Cristina di Francia, duchessa Savoia, prima Madama Reale

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Figlia di Enrico IV re di Francia, la fecero sposare al principe ereditario e futuro duca di Savoia Vittorio Amedeo I per rafforzare il rapporto con lo stato a cavallo delle Alpi in funzione antispagnola. Era il 10 febbraio del 1619 e Cristina, sposa bambina, compiva in quel giorno tredici anni. Suo marito ne aveva quasi venti di più.

Nell’austera reggia di Torino le giornate della giovane principessa, abituata alla brillante vita di corte parigina, non dovevano essere troppo allegre. Anche perché tanto era vivace e amante della bella vita lei, quanto taciturno e poco socievole appariva Vittorio Amedeo, che alle feste preferiva la caccia e le passeggiate solitarie ed era di costumi sobri. Eppure, ironia della sorte, fu proprio una sontuosa cena offertagli da un diplomatico francese, il duca di Créquy, a costargli la vita. Probabilmente fu vittima di un’intossicazione alimentare: tutte le persone invitate al banchetto si sentirono male, ma il duca ne morì.

Cristina, che aveva messo al mondo quattro femmine e due maschi, divenne reggente in attesa che i figlioli raggiungessero la maggiore età. Bella, intelligente e intraprendente, Madama Reale  – per sottolineare la propria stirpe regale volle per sé questo titolo, che in seguito fu attribuito anche a un’altra duchessa di Savoia, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours  – si ritrova non ancora trentenne finalmente libera di vivere a modo suo: a corte si mormora che si circondi di amanti e si sia scelta un favorito, il conte Filippo di Agliè, bello, colto e ardimentoso e consigliere di fiducia della duchessa. I due si conoscono dai tempi in cui la famiglia ducale, per sfuggire alla peste, era rifugiata a Cherasco, nel Cuneese, e da allora sono molto amici. I soliti ben informati sostengono che addirittura sarebbe Filippo il vero padre dell’erede al trono. Ma Cristina non è tipo da farsi troppo spaventare dal gossip, tanto più che al potere prende gusto e si rivela una politica di razza, destreggiandosi abilmente tra minacce di ogni tipo. I cognati cercano di strapparle la reggenza, mentre il Cardinal Richélieu, alleato pericoloso, mira ad annettere il piccolo stato dei Savoia alla corona francese. Energica, duttile e astuta, la reggente riesce a liberarsi dei suoi nemici interni e a conservare l’indipendenza del ducato sfruttando a proprio vantaggio la rivalità tra la Francia e la Spagna. Anche quando il figlio superstite assume formalmente il potere, nel 1648, Cristina continua a occuparsi della corrispondenza ufficiale, a ricevere gli ambasciatori, e fino alla morte mantiene nelle proprie mani le redini dello Stato.

Foto 1. Ritratto di Madama Cristina

Non aveva ancora sessant’anni quando morì, e da qualche tempo una conversione religiosa aveva cambiato radicalmente la sua vita: era arrivata a seguire quindici messe al giorno, sottoponendosi anche a penitenze crudeli. La bella donna dal sorriso seducente che i pittori del tempo avevano raffigurato in abiti sontuosi, ornata dei gioielli che tanto amava, ci guarda dall’ultimo ritratto con occhi spenti e malinconici, racchiusa in neri panni penitenziali. Venne sepolta vestita con il saio monacale nella chiesa di Santa Cristina, che lei stessa aveva fatto costruire nell’odierna piazza San Carlo per affidarla alle Carmelitane scalze.

Questo non bastò a evitarle critiche feroci da parte degli storiografi, che non le perdonarono l’ambizione e la libertà di costumi e criticarono il suo programma di spese, considerate eccessive. Eppure Torino conserva ancor oggi non pochi segni del buon gusto della prima Madama Reale, che trasformò la sua città in una elegante e moderna capitale europea.

Foto 2. Ritratto e intitolazione di una via centrale a Torino

In copertina. La piazza torinese

 

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Loretta Junck, torinese, già docente di lettere nei licei, dal 2011 fa parte del “Comitato dei lettori” del Premio letterario Italo Calvino e dal 2012 è referente di Toponomastica femminile per il Piemonte. Nel 2004 ha organizzato, a Torino, il III Convegno di Toponomastica femminile e Fnism. Con Maria Pia Ercolini ha curato gli Atti del II e III Convegno di Toponomastica femminile Strade Maestre. Un cammino di parità (Universitalia 2015). Ha collaborato a Le Mille. I primati delle donne, a cura di Ester Rizzo (Navarra 2016). Suoi articoli sono comparsi su diverse testate (L’Indice dei libri del mese, Leggendaria, Noi Donne, Dol’s ecc.).