Di Francesca Di Caprio Francia
La toponomastica genovese rappresenta non solo un accumulo di memorie passate, ma anche un’operazione culturale di recupero storico realizzata dalla Giunta Municipale poco dopo l’Unità d’Italia. Determinante fu, in tale circostanza, l’apporto di un erudito, Giuseppe Banchero (1815-1874), che esercitava allora l’incarico di funzionario del catasto (catastaro), i cui ideali patriottici chiariscono molte sue scelte. Lo spirito con cui lo studioso propose le nuove denominazioni, infatti, si basava sul recupero di memorie e glorie municipali, in un’ottica di patria esaltazione e di glorificazione di miti nazionali.
Si spiegano così il gran numero di cognomi di antiche famiglie nobiliari, i nomi delle colonie d’oltremare e delle battaglie vinte dai Genovesi, i molti termini legati alle recenti vicende risorgimentali. Banchero creò dunque quel complesso toponomastico di indubbio fascino che ancor oggi dà l’impressione, a chi lo percorre, di attraversare pagine di storia.
Infine, con la proclamazione della Repubblica, si decise di valorizzare episodi e figure della Resistenza e negli ultimi cinquant’anni si incrementò la serie commemorativa, anche con nomi stranieri, di filosofi, poeti, cantautori… il che talvolta induce a proporre personaggi semi-sconosciuti. Sta di fatto che si è andato via via costruendo un immaginario collettivo abitato solo da uomini e, d’altra parte, a mio parere, è forse meglio così piuttosto di vederlo soffocato da anonimi numeri come in uso nelle città d’oltre oceano. Sono però fiduciosa che le cose, con il tempo e la buona volontà, possano e debbano migliorare. È stato così?
Passeggiando per Genova ci si accorge subito che le strade intitolate alle donne sono ben poche, anche se rimarco la difficoltà di fare calcoli esatti per vari motivi, quali l’uso di riportare negli elenchi cittadini il cognome privo del nome o con la sola iniziale, collocare lo stesso nome sotto lettere alfabetiche diverse (es. Santa Chiara e Chiara Beata); inoltre i nomi di famiglie patrizie possono riferirsi a diverse persone anche femminili (es. via Brignole De Ferrari ricorda le due benefiche famiglie imparentate con il matrimonio di Maria Brignole Sale e Raffaele De Ferrari), alcune strade sono scomparse o sono nuove oppure mutate nell’intitolazione (l’attuale piazza Giacomo Matteotti già piazza della Signoria, poi piazza Nuova, in seguito Umberto I e infine Ettore Muti), per concludere sorridendo con piazza Battistina Rivara a Rivarolo che è invece intitolata… a un uomo, il fondatore del locale asilo, appunto Battistino Rivara!
Nel libro Genova risorgimentale di Leo Morabito risultano inserite solo una decina di donne, incluse quelle ricordate non per la dedica di una via ma per la casa dove vissero, come Bianca Milesi Mojon con abitazione in via Balbi, o Teresina Schenone con bottega in via XXV Aprile.
Nella recente Guida alla toponomastica risorgimentale curata da Nicolò Bonacasa, l’autore presenta, tra gli oltre cento personaggi elencati ai quali Genova ha dedicato una via o una piazza, solo sei donne (Carolina Benettini, Adelaide Bono Cairoli, Anita Garibaldi, Antonietta Mazzini Massuccone, Giuditta Tavani) mentre Maria Drago Mazzini è ricordata con un busto in bronzo e la dedica di una scuola.
Tre sole tra le tante donne presentate nel mio ultimo libro, risultano elencate in uno Stradario di Genova: Santa Limbania, Santa Caterina Fieschi Adorno e Virginia Centurione Braccelli.
Se si considerano esatti i dati forniti dal Comune di Genova esistono a Genova 3800 strade/vie/piazze ecc. delle quali 1507 intitolate a uomini e 136 a donne con il significativo rapporto del 39% di maschi contro il 3% di donne!
Quaranta risultano dedicate alla Madonna e quarantadue a sante e beate, di preferenza scalinate e salite forse con intento figurativo e simbolico; sarebbe bello che analoga finalità suggerisse anche di ricordare, ad esempio, maestre di vita, educatrici, donne impegnate nel sociale che sicuramente hanno indicato la via a molte generazioni.
Tralascio i numerosi altri esempi di sessismo maschilista nella toponomastica perché mi sembra più utile essere propositiva con possibili iniziative, qualcuna già attuata.
È noto che le storie delle donne sono spesso storie frammentarie, storie dimenticate o addirittura rimosse o cancellate: ebbene, per rompere questo velo che le avvolge, si potrebbero raccogliere biografie femminili che possano ispirare ed essere d’esempio; a tal fine si potrebbe anche proporre un concorso, e non solo per scuole – come già fa l‘associazione Toponomastica femminile con il concorso didattico Sulle vie della parità, patrocinato da istituzioni nazionali e giunto ormai alla sua sesta edizione – mirato a individuare e proporre nuovi nomi.
Incontri, conferenze attive, gruppetti di lavoro potrebbero svegliare da una sonnacchiosa indifferenza tante donne facendo loro conoscere, o presentando loro stesse, azioni e opere di semplici donne benemerite, frutto di fatica, ingegno, talento, solidarietà: esse propongono un nuovo modo di stare insieme, un modo che tenga conto della diversità femminile e delle proprie attitudini.
Al Convegno nazionale, indetto annualmente da “Toponomastica femminile”, si potrebbe aggiungerne un incontro a carattere regionale o locale; mostre fotografiche, anche itineranti, sul lavoro delle donne nel passato e nel presente; un premio che valorizzi la loro creatività espressa attraverso la rete lodando accuratezza e approfondimento dell’informazione; dopo Roma, Terni, Palermo, Versilia, Pistoia, Albano Laziale, Valdinievole (già realizzati direttamente dalle associate a Toponomastica femminile o con un loro diretto contributo), nuovi itinerari lungo i luoghi che mantengono ricordi e tracce di donne protagoniste (il nostro centro storico con i suoi immediati dintorni ne è particolarmente ricco); dialogo aperto con le Amministrazioni per proporre e sostenere nuove intitolazioni… Queste e tante altre iniziative di toponomastica femminile possono essere proposte poiché in continuo divenire in quanto si arricchiscono di volta in volta con ulteriori progetti, suggerimenti, spunti, collegamenti, tenendo ben presente che la quantità non vada a scapito della qualità. E non si venga a dire che non ci sono donne genovesi, di ieri o di oggi, cui dedicare una via, una piazza o comunque un luogo che rappresenti il loro ricordo: maliziosamente posso far presente che i libri, come il presente, ci sono anche per questo…