Di Rossana Laterza
Nata a Castenedolo (BS) nel 1903 e spentasi a Roma all’età di ottant’anni, Laura Bianchini ha vissuto da “cristiana militante” ogni momento privato e pubblico della sua vita. Si distingue come protagonista e animatrice dell’Azione cattolica e diventa Presidente del Circolo femminile bresciano della FUCI (Federazione universitaria cattolica) da cui nascerà il Movimento
Laureati, fondato da Igino Righetti e Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI). Il Movimento, proponendosi di elaborare linee guida etico-professionali per i cattolici neolaureati in procinto di affrontare il mondo del lavoro, diventa un vero e proprio laboratorio di idee che nel luglio del 1943, alla caduta del fascismo, arriverà a produrre (con Giorgio La Pira) il “Codice di Camaldoli”, documento fondamentale nell’apporto dei cattolici all’elaborazione della Costituzione. Dunque un cristianesimo sociale che affonda le sue radici nella Rerum Novarum e nel PPI di Don Sturzo e che sarebbe poi giunto alle formulazioni di Dossetti per il quale la solidarietà, lungi dal restare relegata all’ambito caritativo, avrebbe dovuto tradursi in concrete azioni di governo a favore di un’equità distributiva.
A questo cristianesimo sociale Laura Bianchini si forma e si ispira coerentemente, dagli studi universitari all’attività professionale d’insegnante, pedagogista e pubblicista fino all’impegno politico di antifascista nella lotta partigiana, di membro prima della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente e infine di Deputata della Camera durante la Prima Legislatura.
A Brescia vive le prime esperienze professionali come maestra elementare, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo classico “Arnaldo” e preside dell’Istituto magistrale. Collabora inoltre, come segretaria di redazione con la casa editrice “La Scuola” per la quale pubblica Il Focolare (antologia di scuola media per le ragazze) e il saggio L’educazione al senso sociale.
«Era piuttosto scorbutica e scostante, burbera, ma sprizzava vita e intelligenza, passione politica, civile e cristiana da ogni poro». Questa la professoressa Bianchini in un ricordo di Paolo Giuntella, il più illustre dei suoi ex allievi, che talvolta invitato con altri compagni a
via della Chiesa Nuova per essere sottoposto a interrogazioni supplementari, veniva invece coinvolto in nuove lezioni più interessanti. In queste animate lezioni la professoressa Bianchini, da “cristiana integerrima”, amava ripetere che «un cristiano non può non essere anticlericale»” perché «il libro più anticlericale della storia» non era certo il Candide di Voltaire, ma piuttosto «il Vangelo di Gesù Cristo».
Dopo l’8 settembre, entra nella lotta partigiana mettendo a disposizione la sua casa per le prime riunioni del CLN di Brescia e per allestire una piccola tipografia in cui si stampano alcuni numeri di “Brescia Libera”, il foglio clandestino dal motto: “esce come può e quando può”, che verrà presto soppresso.
Sospettata e sorvegliata dalla polizia repubblichina, ripara a Milano dove, ospite delle Suore poverelle, intensifica la sua attività con le formazioni partigiane cattoliche (Fiamme verdi): presta assistenza ai detenuti di San Vittore, aiuta ebrei e ricercati dai nazifascisti e coordina la stampa clandestina. Usa pseudonimi come Don Chisciotte, Battista e Penelope per firmare gli articoli de “Il Ribelle”, da cui esorta gli italiani a lottare per conquistare la propria libertà usando “la forza in difesa del diritto” per contrapporsi a chi ripone “il loro diritto nella forza”. Tra il ‘44 e il ’46 il periodico pubblicherà 25 numeri e 11 Quaderni di analisi e proposte politiche.
Designata membro della Consulta Nazionale dalla Democrazia Cristiana, è fra le donne (13 in tutto) che per la prima volta in Italia entrano a far parte di un’assemblea parlamentare. Avrà l’incarico di segretaria della Commissione Istruzione e Belle Arti.
A Roma Laura Bianchini vive in via della Chiesa Nuova 14, dalle sorelle Portoghesi che aprono la loro grande casa a costituenti democristiani fra cui Gotelli, La Pira, Fanfani, Lazzati, Dossetti e a politici dello schieramento dossettiano. Nel gruppo, denominato Comunità del Porcellino per il fatto che la “burbera” Laura Bianchini – nelle accese discussioni politiche – finiva spesso per dare del porco all’interlocutore malcapitato, si viveva in un clima amichevole e talvolta goliardico, si confrontavano ed elaboravano idee nuove e diverse fra loro, ma tutte finalizzate alla rifondazione di una vera democrazia dopo il fascismo. Finita la prima legislatura Laura Bianchini si fa da parte e torna all’insegnamento, questa volta al Liceo “Virgilio” di Roma.
Nel 1946 viene eletta nella Costituente e, coerentemente con la sua impostazione “personalista
e comunitaria”, nel gruppo democristiano aderisce allo schieramento cristiano sociale di
Giuseppe Dossetti. In Assemblea interviene nella discussione generale sui temi dell’educazione, dell’istruzione e della scuola pubblica dichiarandosi, in nome del pluralismo, favorevole all’azione educatrice degli istituti privati, ma senza oneri per lo Stato e richiamando l’attenzione sulla necessità di potenziare l’istruzione tecnica e professionale in armonia con le esigenze del modo del lavoro.
Deputata della Camera nella I Legislatura, fa parte della Commissione Istruzione e Belle Arti e della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla.