entusiasmo, partendo dalla sua Sardegna per andare prima a Trieste e poi via via in altri posti fino a Palermo, assegnata al pool antimafia.

La sorella Claudia è testimone indefessa del suo coraggio e della sua determinazione nel contribuire alla sconfitta della mafia, e parla soprattutto nelle scuole e ai giovani perché ne seguano l’esempio sulla via della legalità e della giustizia, perché diventino, come lei, antidoto alla criminalità, nella convinzione che ognuno deve impegnarsi, perché solo quando gli ideali di onestà e giustizia diventeranno patrimonio universale non sarà più necessario morire per difenderli.

A Emanuela, prima donna in polizia a morire in servizio, sono stati dedicati libri, film e moltissime vie in tante parti d’Italia.

FOTO

Intitolazione a Bolsena, foto di Livia Capasso

Intitolazione a Olbia, foto di Enrico Grixoni

 

 

 

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Danila Baldo, docente di filosofia e scienze umane presso il Liceo Maffeo Vegio di Lodi, collabora con l’UST e il Comune di Lodi sui temi del Gender mainstreaming e delle politiche di genere. Coordina dal 1993 il gruppo diade, costituito da insegnanti di scuole di diverso ordine e grado, che ha realizzato diverse pubblicazioni sul tema della pedagogia della differenza di genere e tiene regolarmente corsi di aggiornamento per docenti. È referente provinciale per Lodi dell'associazione Toponomastica femminile. Collabora con IFE-Iniziativa Femminista Europea e SNOQ-Se non ora quando? È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009.