L’identità multiculturale di Palermo

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Di Grazia Mazzè

Pan e Hòrmos, tutto porto: Palermo non ha mai rinnegato l’identità multiculturale contenuta nel suo nome. Porto accogliente, approdo naturale, la sua storia è un crocevia senza pari di civiltà.

I secoli di cultura e tolleranza li troviamo stratificati tra le particolarità del centro storico, come le grandi targhe marroni usate per la toponomastica cittadina, in cui i nomi di piazze e vicoli sono impresse in caratteri bianchi nelle lingua italiana, araba ed ebraica

(Foto 1-2-3-4).

Palermo è multietnica, accogliente, in lei si fondono culture, filosofie e religioni diverse.
La sua immagine è singolare, la sua apertura all’immigrazione controcorrente, soprattutto nell’attuale momento storico e politico in cui la chiusura razzista raccoglie consensi.

Nella città capitale della cultura 2018, nella sede di Manifesta 12, del Festival della Letteratura migrante, nel Centro di cultura araba e del Mediterraneo, l’immigrazione è sentita come un bene comune, anche con le sue difficoltà, irregolarità, con il disagio e i tentativi di integrazione.

Il primo cittadino di Palermo, riferendosi agli ultimi avvenimenti dei naufraghi bloccati sulla nave Aquarius a largo dell’isola di Malta, ha condannato la chiusura dei porti italiani imposta dal Governo. 629 donne, bambine/i, uomini, non solo naufraghe, 629 persone sulle quali si è giocata una partita di rimpalli che ha il sapore più della propaganda che della politica.

Ha protestato contro la scelta, il Sindaco, ha aperto alla possibilità di accogliere la nave dell’ONG nel porto di Palermo, sostenendo la disponibilità con l’origine e l’attitudine naturale della città alla mescolanza e alla convivenza. Che affermi l’esistenza di una sola razza non ci stupisce, non stupiscono neanche le sue parole dure, usate senza timore verso chi non riconosce l’essere umano nelle persone migranti.

Negli ultimi anni la città ha lavorato molto sull’integrazione straniera, proponendosi come esempio per l’Italia e l’Europa. La Consulta delle Culture non è uno specchio di attrazione mediatica: è fatta di sostanza, di politica della differenza tra cittadine/i della comunità e non. La Carta di Palermo è la sfida, sintetizzata in un documento, per l’abolizione del permesso di soggiorno, per il diritto alla mobilità come diritto della persona umana.

La città negli ultimi anni ha dato la cittadinanza a circa 3000 stranieri, circa la metà sono di origine asiatica; le etnie si mescolano, si concentrano per quartieri, alcune comunità sono più precarie, altre più inserite, gli uomini sono più delle donne. Sono invece moltissime le bambine e i bambini stranieri nati a Palermo, radicati come seconda generazione nella vita scolastica e professionale della città, esempi concreti di percorsi di integrazione e identità portati a compimento.

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Tutte le comunità possono esprimere la loro forma di credo, addirittura in una delle chiese cattoliche cittadine si celebra la Messa in tredici lingue; l’altare a forma di barca avvicina il sacrificio di Cristo a quello dei tanti esseri umani inghiottiti dal mare, si eleva a simbolo dell’unione tra Gesù e le persone migranti.

Palermo dissente e questa opposizione si avverte nell’aria, tra le vie, sui muri. Ancora più dirompente appare un messaggio che viene dal mondo dell’arte. Igor Palminteri usa lo spazio pubblico per gesti di accusa: con le sue opere rappresenta il pensiero critico della cittadinanza palermitana, innalzando ancora una volta questa città a simbolo di un’integrazione ben radicata nelle coscienze.
L’artista ha realizzato, nel cuore di Ballarò, un murale raffigurante San Benedetto il Moro, il frate nero figlio di schiavi arrivato dall’Africa sulle nostre coste nel 1500, che Palermo celebra come uno dei suoi Santi Patroni. Nel grande dipinto il suo viso ha un aspetto fiero, imponente e bello.

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Igor non vuole dimenticare neanche l’uccisione di Socko Soumaila, avvenuta in Calabria alcuni giorni fa. Lo fa decorando una barriera antiterrorismo in cemento con una scena capace di richiamare l’attenzione, sollecitare la sensibilità e favorire la riflessione di chi passa per il centro storico. L’arte diviene, secondo una missione che le è propria da tempo immemorabile, portatrice di messaggi alti, quelli dell’unità razziale, religiosa e culturale, in grado di demolire i pensieri stereotipati e i tanti e diffusi luoghi comuni.

Palermo, con la sua toponomastica e le sue forme di arte, è qui a dimostrarlo.