Pinerolo, meno di quaranta chilometri da Torino, quasi 36000 abitanti. Tra i palazzi dignitosi, sotto i portici pulitissimi, nel fascinoso centro storico, nei viali che conservano il ricordo di un’aristocratica eleganza circola un’aria un po’ d’antan, di chi non ha bisogno di mostrarsi troppo alla moda.
Porta del Piemonte, ha sempre avuto un rapporto stretto ma non facile con la Francia e dell’ingombrante vicina si scoprono facilmente i segni passeggiando nel centro dove, per esempio, è facile imbattersi in iscrizioni nella lingua d’Oltralpe.
Della sua storia millenaria fa parte il rapporto privilegiato con tre valli del suo circondario, la Val Pellice, la Val Germanasca e la Val Chisone, abitate da secoli da una popolazione di religione protestante: i Valdesi. Perseguitati prima e confinati poi a lungo nel loro ghetto alpino, dopo l’editto di Carlo Alberto, che ne sanciva la liberazione, molti scesero a Pinerolo. Ne segnalano la presenza i tanti cognomi tronchi che si leggono nelle insegne dei negozi e sulle targhe dei professionisti.
Nella storia di Pinerolo e del suo circondario sono poche le figure femminili salvate dall’oblio. Indubbiamente il taglio storico del passato, incentrato sul maschile, non ha aiutato le donne a mettersi in evidenza; e per quanto riguarda le donne valdesi, è stato notato che la loro è una esperienza corale, che ha lasciato poco spazio all’emergere di singoli personaggi. Pertanto se qualcuna, nonostante tutto, si è meritata uno spazio nella toponomastica, l’impresa o la vicenda che la vide protagonista doveva avere veramente qualcosa di sensazionale.
Un paio di personaggi storici del Medioevo presenti nell’odonomastica pinerolese sono donne. La prima, in ordine di tempo, è Adelaide di Torino (1016- 1091), marchesa di Torino e Susa, che andò sposa a un Savoia, e fu proprio questo matrimonio che diede origine all’influenza dei Savoia in Piemonte. Sopravvissuta al marito e pure ai figli, esercitò il potere praticamente fino alla morte, rivelando capacità politiche non comuni. Fu temuta dagli avversari e amata dal popolo, incoraggiò le arti e fondò chiostri e monasteri, come quello di Santa Maria Assunta ad Abbadia Alpina, che ora fa parte del comune di Pinerolo: proprio in questa località si trova infatti la targa che le è stata dedicata.
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L’altra figura femminile che ricorda la storia medievale della cittadina è quella di Margherita d’Acaia, che a Pinerolo nacque nel 1390. La via a lei intitolata si trova nella periferia Nord, in una zona di nuova costruzione. Margherita, figlia di Amedeo di Savoia principe d’Acaia, divenuta poi per matrimonio marchesa del Monferrato, rimasta vedova si ritirò con parecchie giovani donne di nobili origini in un palazzo di Alba, per condurvi vita monacale, prima come terziaria domenicana e poi come monaca, fino alla sua morte che avvenne nel 1464. La Chiesa cattolica l’ha elevata al rango di Beata.
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Un personaggio storico entrato per i propri meriti nella leggenda è quello di Ortensia di Piossasco, moglie di Carlo, conte di Rivara, governatore di Pinerolo sul finire del XVI secolo. Le cronache la descrivono come una donna molto attiva che collaborava intensamente con il marito, sostituendosi a lui quando doveva assentarsi, come nella notte del 25 settembre 1592, quando Ortensia sventò un assalto ai bastioni della città da parte delle truppe francesi, dando subito l’allarme e accendendo, secondo la tradizione, lei stessa i cannoni. A seguito di questo avvenimento la sua figura, probabilmente già popolare, assunse tra i suoi concittadini sempre più le connotazioni di eroina guerriera, a scapito forse della sua personalità storica. La romantica via acciottolata che la ricorda parte da piazza Santa Croce, nel centro storico, e sale verso la collina di San Maurizio, dove sorgeva parte dei bastioni della città, difesi da Ortensia con tanta determinazione.
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Giulia Molino Colombini invece, bella figura di donna del Risorgimento, letterata e pedagoga (1812 -1879), si spese per promuovere il ruolo femminile nella società. Torinese di nascita, di buona famiglia borghese, sposò il medico condotto di Miradolo, frazione del Comune di San Secondo di Pinerolo. Vedova in giovane età, rimase a vivere nel piccolo centro ma non si isolò, anzi: attenta ai suoi tempi, prese a interessarsi all’emancipazione femminile e alla politica e a occuparsi di pedagogia. La sua casa di Miradolo diventò un cenacolo letterario frequentato da intellettuali come Gioberti, Pellico, Tommaseo e Mamiani. Le è stata intitolata una via in un quartiere periferico della città, dove un gruppo di palazzine di nuova costruzione si affianca a una zona dove sorgono fabbriche in parte ristrutturate.
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Non un’area di circolazione, ma una scuola di Pinerolo è stata dedicata alla memoria di Lidia Poët, valdese della Val Germanasca (1855- 1949), che fu la prima donna a laurearsi in giurisprudenza, ma non poté mai esercitare la professione di avvocata. Infatti, a causa del suo sesso le fu negata l’iscrizione all’Albo degli avvocati di Torino, anche se aveva superato brillantemente l’esame di abilitazione e svolto il prescritto periodo di praticantato nello studio di un collega a Pinerolo. Soltanto nel 1920, a sessantacinque anni, Lidia Poët poté fare ingresso nell’Ordine grazie a una legge del 1919 che aveva aperto alle donne tutte le carriere professionali, tranne la Magistratura.
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Ancora in un quartiere periferico di nuova costruzione, tra villette e piccoli condomini, si trova la via che la città ha recentemente dedicato a un’illustre concittadina, Noemi Gabrielli (1901- 1979), che durante la guerra aveva avuto un ruolo rilevante nel mettere in salvo il patrimonio artistico dei Musei piemontesi. Profonda conoscitrice del patrimonio artistico piemontese e attenta ai problemi della tutela (fondamentali ancora oggi i suoi volumi sulla pittura romanica in Piemonte e sull’arte a Casale Monferrato) nel 1952 fu nominata Soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Piemonte. Seguì direttamente importanti restauri e fu coinvolta a pieno titolo nei grandi appuntamenti scientifici organizzati negli anni ’50 e ’60.
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È praticamente un parcheggio il Largo Staffette partigiane, all’estrema periferia Est della città, che ricorda collettivamente le tante donne il cui ruolo di portaordini e supporto logistico fu di fondamentale importanza per l’azione dei combattenti.
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Una di loro, la ventottenne Jenny Cardon Peyronel, nata a Torre Pellice nel 1917, moriva durante l’ultimo combattimento con le truppe della Repubblica di Salò, mentre portava ordini a una postazione partigiana. Medaglia di bronzo alla memoria, la sua città le ha dedicato una via.
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Nelle Valli valdesi, oltre a Torre Pellice, anche il comune di Pomaretto ha ritenuto di dover ricordare l’opera delle donne. Sono due, anzi, le targhe femminili di questo piccolo e grazioso centro posto all’imbocco della Val Germanasca. Una è stata deliberata per onorare la bella figura di Charlotte Peyrot (1764- 1841), che riuscì a coinvolgere le comunità protestanti d’Oltralpe per realizzare il suo sogno di costruire un ospedale per i Valdesi: questi, infatti, quando venivano ricoverati negli ospedali cattolici subivano forti pressioni perché abbandonassero la loro fede. Il primo nucleo di quello che sarebbe diventato l’Ospedale Valdese di Torre Pellice sorse nel 1826 per merito di questa donna di eccezionale energia.
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L’altra targa femminile di Pomaretto è Piazza delle Diaconesse. Le diaconesse erano donne valdesi che consacravano la loro vita al servizio degli orfani, degli anziani, dei malati e venivano impiegate negli orfanotrofi, nelle case di riposo, negli ospedali. L’istituzione, che affonda le sue radici in un’usanza dei primi secoli del cristianesimo, fu riportata in auge nel mondo protestante nel sec. XIX, ma oggi si può oggi considerare superata. L’intitolazione di Pomaretto sembra rendere in qualche modo onore alla funzione esercitata in passato da queste donne e, nello stesso tempo, prendere atto della loro scomparsa.
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